Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1610 22 31 luglio 5 6 10 12 15 16 24 26 agosto 16 28 settembre 8 9 10 ottobre 1610
precedente | 51 di 175 | successivo
- Persone
- Caterina di Pedenosso, detta Petrogna, moglie di Nicola Trameri
- Procedimento giudiziario
- Caterina, moglie di Nicola Trameri di Pedenosso contro Giovanni e Caterina Gaglia, per ingiuria (22 luglio - 10 ottobre 1610; 28 settembre 1610 - 17 giugno 1611; 9-25 gennaio 1613; 9 - 29 gennaio 1613)
Caterina moglie di Nicola Trameri di Pedenosso, detta Petrogna, querela Giovanni e Caterina Gaglia che l'avevano ingiuriata nominandola strega dinnanzi a diverse persone; per tale convincimento le si era proibito anche di varcare la soglia della loro casa.
Caterina Gaglia riferì al Magistrato di aver sentito inoltre come, tornando dalla val Fraele in compagnia di terzi, la Petrogna avesse sostenuto che non soltanto Dio è in grado di aiutare gli uomini, riferendosi chiaramente ai poteri del Demonio. Denunciò inoltre che cinque anni prima, essendo in casa a tosare una pecora, sopraggiunse la predetta, la quale si curvò sull'animale che, dopo essere stato guardato, morì. La figlia di Caterina Gaglia venne toccata sul seno dall'imputata e per qualche tempo s'infermò, finché la strega recitò una formula di esorcismo ridando la salute alla ragazza. Per un altro figlio l'epilogo, dopo che fu maleficiato, fu più drammatico, perché mai guarì e, nel delirio, denunciò tre streghe di Pedenosso, fra cui comparve la Petrogna. La megera fu inoltre accusata d'aver maleficiato una covata di polli e di aver lasciato intendere al cacciatore Gottardo di Cancano che se avesse scaricato un archibugio contro un crocifisso, non avrebbe più sbagliato un solo colpo durante le battute di caccia.
Il tribunale assolse, in un primo momento con riserva, Caterina Petrogna e obbligò i coniugi Gaglia a revocare pubblicamente le accuse secondo quanto prescritto dal capitolo 36 degli statuti penali. La revoca non era però conforme a quanto i coniugi Trameri pretendessero e la causa si trascinò per quasi tre anni. Nel 1613 sarà richiesto ai Gaglia anche il pagamento di tutte le spese sopportate secondo il dettato del capitolo 139 degli statuti civili, istanza che però non fu esaudita dal Tribunale.
Anno Domini 1610. Die dominico 22 mensis julii.
Coram spectabili domino Bernardo de Mariolis locumtenente in criminalibus magnifici domini Jacobi Andrici Burmii, excellentissimo pretoris dignissimi, nec non eccellenti arti et medicine doctore domino Julio de Folianis nobileque domino Nicolao de Imeldis ipsius Universitatis (1) offitialibus maioribus, sponte comparuit Catarina, uxor Nicolai del Trameiro, (2) cognominati Petrogn, de Pedenosso ipsius Comunitatis Burmii, et una cum ea dictus Nicolaus eius maritus, et de eius consensu etc., querelando etc. qualmente Catarina, moglie di Gioan ditto el Gaglia de Pedenosso, suprascripto habbi ingiuriato detta Catarina querelante con dirgli che sia stria. L'istesso anco ha ditto detto Gioan Gaglia, suo marito, con divulgare simil cosa con diverse persone, cioè che la detta Catarina querelante sia una stria. Petentes dictis jugales cum instantia jus et justitiam administrari ad obturandum os malignum et ad ipsorum jugalium eorumque fame et eius familie defensionem etc.
Interogati dicti jugales quomodo id probare possunt, videlicet, quod dicti Joannes et Catarina jugales talia verba protulerint.
Responderunt: Interogarete li infrascritti testimonii, et massime Crestofen de Bertol della Val, qual è venuto a casa nostra di notte in compagnia di detta Catarina querelata, cioè la detta Gaglia, et che cosa habbi ditto. Item Tonio de Domenig del Plizer, (3) Balsar de Gioan de Balsar dit Sciuatto, (4) la moglie de Vidal Mottino, Gioanin Barnino, Gioanina de Giacomo de Gioan de Mariol, Maria sorella della soprascritta, Giacomina moglie del soprascritto Gioan, Mighina fantesca del Gaglia, Gervas gener del Gaglia, Vasin di Gioan del Trameir, Giacomina detta la Pedra, Bevegnuda del quondam Gioan Battista Motino, Gioan Giacomo de Dorico.
Super quibus dicta Catarina fideiussit in forma de dicta querela manutenenda juditioque sisti et judicato solvendo si erraverit, paceque manutenenda et tregua in omnibus juxta formam Statutorum Burmii.
Fideiussor pro ea extitit dictus Nicolaus eius maritus obligando omnia bona sua in forma. Pariterque et dictus Nicolaus fidejussit per modum ut supra in omnibus.
Fideiussor pro dicto Nicolao se constituit Bernardus quondam Jacobi del Zop de Premadio obligando omnia bona sua in forma.
Anno predicto. Die martis ultimo mensis julii.
Coram predicto domino locumtenente ac dominis offitialibus, citatus per Vincentium Crippum dictus Joannes Gaglia causa premissa pro debita fideiussione habenda et prestanda eiusque constituto asumendo, comparuit et fideiussit in forma de stando et de parendo juri, juditio sisti et judicato solvendo in omnibus iuxta formam Statutorum, nec non et de pace et tregua manutenenda contra predictos Nicolaum et Catarinam jugales, prout Statuta disponunt. Fideiussor pro eo se constituit ser Daniel de Girardonibus de Olesio, habitator Burmii, obligando omnia bona sua in forma.
Deinde super contentis in precedenti querela contra eum et eius uxorem lata, interogatus.
R. Mi vi dico che tal parola della quale detta Petrogna si lamenta non è vera ch'io l'habbi ditta. Che la sia o che non la sia, mi la lascio per quella che l'è. Vero è che che (a) a nisun patto non voglio che la vegni in casa mia.
Eique dicto: Per che causa non volete che venga in casa vostra essendo vicini?
R. Perché, lavorandomi Catarna del Paroler (5) più volte mi ha ditto che, venendo lei una volta fuori di Frel in compagnia d'un'altra persona, qual non mi racordo, et con loro era la moglie del Petrogn, venendo fra di loro a raggionare fra di loro d'una cosa et dell'altra, questa Catarna del Paroler disse: Beato chi sta ben con messer Domnedio, perché non l'abandona nisun, l'agiutta tutti! Rispose detta Petrogna: L'è lu ben (6) se Dio agiutta lui, se non el ghe n'è anco d'altri ch'agiuttano! Et per questo mi non la voglio in casa, se l'ha fidutia in altri che in Dio. Che questa Petrogna habbi ditto tal parole o non ditte, le laserò a suo logo. Questo è ben vero, che detta Catarna del Paroler mi ha riferto queste parole. (b)
1610. Die dominico 5 mensis augusti. (c)
Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus, citata per Vincentium Crippum predicta Catarina uxor Joannis Gaglie causa contenta in precedenti querela [comparuit], et sic instantibus predicto domino pretore et dominis offitialibus ex debito eorum offitii, fideiussit in forma [Statutorum] de pace et tregua manutenenda, juditio sisti et judicato solvendo si erraverit contra predictum Nicolaum et Catarinam jugales, in omnibus etc. iuxta formam Statutorum et novarum additionum. Fideiussor pro ea per modum ut supra extitit dictus Joannes eius maritus, obligando omnia bona sua in forma.
Subsequenterque super contentis in querela ut ante interogata.
R. Che mi gl'habbi ditto questa parola: stria, né che la sia cativa questo no, ma un puoco d'ombra ho havuto per questo che vi dirò, che già cinque anni essendo in casa nostra che tondevamo, (7) Margarita mia figliola haveva una agnella in brazzo sana. Venne detta Petrogna a dimandare una caldera in prestito et s'incurvò un puoco sopra detta agnella qual era sana et non haveva ciò[è] niente, et avanti che detta Petrogna si partisse questa agnella morse.
Un'altra volta, venendo su per Pedenos, detta Petrogna incontrò detta mia figliola et cominciò a tastarli el seno et nelli brazzi, domandando se l'haveva da sciolver (8) con lei. Mia figliola passo via senz'altro pensament, et da lì a duoi o tre dì butò fuori una groita (9) et croste, che non era da veder, et detta mia figliola, con la Petrogna ragionando, disse: Non guarirò mai! Rispose detta Petrogna: Te guariras, se Dio vol et la Madonna! Et in pochi dì guarì.
Hora che mio figliuolo è statto amalato, detta Petrogna è venuta a visitarlo et gli discoperse el petto, et da lì a duoi o tre giorni peggiorò, et mi pareva che l'haves altro, cio[è] che non stes ben, oltra le virole. (10) Et mi andai a trovare la detta Petrogna et gli domandai se l'haveva un puoco della terra della Madonna, (11) che il mio figliuolo haveva non so che, cio[è] che non stava ben, et che cosa l'haveva hauto da venir a visitarlo, che né anco noi non andavamo da lei, et che Gioan mio marito gridava che la veniva in casa. Lei rispose: Mi no! L'è statto un'altra, overo l'era lì un'altra. Altro non ho ditto. Et detta Petrogna era mal contenta d'haver dit quella parola, et sogionse: Mi non so niente!
Presente dicto Joanne Gaglia marito et agiongendo: Essendo il detto mio figliuolo vicino a morte, mi chiamò et disse che l voleva che gli perdonasse. Mi andai lì et dissi: Che voi? Detto mio figliuolo disse: Maria de Poz è una stria, la Barnina et la Petrogna. Io dissi: Tu mentirai. Rispose: No. L'è certo una stria di quelle giuste!, parlando della Petrogna. Che la sia o che non la sia, lascio la verità a suo luoco. Et disse anco che detta Petrogna haveva fatto morir un coi, o sia un rozetto de pogli. (12)
I. Sapete de chi fossero detti pogli?
R. Erano de Giacomina de Vas de Gioan de Donà.
Ei dicto: Sapete di certo che sia così?
R. Non lo so di certo, ma interogate detta Giacomina, che lei dirà se l'è vera.
Addens: Ho sentito a dire che Gotard de Lorenz de Campcan, andando a caccia, non pigliava niente et, venendo a casa, la detta Petrogna li disse: Te voglio insegnar un secreto, che tutto quel che te vederas, tu el piglierai.
Costui dimandò il secretto, et detta Petrogna disse: Descarga un archibus in un crucifisso, che tu vederas che tutto quel che te vederas tel pigliaras.
Interogati anco Franzolin de Casa de voce et fama di detta Petrogna et sua moglie et Margarita ditta la Colombana, che cosa gl'habbi ditto Mighina delle Dorne. (13)
1610. Die lune 6 mensis augusti. (d)
Coram magnifico domino Bernardo de Mariolis locumtenente etc. necnon dominis officialibus etc., citatus per Vincentium Crippum servitorem etc. [comparuit] Balthesar quondam Joannis Sciuatti etc. testis etc., cui juramento delato de veritate dicenda, et interogatus etc.
R. Di questo [che] me interogate non so niente, né ho sentito cosa alcuna. Vero è che una volta, essendo amalato detto Nicolò Petrogn, andò per quanto mi ho inteso da altri a Camoasch, da quel stroligo, (14) o non so quel che sia, et gli dimandò se era possibile a guarire, et che detto medico, o strolig sia, gli disse a quel Nicolò che l'haveva il medico in casa. (15)
I. Da chi havete inteso questo?
R. Non me ne racordo, ma si diceva che detto Nicolò haveva detto questo con diversi. Factisque aliis interogationibus, respondet: Non so altro, né ho inteso altro.
Super generalibus, recte [respondit], dicens: Io non so d'esser parente. Et juravit.
Subdens: Mi racordo haver inteso da Gervaso de Giulian genero del Gaglia che la Petrogna era andata a casa di detto Gaglia, et desplacò giù (16) el figliuol di detto Gaglia, qual è morto, et gli misse una mano giù per el stomego, (17) et che detto figliuolo cominciò a infiarsi et peggiorare, et cosi è morto, et che la suocera sudetta haveva detto a Gioan suo marito che l'era statta a guardar, ala che gli dessi una mascelada. (18) Che cosa halla lei da venir qui a fare? (19)
Et relecta [depositione], petiit terminum jurandi hinc ad diem veneris proxime futurum.
1610. Die predicta.
Joanina filia Jacobi Joannis Marioli testis etc., cum juramento examinata etc.
R. Di questo che mi interogate non so altro che questo che vi dirò. Trovandomi su nella scala de Gioan de Resenel, dopo che era andatto in paradiso (20) il suo figliuol Andrea, la moglie de detto Gaglia mi pigliò con una mano su in un braccio et mi disse: El me figliuol ha detto che la Petrogna è una stria. Sarà mó la verità? Risposi: Io non so niente. Quanto a me non ho sentito parlar di ste cose.
Un'altra volta la detta Petrogna mi trovò in casa de Vas della Zenona et mi disse: Tu non sai, Gioanina, che el figliuol di Gioan de Resenel, quel ch'è morto, ha ditto che son stria? Saral mó la verità? Io le risposi: El saverat vò! Lei mi rispose, ridendo: Se fussi scusa (21) d'altro come son di quest, beada mi!
Ad generalia, recte etc. et juravit etc.
1610. Die veneris 10 mensis augusti.
Coram ut ante citatus per Antonium Menestralem servitorem etc., antedictus Gotardus Laurentii de Campcano (22) et super premissis ut ante interogatus cum juramento.
R. Trovandomi una volta in Frel nel mio prato che procurava le lègor, (23) ivi si truovò il Petrogn et sua moglie, qual vedendomi non far presa, disse detta Petrogna: Ho inteso a dire che chi trà (24) una archibusata in un crucifisso, è aventurato di caccia. Mi li risposi: Se io fussi sicuro di pigliar tutte le selvadisine, (25) non farei questo!
Addens: Et se quanto a mi, la tengo per donna da bene et si ghe son obligato, che se ghe andassi dal fil de meza notte, (26) la me daria del cuore et del proprio sangue.
Ad generalia recte etc. et juravit. (e)
[…] Eo die.
Magister Joannes Jacobus Dorici Rainaldi testis etc. cum juramento etc. Interogatus.
R. Ch'io habbi sentito la moglie del Gaglia, né il Gaglia dire né ingiuriare la Petrogna, questo no. Mai mi son inbatuto ch'habbino contrastato.
Interogatus de qualitate etc.
R. Mi non ho visto altro, né so altro, salvo che una volta, essendo andato a messa a Santo Martino, stava su nella porta della chiesa. Venne la figliuola della Balsara per nome Cristina qual, finita la messa, cominciò in genocchi andar dentro per la chiesa così pian piano. Et vedendo Maria da Poz nel canton de dentro della porta, gl'andò alla volta et la prese su nelle trezze et la tirò in terra. Il che viddi, et viddi che detta Maria guardava fora de sotto così frizza (27) con una bruttissima chiera, che la me fece rizzar li capelli. (28) Et detta Petrogna all'hora saltò fuori del uscetto della chiesa in gran frezza et coreva molto ben et, a quello che viddi, hebbe un puoco de paura. Mi ritirai alla volta della volta della porta del segrato, et detta Petrogna corse con tanta furia giù per el segrà che quasi diede della testa nel muro del carneron. (29) Mi era lì piegato nella cappa et essa, vedendomi lì, si tratenne et fece un revoltello (30) o sia roda su int i piedi (31) et, a quel che possi vedere, fu quasi in piedi detta Petrogna per saltare a un modo de dire giù del muro del segrato. Mi retirai de fuori della porta, et lei saltò fuori della porta de segrà et giù per el piaz corendo con gran furia, senza guardar in dietro, che el pareva che lha portasse non so che. Super generalibus recte. (32)
Eo die.
Franzolinus quondam Joannes de Casa (33) testis etc. cum juramento interogatus an audierit Joannem Gagliam vel uxorem dixisse uxori dicti Petrogni che la sia una stria.
R. Mi non so niente, né ho inteso niente.
Interogatus etc.
R. Non so altro, non ho inteso altro, salvo che da mia moglie ho inteso che la figliuola del Gaglia gli ha ditto non so che d'una pegora che la Petrogna gl'haveva guardato se la tondeva bella lana, et che la pegora morse lì all'improviso. Ma interogate altri.
Super generalibus, recte [respondit].
Eo die.
Vitalis quondam Joannis Mazuchi cognominatus Pernis testis, cui juramento delato, et interogatus.
R. Non so niente, né ho inteso niente de ingiurie. Vero è che, da me racordo, (34) ho sempre sentito che la ditta Petrogna è statta pizada (35) che la deve esser stria. Che la sia o che non la sia, mi non lo so. Vero è che anco mi son statto amalato come sapete, et quanto a me quando la vedo mi si volta il stomaco, et questo sarà per la mia infirmità hauta. La Colombana mi ha ditto che Mighina delle Dorne haveva lavorato al Petrogn sin mezdì et che, quando si parti lì intorno mezdì, che la Petrogna gli diede un puoco di latte da bever et, bevuto il latte, si parti et cominciò sentirsi male et hebbe da far sin notte andar a casa, et venne in Fréita (36) et morse, et che gl'havevano hauto un puoco di suspicione che detta Petrogna gl'havesse fatto algor. (37)
Super generalibus, [respondit]: La mia moglie è meza sorella del Gaglia.
Eo die.
Catarina uxor relicta quondam Joannis Pernis testis etc. Interogata cum juramento.
R. Mi non ho sentito né inteso niente.
Interogata etc.
[R.] Quanto a me non ho visto nesun soz (38) atto, ma ho sentito mormorare che lei deve esser stria.
Super generalibus, recte etc. Et juravit.
Eo die.
Margarita dicta la Colombana super querela etc. interogata.
R. Mai ho sentito a dir tal cosa.
Eique factis aliis interogationibus etc., ratificavit depositionem Vitalis Pernis.
Super generalibus, recte [respondit]. Et juravit.
Eo die.
Bevenuta uxor quondam Joannis Baptiste Motini. Interogata.
Respondet nil scire de contentis in querela. Interogata etc.
R. La moglie del Gaglia mi ha detto che la Petrogna era andatta a visitar il suo figliuolo et che l'haveva tocato su nel stomaco, et che d'alhora in qua era pezziorato. L'è vero che el fu mormolà (39) da doi anni in qua. Che la sia o che nol sia, mi la lascio per quella che l'è. Quanto a me la tegno per dona da ben.
Ratificans audisse predicta respectu ovis mortuo etc.
Super generalibus [respondit]: Gioan Vasinol è un puoco parente del detto mio marito.
Eo die.
Polonia uxor Vitalis Motini [citata], que interogata super contentis in querela, respondit id non audisse. In reliquis: La moglie del Gaglia mi disse che, dopo che la Petrogna haveva toccato il suo figliuolo giù per el stomaco, che non haveva potuto più haver il fiato, et che nol moriva dalle varole, ma de quel che l'haveva tocato su nel stomaco, et che l'era morto su in quello. (40)
Super generalibus recte [respondit], salvo che: Vidal mio marito et il Gaglia sono cugini. Et juravit.
Eo die.
Mighina quondam Joannini Ponchini, interogata super querela etc.
Respondit nil scire et super aliis etc. ratificavit depositionem Gaglie, videlicet Catarine uxoris Nicolai (f) ex relatione etc. Juravit etc.
Super generalibus etc. [respondit]: Siamo un puoco parenti con la Petrogna.
Eo die.
Vasinus della Zenona testis cum juramento etc., deposuit etc. super querela predicta nil audisse nec scire, salvo che sua cugnata moglie del Petrogn si è lamentata seco che la Gaglia era andata gió a casa sua, et che l'haveva inputata che, dopo che lei era andata a veder suo figliuolo, che l'era peggiorato. Et lei rispose: Se te dises davera, aspettom che voi che esa se parlia d'un altra guisa. (41)
Factisque aliis interogationibus.
R. Non so altro.
Super generalibus, [respondit]: La Petrogna è meza sorella de mia moglie.
1610. Die veneris 10 mensis augusti.
Coram domino locumtenente ac dominis officialibus Foliano et Bernardo Casulario locumtenente etc. domini officialis Immeldi, citatus per Antonium Menestralem servitorem etc., Jacobinus dictus Pernis testis etc. cui juramento delato etc. de veritate dicenda et interogatus super querelam etc. an audierit contenta in querela.
R. Signori, no.
Interogatus quid audierit etc.
R. Mi ho ben sentito a brontolar dalla gente non so che del figliuol del Gaglia, qual è morto, che havevan un puoco di sospetto adosso a quella Petrogna la giovane. (g)
I. L'havete sentito dal Gaglia?
R. Signori, no.
Factis aliis interogationibus etc.
R. Mi ho sentito così a mormorar o brontolar così fuori delle porte, che la deve esser stria. Che la sia o che non la sia, mi non so negot. (42)
Super generalibus, recte [respondit]. Et juravit etc.
1610. Die predicta.
Coram ut ante citata Cristina quondam Johanini Ponchini, cui juramento delato etc. de veritate dicenda etc., et interogata etc.
R. Non so altro, salvo che da Crestofen de Bertol della Valle mi è statto detto che, havendo il Gaglia un figliuol amalato qual è puoi morto, andò la moglie del detto Gaglia a casa del mio patron et chiamò la mia patrona che dovesse andar su a tornar la sanità a suo figliuol. Altro non ho sentito né visto, perché mi son statta in Frel.
1610. Die dominico 12 augusti.
Coram etc. citata per Vincentium Crippum, Catarina filia quondam Joannis Paini et uxor Isepi Tonini de Premadio etc., cui juramento delato de veritate dicenda et interogata super capitulo contento in querela, videlicet: Se la verita è che, venendo fuori de Frele con la moglie del Petrogn, detta Petrogna, venendo a raggionare de diverse cose con la sudetta Catarina et altri, fu uno de loro che disse: Beato chi sta ben con Dio, che mai non abandona chi ricorre da lui. L'[a]giutta tutti! Et se a queste parole rispose la Petrogna: Se Dio agiutta l'é ben. Se non, el gh'è anche altri ch'agiuttano.
Interogata.
R. La verità la dirò. Havendo lavorato all detto Petrogn, la sua moglie mi diede per parte de pagamento a suo ditto libre 6 de sal et libre 2 buter. Quando fui a casa, pesai la sal et la trovai solum libre 4 et il buter libra 1 ½. Imbatendomi poi un'altra volta a venir fuori de Frel, inbutai detta Petrogna che non mi haveva datto la mia pesa giusta, et dissi cosi ridendo: Tu l'hai ben fatta d'una stria, a saper ch'ho tant besogn, et non darme la mia pesa! Altro non seguì. Venni poi mi a raggionar con la sudetta Catarina del travaglio ch'haveva per il pledezar (43) con il Zucano, che all'hora me voleva tor ogni cosa. Dissi: O, prego Dio che el me vada ben a man, che non me toglien tut el fat me! Mi rispose la detta Catarina: L'è lu ben a clamar (44) Dio se l vol aiutar. Se non el ghe n'è anch d'altri ch'agiutan chi clama.
Et relectum [constitutum], iuravit.
Ad generalia, recte etc.
Eo die.
Tonius filius Dominici del Plizario, testis ut ante citatus etc. comparuit, cui [delato] juramento etc., interogatus, respondit super capitulo contento in querela: Non ho sentito che detti Gaglia l'habbino ingiuriata. Ho ben inteso da Barnin che la moglie del Gaglia deve esser andatta a casa della Petrogna una notte, mentre suo figliuol era amalato, et la inbutò dicendo che la dovesse andar su a tornar la sanità a suo figliuolo. El vera o non, (45) mi non lo so. Vero è anco che, ragionando con ser Giulian d'Isolatia di quest fatto, disse: Et poraf (46) anch esser, perché l'è stat dit che i l'hanno vista a balar con altre su sopra el me tabià. (47) Questo è quel tanto che so mi, per relation d'altri.
Et juravit etc.
Ad generalia, recte etc.
1610. Die jovis 15 mensis augusti.
Cristoforus quondam Bartolomei della Valle testis datus ut ante et citatus per Antonium Menestralem (48) servitorem etc. comparuit, et de ordine etc. examinatus etc. cum juramento.
R. Trovandomi a segar (49) lì apresso alla casa del Gaglia, andai a visitar detto suo figliuol Andrea, qual è poi morto, qual nella sua infirmità diceva così vacilando de bovi et che era sotto a un brozzo (50) che l bisognava morire, et mi dimandava che l'agiutasse a descargare non so che latte, (51) et faceva mille stranezze, dicendo et nominando a casa per casa: Questi sono da ben, questa è cativa!, nominando fra gl'altri Maria de Poz et la Petrogna et la Barnina. Quando fu su la sera, la moglie del Gaglia, vedendo che questo figliuol faceva tante stranezze, disse con suo marito: L'é lu (52) venuto su la Petrogna, ma non l'ho vista volentera. Et Gioan disse: Tu mel doverai dire, che l'havarei tirata fuora de casa, perché la non me haveva nisun obligo di venir a visitare nostro figliuol. Dicendo la moglie che detta Petrogna gl'haveva tocato il stomaco et pareva che fosse peggiorato, disse Gioan: Va gió e trovala, et digli che la vegna su, che credi che la sia una de quelle fine. Cosi andai giù con lei pregato, et mi ascosi su in un puoco di biada, ma nel partirsi di casa sentissimo una voce che disse: Tornate indietro! Noi, andando alla volta dela ditta Petrogna, sentissimo un'altra voce più robesta (53) che disse: Tornate indietro! Et la Gaglia ritornò et disse: Sete voi, Gioan, che chiamate? Ma non era né lui né altri che rispondessero. Così andassemo alla casa di detto Nicolò et seguirno le parole etc.
Et deposuit in omnibus prout Caterina in eius constituto, addens che se ricordò dela sua figliuola tocata etc. et del agnel morto, et che la Petrogna non andò in colera, se non che disse: Se non havesse altro pecato, Dio me faccia esperienza etc. ut ante.
Ad generalia: La Gaglia è mia cugina et, stante sanguinitate etc., non juravit.
1610. Die dominico 26 mensis augusti.
Francischus Sughettellus, (54) testis etc. cum iuramento etc. deposuit: Di questo non so altro, salvo che già un anno, trovandomi in casa di Cristoforo Romeri, detto Cristoforo disse con sua moglie, avertisse: Non mi lasciar venire dentro del uscio la Petrogna, perché l'è una stria! Et se la ven dentro, sfondrala (55) con una trienza! (56)
Ad generalia recte etc. et juravit.
Eo die.
Coram ut ante citatus per Vincentium Crippum servitorem etc., Martinus Donati de Ragliono (57) testis [comparuit] etc., cui juramento etc. de veritate dicenda.
Et interogatus.
R. Mi non so altro, salvo che ho inteso dal nostro reverendo curato o da Antonio Cotol che la Petrogna doveva esser andata su al Gaglia a veder suo figliuolo, qual era amalato, et si butò dentro sopra el letto, et che il figliuol cominciò a peggiorare. Altro non so.
I. Havete sentito che il Gaglia o sua moglie habbi detto alla Petrogna che sia stria?
R. Signori, no.
Addens: Sentitte ben Vidal del Pernis, qual sentendo leger la lista delli testimoni che haveva il servitore, non ha citato quelli buoni, et aggiunse che sua madre haveva visto già un anno fa certe strie a balar, a venir su dalla Valleggia, (58) et che tra le altre era la Petrogna, una de quelle. Et questo anco fu contato nella mia stua l'anno passato, et in compagnia vi era detto Vidal, quelli de mastro Adam, cioè Joan Pietro et Tomaso etc.
Ad generalia, recte [respondit]. Et juravit.
Eo die.
Coram ut ante citata per Vincentium Crippum servitorem [comparuit] Jacobina uxor relicta quondam Petri de Rino, cui juramento delato de veritate dicenda et super querela et dependente interogata se ha sentito, etc.
R. Madenò et madenò mille volte, stranò. (59)
I. Se ha sentito altri motivar di tal cose.
R. Madenò.
I. Che cosa se dice fra li vicini della già nominata Petrogna et sue qualità?
R. Mi non so altro, se non che l'è un puoco superba. Ma l'è devota, né so altro.
I. Che opinione havete di costei?
R. Mi la lascio come l'è.
I. Super querela.
R. Quel dì che morse il figliuol del Gaglia per nome Andrea, andai lì in casa a condolermi, et la moglie del Gaglia disse: O, beata voi che sete daben, che el me Andrea ha ditto che in Pedenos ghe n'è tre di cativi, cioè strie.
Et repetitis quam pluribus aliis interogationibus.
R. Non so altro. Non ho a dir altro.
Renuens jurare, petens terminum jurandi, qui concessus fuit.
Item rediit dicta Jacobina pro debito juramento suscipiendo et addidit: Mi racordo haver sentito Vas dela Zenona cugnato de detta Petrogna che, contrastando seco, disse: Taci, striana!, et che detto Vas ha minaciato. Vero è che l'è statta un puoco desutela. (60) La lascio come l'è.
Ad generalia: La suocera di detta Petrogna è mia germana. Et juravit etc.
1610. Die jovis 16 mensis augusti.
Coram domino Bernardo de Casulariis etc., [comparuit] Tomas filius magistri Adami Paini testis etc. nominatus a Martino Donati de Ragliono, et examinatus super contentis in testificatione data per dictum Martinum.
R. Non so cosa nisuna di questo né in detti né in fatti. Vero è [che] mio barba Giovan Giacomo de Dorico mi ha detto che il Gaglia gli ha detto che, una mattina nel far del dì, andando lui a segare, viste Maria de Poz et la Petrogna scavegliate et che le conobbe et ne hebbe paura. Altro non so.
Ad generalia, recte [respondit]. Et juravit etc.
1610. Die veneris 24 augusti. (h)
Coram etc. Joannina quondam Vasin olim Joannis Marioli [citata] per Antonium Menestralem testem etc.
Et interogata etc. iuxta relationem.
R. Mi non so cosa alcuna, né mai ho visto un brutto atto alla ditta Catarina, che son statta 2 mesi fantesca con lei, et l'ho conosciuta per donna da ben, salvo che la Petrogna ha detto con mi, plurando (61) questo suo travaglio. Quanto a mi, non ho nisun penser, (62) perché sono esentata apresso a Dio. Dica il mondo quel che vuole, ma mio marito non vuol spender, né voglio che l spenda come fa el Gaglia che paga li testimonii, che con poca cosa diran cose assai. Ma se havessi d'andar mi alla corda, voglio che l ghe vadi li testimoni prima, et quelli che hanno portato una tal cosa!
Ad generalia: La Gaglia è [parente] in 4° grado. Et juravit etc.
Anno Domini 1610. Die vero dominico 16 mensis septembris.
In stufa parva Pretorii, coram ut ante etc., citata per Vincentium Crippum servitorem [comparuit] Franceschina quondam Petri Zannis de Isolatia, et super contentis in querela ut ante interogata cum juramento eidem delato etc. de veritate dicenda, ut ex relatione in scriptis manu domini Ludovici de Casulariis college. (63)
R. Che mentre era putta, che sarà circa anni 15 prossimi passati, ritrovandosi per partorir detta Petrogna, adimandò la madre di detta Franceschina che l'agiutasse, come sogliono far le donne. Et ivi presente agravata del male per partorire la suprascritta Petrogna, la madre della detta Franceschina la pregò molte volte, et essortava che la pregasse Iddio et la Vergine Maria in suo agiutto, et per molta instanza che facesse, mai detta Petrogna volsi proferir questa parola, ma solo una volta disse: Nostra Donna m'agiutti! Dove che disse detta mia madre che si meravigliava ch'era statta in molte altre case, et non haveva mai trovata casa con sì poco giuditio come quella et con sì puoco timor d'Iddio.
I. Sapete altro?
R. Signori, sì. Dico che saranno circa quattr'anni che fui dimandata a lavorare in casa di detta Petrogna la settimana santa et, per esser di tal tempo, dissi che voleva andar a messa. Et lei disse: Lascia stare, che andarai poi anco. Et io gli dissi che era assai, se fra l'anno gl'andavo di raro. Sì che, partita che fui da casa per andar a messa, fui serada. Mi venne un male che mi sentivo doler per tutta la vita, et questo male lo portai sin al agosto prossimo seguente, dolendomi in particolare il genocchio dritto. All'agosto poi, dimandata dil detto Petrogn et Petrogna se li voleva andar a lavorar, et io le dissi che non posseva, et seben havesse possuto, non gli volevo andare, perché dopo che gl'haveva lavorato, sempre mi haveva sentita (64) male. Et detta Caterina Petrogna mi rispose che gli dovesse andar a lavorare, che saria guarita.
Et un giorno a Pedenosso, dopo la messa, mi domandò di nuovo che gli dovesse andar a lavorare, dove gli feci la medesima risposta come di sopra. Et essa pur mi rispose che dovesse andare, che saria guarita.
Et per mezzo casa sua, per il sentiero che va dentro alle Plizere (65) alla detta casa sua, mi tirò per li panni et mi fece andar a casa sua per forza. Et gionta in casa sua, mi disse che dovesse andar sopra il feno a riposare, che saria guarita. Et così andai. Et più oltra disse: Riposa, che guarirai. Intanto che andaremo a gustare. (66) Dopo gustare la detta Petrogna da lì a un puochetto venne, pensando che dormissi, et mi toccò quel genocchio che mi doleva et disse: Dormi? Et io gli risposi: No, non posso dormire. Et lei mi disse: Sei guarita un puoco? Et io risposi: Sì, che l pare che mi senti un puoco più bene. Et così sono andatta megliorando, se ben a fatto non mi sento risolta.
I. Sapete niente altro della detta Catarina?
R. Signori, sì. Dico che ho inteso dire che detta Petrogna ha maleficiato il figliuol di Gioan Gaglia, ma non mi racordo da chi.
Agionge ancora che, ritrovandose detta Franceschina a lavorare in casa del detto Petrogn, et retrovandosi amalato, la madre di detto Petrogn gli disse, havendolo potolato (67) un pezzo, al detto suo figliuolo Petrogn: Se tu abrusasti la stria che hai in casa, guariresti!
I. Sapete nient'altro?
R. Signori, sì. Dico che l'ho inteso dire da mio padre che, una volta che venne a Bormio, fu dimandato da un delli signori offitiali se la moglie del Petrogn era gravida. Et disse che se detta Petrogna non era gravida, (68) che la volevan menar fuori per stria.
Et sempre dopo che la conosco, sempre l'ho sentita nominar per stria. Agiongo ancora ch'ho inteso dire che Gioan Gaglia suprascripto haveva trovato detta Petrogna et sei dell'altre donne a balar.
I. In qual luogo?
R. In qual luoco fusse non lo so.
Interrogata super generalibus, respondit: Sono cusina del detto Petrogn.
Et juravit.
Eo die.
Coram ut ante citatus comparuit et juravit ser Cristoforus Schena de Premadio, dixitque: Di quello che le Signorie Vostre mi interogano, respondo che ho [inteso] dire, ma non so da chi, che il Petrogn era andato a medico in Agnedina et che il detto medico gl'haveva detto che la sua donna gl'haveva fatto malefitio.
Interogatus super generalibus, recte respondit.
Anno 1610. Die veneris 28 septembris.
Per magnificum concilium more solito congregatum, fuit ordinatum quod Catarina cognominata la Petrogna conducatur in carceribus Communis, ibidemque detineatur donec aliter per magnificum concilium ordinabitur seu judicatum fuerit, et hoc stantibus precedentibus inditiis etc. de quibus latius in processu. Idque fuit executioni demandatum etc. et detenta fuit in aestuario magno Pretorii etc. Secuta est sententiam prout in registro conciliorum aparet etc. In executione cuius sententie dicta Catarina fideiussit prout in ea de se continetur. (i) Fideiussor Nicolaus maritus etc.
Deinde condemnatus fuit Ioannes Gaglia et Catarina eius uxor, fuerunt condemnati in libris 10 pro singulo, eos condemnantes ad redictionem verborum etc.
1610. Die lune 8 mensis octobris. (l)
Coram magnifico concilio congregato in aestuario parvo Pretorii, personaliter adducta dicta Catarina et in ordine etc. examinata, se sa la causa della sua dettentione.
R. Non so altro, né ho hauto paura a venirgli, perché me hanno fatto venir qui a torto et a pecà. Fuitque hortata ad veritatem dicenda quotiesque errasset etc.
R. Mi non so dirvi altro, che tal pecato non è in me, et me fanno torto.
I. De qual pecato pensate voi?
R. Che mi dicono che sia stria, che per grazia di Dio et della Madonna non son tale, né di parentella tale, a mio sapere.
I. De agno mortuo etc. ut ante.
R. Posso haver praticato in casa sua certo, ma mai con cativa intentione, né per mal alcuno. Né di questo mi racordo in conto alcuno.
I. De verbis dictis cum Catarina del Parolario.
Negat absolute, dicens: Tal parole mai ho dette, né mai ho havuto cretta in altri che in Dio et nella Beata Vergine Maria.
I. De tormento exonerando (69) contra crucifixum ad hoc ut volucres etc. capiunt?
Negat absolute dicens: Né l'ho ditto, né l'ho sentito a dire, né ne so cosa nisuna.
Pluries invocando nomen Domini et Alme Virginis.
I. De offensione facta per Cristinam della Balsara, Marie de Poz, et an fuerit presens.
R. Signori, no, che non fui presente, perché mi era fuori nel segrà et sentitte ben a baitar (70) là dentro.
Ei dicto: Vi erano pur tante persone che vi viddero corere in tanta furia.
R. Questo no, né hebbi paura, né manco corsi, anci che stetti li nella porta sin che quasi fu tutta la gente partita, et detta Cristina passò giù avanti de mi.
I. De infirmitate Francischine Petri Zannis.
R. Non saper di tal cosa in nisuna guisa.
Dicens: O Dio, o Vergine Santissima, che cose son queste?
I. Super imputatione quod discoperuerit filium Gaglie defunctum.
R. Mi andai ad acompagnare il Santissimo Sacramento, (71) et visitai detto figliuolo come si visitano anco gli altri amalati, né lo discopersi, né feci altro, salvo che dissi come il solito: Idio ti dia sanità et la Madona, se l'è el suo voler.
I. De lacte dato Mighine delle Dorne.
R. L'è vero che la veniva qualche volta in casa nostra, et l'ultima volta che vi venne marendò con mi et con li miei figliuoli, tutti de compagnia, né gli diedi cosa alcuna che gli potesse far male, né mai ho hauto tal pensiero, né so cosa nisuna.
Eique factis quam pluribus interogationibus etc. et in minis etc.
R. Sono in mano de Dio et della Madona et delle Signorie Vostre. Fate della mia vita ciò che volete, che non dirò mai, né potrò dire una cosa che non ho fatto, né so cosa alcuna.
Eique factis aliis interogationibus, insistit in precedentibus per eam dictis. Et ita fuit ab examine relaxata. Iterum vocata etc. et examinata super notificatu seu attestatione, quod tempore partus renuit invocare Beatissime Virginis auxilium.
R. O Signor Iddio, che tanto la chiamai et la chiamo di continuo. Sono anco andatta al Beato Luigi (72) et voglio tornargli, et spero che il Signor Iddio et la Madonna me giuten anco al presente.
I. Sete forsi gravida?
R. Per quel ch'io sappi, non so di esser gravida per adesso.
1610. Die martis 9 octobris.
Denuo coram magnifico concilio Burmii congregato et de eius ordine fuit examinata [suprascripta Catarina], quibus etc.
R. Che cosa volete che dica, che la verità l'ho ditta, né so dir altro, né so altro?
Ei dicto: Avertite che la conclusione è fatta, che habiate da dir la verità con altro modo di quello che sin hora si è usato.
R. Fate ciò che vi pare, che mai potrò dir altro, né so altro. Et può essere che tal volta ignorantamente fusse scorza (73) con qualche parola che non ne racordo, ma con malitia non mai, et se ho datto da mangiar o da bever a qualcun, gli l'ho datto con buona intentione et con disegno che gli facesse tanto pro (74) quanto a me et alli mei figliuoli.
Ei dicto: Avertite che la conclusione è fatta di darve buona corda et farvi dire la verità, resolutissimamente.
R. Fate ciò che vi pare, che non potrò mai dir altro, se fusse anco a tor la morte. Fate ciò che vi pare.
Ei denuo dicto: Come può stare, che neghiate ciò che appare nelli processi?
R. Ho ditto la verità, né dirò altro. Fate ciò che vi pare. Se pur havesse ditto qualche cosa che non racordo, di cosa nisuna mai con mal animo, né con malitia.
Ei dicto: Può essere che l'habiate dette senza malitia, ma pure dite che cosa havete detto, o se da altri havete inteso, o imparato cosa alcuna.
R. Né ho fatto male, né visto fare ad altri, né mi racordo di cosa alcuna, né so cosa alcuna.
Ei dicto: Vi basterà l'animo (75) poi di star al confronto con tanti testimonii, quali hanno giurato, et che vi racorderanno il tempo et luoco dove havete spese le parole o fatto altri atti alla loro presenza?
R. Sì, che posso allegramente star al confronto. Anci ho a caro che gli faciate venire, che mai si troverà cosa alcuna di male di me in questo.
Factisque quam pluribus aliis interogationibus, insistit in negatione.
I. De successu cum Francischina Petri Zannis.
R. L'è vero che l'è venuta in casa mia et mi ha lavorato più giorni, et si plurava d'un genocchio, dicendo che l'era droverzata. (76) Mi dissi che la sarebbe guarita, se Dio voleva et la Madonna. Così venne, mangiò con noi et gli diedi da mangiar con buon disegno che gli facesse buon pro, come anco a mi et agl'altri miei. Et con verità mai potranno dire ch'habbi questo peccato, né poco né onda. (77)
1610. Die mercurii 10 mensis octobris.
Vasinus quondam Jacobi Vasii Deilini testis nominatus per Vasinum de Pezedo conciliarium, citatus per Vincentium servitorem etc., comparuit et interogatus etc.
R. L'è vero che ho segato al nominato Nicolò Petrogn. Quanto al haver sentito le parole che me interogate, vi dirò. Trovandosi lì in Frel, essendo statto citato fuori Gotardo de Lorenz de Campcan per testimonio per causa della Petrogna, disse la detta Petrogna con noi così, plurando: Non savì che hi han fatto citar fuori Gotardo, che l'è stat portato (78) che mi devo haver ditto non so che d'un crucifisso o de sclopetto o non so che? Ma mai racordo haver ditto una tal cosa, né ne so cosa nisuna! Et pareva che la se ne facesse beffe di tal ciancie. Disevela da davera o da tramaz, (79) mi non so.
I. de qualitate.
R. Mi li ho segato et me hanno fatto buona compagnia et mi hanno pagato et datto buona roba: buter, formaggio, et siamo statti bene. Et così anco l'hanno passato, che gli ho segato.
Ad generalia respondit: Mi non so d'esser parente, ma poria esser, che non so. Et juravit.
Eo die.
Coram ut ante citatus etc. [comparuit] Jacobus quondam Martini del Plizario testis etc. et interogatus cum juramento etc. de veritate dicenda, juravit etc., et
R. Trovandomi in casa del Petrogn dentro in Frel che gl'haveva segato, venne lì Nicolò Petrogn et disse con sua moglie: Tu non sai chi l'è stat portà fuora, che te deves haver ditto che chi tira in un crucifisso ha buona ventura de caccia. Et detta Catarina rispose: O, al sarà ben ch'habbia mi ditto una tal cosa? Questo mai! Essendo poi statto citato fuori Gotard de Lorenz per testimonio fuorsi per tal causa, detta Petrogna disse anco con mi così, plurando: S'i disen che devo haver ditto una tal cosa ut supra, che mai l'ho ditta, et poria lu esser (80) che l'havesse sentita dir da altri, et che l'haves dit con Gotard, ma non mi racordo. Ma che mi l'habbi ditta, mai non sarà, né me ne racordo di tal cosa.
I. De qualitate etc.
Respondet prout dictus Vasinus, addendo: A quel che ho potuto conoscer mi, l'è una femna daben, che la sentiva nominar Dio et la Madona. Et mi ha datto buter, formai, ch'ho portato a casa, et me ha fat buon pro. Et se me ne dessero dell'altro, lo torei.
Ad generalia [respondit]: Credo che Nicolo sia [parente] in 4° grado meco, ma non lo so né anco trop ben.
1610. Die mercurii 10 mensis octobris.
Coram magnifico concilio Burmii congregato etc., denuo adducta predicta Catarina et denuo interogata in genere etc.
R. La verità l'ho ditto. Non so che dir altro. Fate delli fatti miei quel che nostro Signor Iddio vi inspira et la Madonna santa benedetta.
Ei repetitis interogationibus etc.
R. Ho detto tutta la verità di quel ch'io so. Non posso dir altro.
Ei dicto: Avertite che sete gionta al termine, che se ve vol dar altro tormento et farvi dire la verità, et perciò preparative di dirla.
R. La verità l'ho ditta. El Signor Iddio et la Madonna non me lascierà far torto. Fate al meglio che sapete o come Dio vi inspira, che di questo peccato non ne ho in nisuna guisa.
Iterum interogata de ordine ut supra super contentis in processu in genere et in spetie, persistit in eius primo constituto et in responsis ut ante, repetendo sepius: O, Dio et la Vergine Sanctissima el sa che de tal pecato ne son nocentissima, Può lu esser che haves così ignorantemente ditto qualche parola, che non mi racordo de cosa alcuna de nisuna guisa, ma mai con malitia.
Ei factis aliis interogationibus, et hortata ad veritatem dicendam ei proponentes minas torture.
R. Fate quel che Dio vi inspira. Fate che venga un sacerdote che mi confessi et comunichi, et poi fate di me quel che il Signor vi inspira, che mai potrò dir altro, né so altro.
(a) Nell'originale si ripete una seconda volta: che
.
(b) A questo punto nel processo si inserisce una sezione cancellata.
(c) Di questa sezione sono presenti due trascrizioni nel processo. La seconda (contenuta nelle pp. 80-4 dell'originale) è stata barrata. La redazione è stata abbreviata, come si avverte nella chiosa iniziale: reduxi infrascripta
.
(d) Nel fascicolo originario l'interrogatorio relativo a questo giorno è collocato dopo il 26 agosto, fuori ordine cronologico; p. 60 del manoscritto.
(e) A questo punto è introdotto un altro processo, pp. 28-42. Tale modo di redigere gli atti sottolinea, in questo tempo, la natura completamente laica dell'inquisizione anche per stregoneria.
(f) Lettura incerta.
(g) Cancellato: la vecchia
.
(h) In cima alla pagina, cancellato: Et che un'altra volta l'havevano chiapato etc. et conosciuto, cioè la seconda volta che tornò per robar
. Il testo si riferisce evidentemente a un processo diverso.
(i) Lettura incerta.
(l) Parte inserita fuori ordine cronologico, forse proveniente da un altro quaderno. Segue uno spezzone appartenente a un'altra causa (pp. 73-80). Alla p. 80 si ritorna al processo contro Caterina Petrogna, cancellato tra le pp. 80-4, con l'indicazione: Reduxi infrascripta
. Il quaderno prosegue con un processo estraneo (p. 85).
(1) Sinonimo istituzionale di "Comunità".
(2) Continua nel cognome della Valdidentro Trameri (Longa 330; cf. anche SB065 e SB121). Doveva essere, al principio, un soprannome professionale "tramaiolo, orditore di trame" (Bracchi, BSSV 43, 44-5). Un Johannes Tremarus compare tra gli ostaggi bormini consegnati al Comune di Como nella pace del 16 aprile 1201 (cf. Besta, Bormio 210). Per la presenza del suffisso d'agente, sembra meno probabile una derivazione da un ipocoristico di Beltramo, Beltrame (RN 3 1, 155-7).
(3) Il soprannome probabilmente professionale doveva valere "pellicciaio, conciatore di pellicce". Il termine non sopravvive come appellativo comune. Cf. più avanti nel processo il toponimo ora sconosciuto le Plizere
(cf. anche SB081).
(4) Non si è più in grado di ricostruire l'accezione originaria di questo soprannome. È tuttavia probaile che si tratti di una variante di Suatto (cf. SB036). Anno 1551: ge robò un suato conzo (Rini 65), borm. ant. sogàt, dimin. di sóga "corda che serve per stringere la soma sulla schiena dei giumenti" (Longa 241).
(5) Dialettale paroleir, cep. paruléir "stagnino, magnano, riparatore di paioli" (Longa 189), valt. parolaro "magnano" (Monti 173), professionale da paröl "paiolo", lat. tardo *pariolum "paiolo" (REW 6245).
(6) La formula rappresenta il passaggio intermedio verso la grammaticalizzazione in l'é bulù "è veramente" (Longa 42; cf. SB036).
(7) Dial. tónder "tosare le pecore" (Longa 260; Monti 333), dal lat. tondere "tosare" (REW 8779).
(8) Dial. sciòlver "desinare, pranzare" (Longa 242; Monti 251), tosc. ant. asciolvere, propriamente "sciogliere il digiuno", dal lat. absolvere (ieiunia) "sciogliere" (REW 46).
(9) Dial. gröita "incrostazione di sporcizia sulla pelle, crosta formata dal sudiciume" (Longa 84), posch. gröita "sudiciume attaccato alla cute dei porci o dei villani" (Monti 107), Castione gröita "sporco". Da mandare forse col piem. gröia "guscio, buccia" < lat. *carulium < caryon "noce; gheriglio" (REW 1726).
(10) Dial. viròla pl. "pustole", "antivaiolosa", liv. eiròla, gros. vairòli pl. "cicatrici che rimangono dopo la vaccinazione antivaiolosa" (DEG 940), tell. viaröle "pustole che rimangono dopo la vaccinazione, innesto del vaiolo", dal lat. tardo *variola da varius "variopinto" per il colore delle pustole (REW 9156 e REWS 9156; DEI 5, 3977).
(11) Terra ricavata dal luogo dell'apparizione della Madonna di Tirano. «Sul luogo dell'apparizione, nello scurolo, per memorabile testimonio, sta scritto sopra una lastra d'argento quadrata a caratteri d'oro: Ubi steterunt pedes Mariae. Codesta lastra d'argento quadrata serve come coperchio ad un quasi sacrario d'onde la miracolosa Terra si tragge» (Quadrio). Tiran. tèra prudigiùsa: «Quello che non debbo tacere, che forse è il più mirabile sotto l'altare, pur dedicato alla stessa Vergine, vi è un buco dove si dice la gloriosa Vergine pose li piediterra di grandissima devotione, e ha fatto delli miracoli (in smorzar il fuoco, quando era appizzato nelle case, e in liberar dalla febbre); per il che ne sono portati via delli carri più di cento, e pur nondimeno senza mai aggiungervene sempre si è conservata quella terra, e ancora è fatto puoco buco, che non pare vi siano levati quattro carri della detta terra» (Cabasso; autori citati in M.G. FIORI, Dizionario tiranese. Miscellanea. Segni del passato, Villa di Tirano 2000, rispettivamente pp. 399 e 433-4).
(12) Nel dial. borm. l'appellativo cói si è specializzato nel linguaggio dell'apicoltura a designare "le larve delle api" (Longa 109). Deriva dal verbo coàr "covare", per l'equiparazione stabilita tra le larve e le uova nel nido (Longa 109), dal lat. cubare "covare" (REW 2351). Tart. cu(v)àda "covata, le uova che cova una chioccia" e "le uova, le larve e le ninfe nelle celle dei favi delle api", fass. cóa "nido", romagn. quèj "alveare, arnia, coviglio, bugno (arnia rustica), buzzo" e "covo, covile". Rocét è diminutivo di ròc' "covata, gruppetto, gregge, stormo, mandra, turba, quantità di viventi" (Longa 212), dal lat. rotulus "rotolo, ammasso tondeggiante, insieme di varie cose" (REW 7397).
(13) Li Dórna località di Trepalle (Longa 316; cf. SB064), anno 1160: peciam de sua portione de alpibus de Ledorna de loco Bulmi (Perg. Arch. di Stato di Torino); 1178: de alpe una que est in territorio de Burmis et dicitur alpis Lidorna; 1223: qui tenent alpem de Liorna; 1228: in valle et in alpe de Lidorna in territorio de Burmio (perg. Inv. del monast. di S. Abbondio in Como). Probabilmente dal gall. durnos "pugno", nel senso oronimico di "promontorio, dosso, elevazione" (REW 2807).
(14) Si tratta dell'astrologo Daniele di Camoasco in Engadina che sarà citato frequentemente nei processi a partire dal 1630.
(15) "Che aveva in casa egli stesso chi poteva guarirlo".
(16) Dial. desc'placàr (i)ó "scoprire", contrario di placàr "coprire, nascondere" (Longa 199; cf. SB055), dal lat. tardo *placicare "acquietare, calmare, mettere a riposo" (REW 6559).
(17) Borm. sc'tómich, forb. sc'tómbich "petto" (Longa 248), con trasmissione del nome anatomico all'organo vicino, come anche in altri casi, per es. nel borm. bèch "mento", in origine "becco" (Longa 29), mascèla "guancia".
(18) Borm. ant. mascelàda "schiaffo sulla guancia". Termine scomparso. Borm. mascèla "guancia" (Longa 142).
(19) Dial. Cus'àla léi de gnur chì a far?
(20) Dial. ir in paradìs "andare in paradiso", eufemismo per "morire".
(21) Nel contesto "innocente", in senso proprio "privo". Va con l'it. scusso "privato di tutto", dal lat. excussus "scosso", in Seneca excussis manibus "a mani vuote" (DEI 5, 3432).
(22) Ora Cancàn, la val Cancàn, negli Statuti boschivi Campcano (Longa 311). Come rivelano le grafie antiche, dal sintagma lat. campus canus "campo bianco". La valle di Fraele doveva essere percorsa già in tempo molto antico sia per la facilità che presenta al valico, sia per la presenza di ferro nei massicci. Si segnala un altro Cancàn, località di Teglio.
(23) Nell'accezione dell'antico percuràr "custodire, attendere a, tener d'occhio, accudire", qui con specializzazione propria del linguaggio dei cacciatori procuràr li lègur "dare la caccia, tendere insidie alle lepri" (cf. anche SB038).
(24) Dial. trar "tirare", uscito dall'uso, qui "tirare con un'arma", com. trà "tirare, trarre, far scattare" (Monti 337-8), it. trarre, dal lat. trahere "tirare" (REW 8841),
(25) Borm. salvàdich, liv. salvàdi "selvaggina" in generale (Longa 216), negli Statuti: De selvaticinis non capiendis nec revendendis (StCBorm, c. 213), com. salvagìna "selvaggina", nel 1280: ova, salvaticina, fenum (Monti 232), it. sett. ant. salvadexina (REW 7922; DEI 5, 3446).
(26) Locuzione caduta dall'uso. Nel dial. attuale suonerebbe sul fil de mesanöc' "anche a partire dal limite teso della mezzanotte".
(27) Termine scomparso. Va forse posto in relazione col verbo com. frizà "mordere, pungere" detto dell'effetto provocato dall'aria rigida sui corpi animali (Monti 88). Qui sarebbe da intendersi come "irrigidita in una smorfia". Appena sotto in gran frezza
"in gran fretta", ma i due termini sembrano del tutto indipendenti (cf. anche SB055).
(28) Cf. il processo a Maria Berbenni del 1608 ( SB049).
(29) Il "cimitero", più precisamente "fossa comune, ossario", dal lat. carnarium "sepoltura comune", con suffisso accresc. (REW 1702 e REWS 1702). Levent. garnéi "ossario", mil. carlé "carnaio", poi anche "bara", voce raccostata in seguito ai continuatori di *catalectus "lettiga; bara" (REW 1758 e REWS 1758), sic. carnazzera "sepoltura" (REWS 1701).
(30) Come spiega la glossa che segue "giravolta, giro su se stesso". Com. revoltèl "svolta, curva; piccolo tratto di campo, prato o riva quasi semicircolare", da revoltàs "rivoltarsi, volgersi indietro" (Monti 219).
(31) Dial. su in di pè "sui piedi". Qui troviamo il sintagma più antico: int i pè
"nei piedi", alla lettera "entro i piedi", dal lat. intus "dentro" (REW 4520). Final. in tu, in ta, in te, in ti prepos. artic. "nel, nella, nei, nelle", pist. (Treppio) ìntel bosco, intéla casa, intéla cima "sulla cima", ìntel tavolo "sul tavolo", ant. sen. (sec. XVI) se n'anderà in tu la cella del vino; essare in tul paradiso; se n'entrò in tu letto, aret., perug. ìnt(e)l "nel" (altri esempi in Rohlfs 3, 227-8). Cf. la pigliai su int i cavei ( SB057).
(32) Cf. SB049: processo contro Maria Berbenni de Poz de Pedenosso.
(33) All'origine dell'attuale cognome Dei Cas, presente in Valdidentro e soprattutto ramificato a Piatta (cf. SB009).
(34) Dial. de mè regòrt "dal mio ricordo, per quanto ricordo io".
(35) Dial. pizàr "beccare", gerg. pizèr "mangiare" (Longa 323), qui pare nel senso traslato di "cogliere, prendere sul fatto, imputare", o in quello di "spacciata", attraverso il senso di "divorare", più difficilmente da pizàr "accendere" (Longa 198). Nel processo del 1617 contro la Barna e la figlia Cristina troviamo forse una locuzione parallela: Se tu hai sospetto in costei e che la sia ritornata, vo dubitando che la sarà spedita!
( SB062).
(36) Fréita adiacenza di Semogo (Longa 310), téa, bósc'ch, rin da la Fréita a San Rocco nel Livignasco, negli Statuti boschivi buschus de la Freita intus ad Livignum (Longa 316), da un appellativo comune fréita "taglio di bosco" scomparso, che continua il lat. fracta "luogo soggetto a disboscamento; siepe di ramaglie" tagliate e accumulate insieme "riparo contro le acque", in qualche caso "cascata" (REW 3466). Esiste anche un Plan deli Freida all'imbocco della Valpisella.
(37) Il termine algór
è sconosciuto nei dialetti attuali. Va probabilmente con l'it. algore, per indicare il senso di gelo, di brivido, che alle volte è imputato alle streghe. Surselv. alsgér "aver freddo" < lat. algere "aver freddo" (REW 335). Più avanti troveremo una testimonianza simile: dicendo ella che era stata via alla casa di Cristina del Zucho, che mi ha dato una copa di vino et che quel vino gli haveva causato gran sgrisor
(cf. SB062).
(38) In senso morale sóz
vale "turpe, sconveniente". A Piatta la Zuzaròba è "il diavolo", alla lettera la sozza cosa, come si troverà in un processo del secolo XVII, denominazione che in Valfurva è riformulata in Sozacósa (Bracchi, Parlate 378).
(39) Variante dissimilata di mormorà "mormorato, parlato nascostamente dall'interessata".
(40) Era morto continuando a sostenere tale versione dei fatti (cf. anche SB062).
(41) Espressione completamente dialettale: Se te dìsgesc de véira, sc'péitom, che vòi che ésa se pàrlia in de un'àltra guìsa "se dici per davvero, aspettami, che ora voglio che si parli in un altro modo".
(42) Dial. ant. negót(a) "nulla", voce contratta in nót(a) e grammaticalizzata nel valore di "non; niente, nulla" (Longa 176; Monti 161), blen. navôta, com. nagôt(a) "niente, nulla" (Monti 156). Dalla locuz. lat. ne gutta (quidem) "neppure una goccia", in Plauto neque gutta "neppure una minima particella" (REW 3928 e REWS 3928; Rohlfs 2, 218).
(43) Probabilmente nell'accezione di "questionare, litigare, contestare, contendere, querelare", anno 1574: si partì Romedio del campo digando che volea piedezar de quel campo, et mi gli rispose: Lassemilo a mi. E lui rispose che volea piedezar (Rini 50). Variazione dell'it. piatire, piateggiare, derivati dal lat. placitum "ciò che piace, parere, opinione, decisione", nel lat. med. "sentenza, causa, lite" (REW 6561; DEI 4, 2897). Com. piatì "litigare" (Monti 186), bol. pléid "litigio, contesa", a Bologna nel 1288 platizare "litigare, piatire" (GLE 273).
(44) Borm. ciamàr, liv. clamér "chiamare" (Longa 44).
(45) Dial. él véira o no "è vero o no".
(46) La forma poràf
, contratta da poderàf "potrebbe" non è più in uso. Resta come testimonianza di un antico condizionale, con una -f enclitica, che dovrebbe rappresentare il residuo del verbo avere (la terza persona lat. habuit), e corrispondere al composto it. potrebbe da potere ebbe. Crem. puderàf "potrebbe", piaseràf "piacerebbe", bol. sréf "sarebbe" (Rohlfs 2, 342-3).
(47) Dial. tabià o tablà "fienile" (Longa 252; cf. SB011).
(48) Si direbbe un soprannome di origine professionale. It. ant. ministrale "sovrastante", a Bologna nel 1259 ministrale (DEI 4, 2466), dal lat. tardo (sec. V) ministerialis "impiegato in un servizio" (REW 5588), eng. mastrèl "impiegato", in Valdidentro Masc'trèlo soprannome personale. L'appellativo di menestral era normalmente assegnato al luogotenente del podestà di Livigno oppure al corrispondente del podestà in Val Monastero. In questo caso è riferito all'anziano d'uomini della vicinanza (cf. SB055).
(49) Dial. segàr, liv. seér "falciare l'erba" (Longa 222).
(50) Borm. bròz "le due ruote davanti o di dietro del carro", forb. boròz, buròz, baròz (Longa 40), negli Statuti: nulla persona accipiat aliquod lignamen… sub pena solidorum quinque pro quolibet brozo (StCBorm, c. 226), it. baroccio, dal lat. *birotium "composto da due ruote" (REW 1114).
(51) Dial. làta "pertica, stanga; palo lungo per mettervi a seccare il pane, le salsicce, la carne" (Longa 123; cf. anche SB068), da una voce prelat. *latta "palo, pertica" forse celtica (REW 4933), continuata anche ted. Latte "stanga, pertica".
(52) Il pronome lu
è impersonale e ritorna più volte in questo medesimo processo.
(53) Ossia "robusta". Variante antica, scomparsa dalle parlate attuale. It. ant. rubesto dal lat. robustus (REW 7356; DEI 5, 3273).
(54) A questo soprannome dovrebbe essere legato il toponimo Sughét, gruppo di case in Valdidentro fra Turripiano e Piandelvino (Longa 314), da sughét "pappa fatta con farina di frumento arsa nel burro e poi bollita con acqua", forb. scighét (Longa 252; Monti 282), formazione diminutiva sul lat. sucus "succo, sugo" (REW 8419).
(55) Borm. ant. sfondràr "sfondare" (cf. SB022).
(56) Dial. triénza "tridente di ferro per il concime", nonostante il nome con quattro rebbi (Longa 264).
(57) Raglión in Valdidentro sopra Isolaccia, nell'Inventario del 1553 Ralono (Longa 313; cf. SB038).
(58) La Valleggia
, probabilmente l'alp de Valéia in Val Viola, negli Statuti boschivi alpes de Valeja (Longa 315). Cf. anche Val Lìa sulla destra della Val Viòla (Longa 312). Risulta meno probabile l'identificazione con la Valècia che si distacca da Trepalle in direzione di Funéira (Longa 319).
(59) L'arcaica negazione madenò
deriva dall'invocazione m'aiuti Dio, no! Non è più corrente. Si invoca il nome di Dio per asseverare la propria parola. Esisteva anche l'affermazione corrispondente madesì, eng. madiscì, lomb. ant. madesì, posch. maidé "molto più", fr. ant. si m'ait dieus "così Dio mi aiuti" (REW 172). Anche stranò, formazione elativa con extra "oltre, di più", non è continuato in nessuna varietà.
(60) Borm. ant. desgiùtela "cattiva", alla lettera disutile "di danno", com. desùtol "disutile, disadatto, parassita" (Monti 67).
(61) Il verbo pluràr "piangere" non è più continuato nei dialetti dell'alta valle. Lat. plorare "piangere", it. ant. piorare, prov. plorar, fr. pleurer, sp. llorar "piangere" (REW 6606).
(62) Nel senso di "sospetto".
(63) Ludovico Casolari era collega di Andrea Vitalini nell'ufficio di cancelliere del Comune. Ogni anno si eleggevano due notai con funzioni di cancelliere. Di uno stesso processo potevano così esistere più copie.
(64) L'ausiliare avere col verbo sentire riflessivo non è più in uso (Rohlfs 3, 124-5).
(65) Nome di luogo scomparso. Deriva probabilmente da componenti femminili della famiglia del Plizer, citato all'inizio del processo.
(66) In questo contesto il verbo gustare dovrebbe valere "mangiare, pranzare". Si è nel tempo dopo la messa. In altri dialetti periferici il verbo si specializza nel significato di "prendere un leggero pasto", come nel lad. centr. gostà, nel friul. gustà, e nel sardo campid. bustare "pranzare" (REW 3926; DEI 3, 1893-4).
(67) Dial. potolàr "coccolare", pòtol, potolìn "cocco, il prediletto" (Longa 204), posch. potolâ "accarezzare bambini", potolón "bambino caro assai" (Monti 198).
(68) Le donne gravide erano escluse dalle indagini e dagli interrogatori per rispetto del nascituro. Domenica Pradella detta Casteleira, nella spietata caccia del 1630, riuscirà a salvare la vita proprio perché, essendo incinta, le fu rimandato il processo.
(69) La locuzione latina traduce il concetto di "scaricare il fucile". Nell'it. ant. (sec. XIII) troviamo tormento nell'accezione specializzata di "macchina bellica per scagliar pietre" (DEI 5, 3830).
(70) Borm. baitàr "gridare, urlare" (Longa 25; cf. SB049).
(71) Portato come viatico all'ammalato.
(72) Caterina si recò a Sazzo in Valtellina dove già era praticato il culto al beato Luigi Gonzaga, tanto che nel 1608 si inviò da Como una tela raffigurante l'allora Beato. La costruzione della cappella nella chiesa, conosciuta come "santuario di San Luigi Gonzaga", fu autorizzata dal papa Alessandro VII soltanto nel 1662 (Gianasso 286).
(73) Per scorsa, partic. passato forte di scorrere, verbo di base presente anche nell'it. discorrere.
(74) "Giovasse". Borm. prò "vantaggio, bene", far bóm prò "far bene", gnur su l bomprò "venir su il rutto dopo aver mangiato, segno di pronta digestione" (Longa 205). Dall'augurio lat. prode "utile, buono, che giova" (REW 6766).
(75) L'espressione bastar l'animo, ricorrente nei processi, significa "avere il coraggio, l'ardire, la forza, la costanza" (LEI 2, 1306; cf. SB038).
(76) Piatt. indruverzàr, borm. inversàr "rovesciare" (Longa 94), borm. a l'indroèrsa, liv. a l'inroèrsa "al rovescio, al contrario" (Longa 89-90), com. inversà "rovesciare, voltar dentro le parti esterne e fuori le interne" (Monti 119), dal lat. reversare "rovesciare" con variazioni di prefissi (REW 7276).
(77) Dal lat. abunde "abbondantemente" (REW 53), borm. ant. porónda "molto", morign. perónda ancora vivo, con prefisso perfettivo per, (REW 53; LEI 1, 210-11). Levent. aonda, Coltura ebónda, grig. avónda, avùnda, avùanda, cador. vónda "abbastanza", friul. avónda, avònde, grad. amondi, emil. dimóndi, galiz. bonda, port. mer. (Algarve) aonda. Dall'avverbio elativo lat. perabunde "in modo sovrabbondante". Qui abbiamo la forma semplice, che non è sopravvissuta.
(78) "È stato riportato, riferito".
(79) La locuzione avverbiale da tramàz
vale qui "per scherzo, per celia". Borm. ir a tramàz "andare di sera a far lavori e conversazioni intime" (Longa 263), liv. tramàz "amoreggiamento", ir a tramàz "andare ad amoreggiare" (Monti 339), anno 1572: ha visto ditto Adam tramazar con Filippina; 1589: tu hai già un gran pezo tramazà con la femna e lassi tua madre in Trepalle che patisse gran cossa (Rini 67). La variante gros. far ramàz sembrerebbe riportare al verbo ramàr "radunare, raccogliere" (DEG 680; cf. SB063), ma l'etimologia continua a rimanere controversa.
(80) Poco sopra: ma poria esser che
, senza il pronome impersonale lu.
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/bormio/documenti/SB051/