Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte invernale 1614-15 2 13 novembre 22 dicembre 1614

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Oggetto
Accenno ai figli dell'astrologo Antonio Maria di Lovero, che, consultati nell'ambito della querela di Antonio di Domenico di Pedenosso contro Vasio della Zenona di Isolaccia, hanno negato di esercitare la professione paterna
Procedimento giudiziario
Antonio di Domenico di Pedenosso contro Vasio della Zenona di Isolaccia, per diffamazione [per averlo ingiustamente accusato di furto] (2 - 22 dicembre 1614; 23 dicembre 1614)

Querela di Antonio di Domenico di Pedenosso contro Vasio della Zenona di Isolaccia, il quale sostiene che Antonio sia l'autore di un furto di pane destinato a essere distribuito fra tutti i vicini alla morte di Vitale Tampello. Nicola Trameri detto Petrogn e Vitale Tampello si recano a Lovero per consultare i figli dell'astrologo Antonio Maria, lo stesso di cui si fa cenno nel processo contro Caterina Tellaresio nel 1596 e in quello contro la Barna e la figlia Cristina di Livigno nel 1617. I figli non danno però alcun responso sull'autore del furto, anzi replicano stizziti di non esercitare la professione di astrologo. La netta presa di posizione dei figli rivela come le pratiche di chiaroveggenza comportassero anche dei seri rischi di coinvolgimento in processi di stregoneria e non fossero perciò del tutto desiderabili.

1614. Die 13 novembris.

Coram domino pretore, dominis offitialibus, comparuit Antonius filius quondam magistri Dominici del Plizzar (1) de Pedenosso, querelans ut sequitur, che: Vas della Zenona, monico della chiesa di Santo Martino, va dicendo che ho robato pan di limosina, (2) qual pan haveva fatto far gli heredi di Vidal Tampel, qual era riposto del detto Vasino. Testes adduxit reverendum presbiterum dominum Joannem Antonium del Marno, Vitalem quondam Joannis Mottin, Gabrielem quondam Jacobum (a) Grandt (3) filium quondam Jacobi Colombani della Scala, Joannem Gaglia, Joannem quondam Vitalis Tampelli, Albertinum Innocentii Communis Matii habitatorem Pedenossi, Dominicham uxorem Vitalis Tampelli, Catalinam filiam Vitalis Mottini. Qui Antonius fideiussit de querela manutenenda et judicata solvendo in debita forma. Fideiussor pro eo fuit magister Zenno (b) Pelizzarius et magister Jacobus Pelizzarius de Molina, obligando etc., relevando tamen.

1614. Die veneris secundo mensis novembris.

Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus Burmii, citatus per Nicolaum Ramp servitorem, comparuit Vasinus quondam Joannis Christofori del Trameiro de Isolacia et super querela contra eum data per Tonium quondam Dominici del Pelizario, de qua apparet sub die 13 mensis presentis, notata a domino Gasper Imeldo cancellario, collega meo.

Interrogatus etc.

R. Dirò quel tanto mi racordo che sia detto per mi, over per altri, secondo che la memoria mi servirà. La cosa è in questo modo, che havendo la vigilia della festa de Tutti li Santi prossima passata, li figlioli et heredi dil quondam Vitale Tampello fatto una bona et bella quantità di pane per farne elemosina per l'anima dil soprascritto quondam Vitale, et fatto detto pane et cotto in casa mia, posta in Pedenosso et se dice in Borcha, (4) nella qual casa ho tutta la mia robba, ma non lo habito, perché son monaco et sto nella casa della monigharia, (5) detti heredi mi hanno dimandato che fosse contento di lasciarglielo mettere in una mia cameretta ivi, nella detta casa, la qual soleva serare Nicolò Petrong (c) et insieme dargli la chiave della porta della casa. Cossì me acontentai et li diedi l'una et l'altra chiave, et il pane fu riposto in detta camera, et quella sera allogiassemo di (6) loro heredi et mi in stua dilla detta casa per esser calda, che fu la vigilia de Ogni Santi, come ho detto. È occorso che la seguente notte il pane è stato robbato, da chi, mi non lo so, come mi venne a dire et lamentarsi Gioanin figliolo quondam dil detto Vitale, come il pane gli fosse robbato. Mi, meravigliando di questo, andai seco a vedere, e nel modo che erano state serate porta et uscio della camera. Cossì ritrovassemo ancora né cosa alcuna di slisancio, (7) né a serature né ad altro. Questa cosa fu per la vicinanza sparsa e, ritrovandomi in strada, mi venne la moglie dil nominato Antonio di Domenico, la quale mi disse se i volevano mandar a stroligh. (8) Mi li rispose dicendo: Mi credi de sì. (9) Essa rispose: I farebbero meglio andar dalla moglie dil Petrogno, (10) che lei gl[i]elo saprà dire. Se non, i la potranno poi mandar gió lei, che la ghel saprà poi dire. (11) Il venerdì seguente seppi che Gioan di Vidal Tampello et Nicolò Petrogno erano andati in Valtellina, dal strologo a Lovero. Cossì la domenica seguente, essendo ritornato da Valtellina, imbatendomi nel detto Petrogno, quivi in Borcha, andai seco sino giù al sentero qual va alle Plizeire, (12) in compagnia di suo genero, figliolo quondam dil sudetto Vitale Tampello, ricercando noi di saper da lui chi fosse stato il robbator dil pane. Ma esso Nicolò non volse mai dirne altro. Mi passai oltre e andete in Isolacia. Et eran in circa 4 hore di notte, (13) quando ritornai a casa e me imbatei nel sudetto Tonio di Domenico, il qual era qui in (d) Borcha, solo. Mi li dimandai che cosa facesse quivi solo. Mi rispose: Sto qua cossì, che non so belamente che m facia. Dicendomi che fosse contento (14) di dirli che cosa mi havesse detto Nicolò Petrogno, che havesse detto il strologo. Mi gli rispose come che del Petrogno non haveva inteso altro. Esso mi disse: Se ben tu non melo vogli dire, i me danno la colpa a mi, che habbia robbato il pane. Mi, merevigliato di quella parola, dissi: Hai, come dite questa parola, voi saprete se ne sete colpevole. Mi rispose esso, dicendo che non ne havesse tolto altrimenti. Né per alhora disse altro. Et se partì e andete alquanto in là. Poi ritornete e disse: Havete o no voi opinione che lui havesse tolto di quel pane? Li risposi: Voi lo saprete. Sopragionse sua mogliere e, sentendo il detto suo Antonio marito a parlare di queste cose et far juramenti, la me disse: Tirateve da banda, o Vasino, che costui è mezo pazo! Cossì si spartissemo.

Addens che avanti che Nicolò Petrogno andesse in gió a Lovero, parlando meco dil pane robbato, me disse: Mi voria giocare un capello, (15) che l'é stato Tonio de Domenico che l'ha tolto. L'istesso un'altra volta, et credo fosse la mattina avanti che se partisse per andar giù, esso replicò l'istesse parole alla presentia di Gioan di Vidal Tampello. Di più, il detto Nicolò, doppo che era venuto in su, parlando meco disse: Quel che te ho detto per avanti di Tonio, sono ancora in quella openione istessa, ancora che il strologo non mi habbia detto altro.

Item addit che, ritrovandosi questi giorni passati in casa dil reverendo curato, dove era Gioan Giacomo del molin et il bottaro (16) de Cipina Giacomo, il detto Joan Jacomo disse, parlando di cotal fatto: Mi ve ne ho da contar una ancora mi, che se dice haver detto quelli che sono andati a strologho, cioè che se havesse a mente che quel Tonio, mentre che se celebrò la messa il giorno di Morti, che l'andete di fuori ben 3 volte, perché dubitava che se andesse a casa sua a guardar dil pane, percioché s'era cossì parlato là dentro, che li antian de homini volevano andar per le case etc., et che un homo ch'era stato apresso al detto Joan Jacomo haveva osservato questo, che l detto Tonio era andato di fuori 3 volte mentre si celebrò la messa.

Et qui Vasinus dedit securitatem de parendo juri et judicato solvendo in causa dicte querele contra eum data etc.

Fideiussor fuit Joannes quondam Vitalis Tampello de Pedenosso, obligando etc.

Item dictus Vasinus post securitatem datam dixit: Ne ho ancora da dire un'altra, come che la moglie dil detto Dominico è venuta da me et me ha dimandato se havesse inteso da qualche parte che se dicesse che loro havessero tolto di quel pane, dicendo: Lassa no, lassa no! Mi gli rispose che non sapesse altro, né altro haver inteso.

Eodem die.

Coram ut supra Joannes quondam Vitalis de Tampello de Pedenosso, testis ut ante, interrogatus.

R. Ritrovandosi nel tablato di Vasio della Zenona che l facea batter grano, cioè il detto Vasio, Nicolo Petrogn et io, e parlando dil pane rubbato, il Petrogn disse: E voria giocarme un capello, che ne ne voria fallar poco chi è stato il ladro. Soggionse il detto Vasio dicendo: El sarà lu issa (17) stato, questo ladron qua su di Toni.

I. se queste parole son dette avanti che il Petrogno andesse in giù in Valtellina per andar a strologo, over doppo.

R. El fu il giorno avanti che andassemo in giù.

I. se sa altro intorno a questo.

R. El se mormora cosa asai, ma mi non so altro.

I. se fu alla messa il giorno de Morti, et che dasse a mente (18) che il nominato Tonio più volte se partisse dalla chiesa.

R. Mi era di fuori, et è vero che l detto Tonio venne di fuori una o due volte, ma non so poi il perché.

Nec ei per hac vice delatum fuit juramentum etc.

Eodem die.

Coram ut ante citatus fuit Vitalis Mottinus, testis ut ante etc., et interrogatus etc.

R. L'è la verità che, essendo in casa di Vasino della Zenona che si amazava un bove e raggionando dil pane rubbato, il detto Vasino disse come che se dasse la colpa al detto Tonio et che Nicolò Petrogno, qual era per questo statto a strologo, doveva haver detto cossì.

Et hoc est et juravit.

Die sabbati tertio mensis novembris.

Coram ut supra citata fuit Magdalena filia quondam Vianini Vasotti de Livigno, uxor relicta quondam Vitalis Tampello de Pedenosso, testis ut ante etc.

Interrogata etc.

R. Mi non son stata presente, né ho sentito che l nominato Vasino della Zenona habbi mai detto mal dil detto Tonio de Domenico, né che l'habbia imputà che lui habbia tolto di quel pane del qual si parla etc.

I. se ha inteso alcuna cosa de quei che son statti in Val[te]lina dal strologo etc.

R. Ho ben mi domandà, ma loro me hanno rispos che non me potevan dir niente, né mi ho più oltra interquerì, (19) perché n'ho cossì poca meraviglia di saperlo.

I. se ha sentito a dire d'alcuno da chi sospetti che habbi rubbato il pane.

R. Sì, in casa ne son venuti asai, e vicini et altri più lontani, che me hanno dimandato se ne fosse ritornato il pane, overamente (20) se lo havessero ritrovato, et se la verità era che l fosse datto la colpa a Toni dil Pelizaro, ma non mi aricordo qual persone siano state.

1614. 7 mensis decembris, die mercurii.

Coram domino pretore et dominis offitialibus citatus per Antonium Menestralem, comparuit reverendus dominus Joannes Antonius del Molin (21) curatus Pedenossi, qui interrogatus super constituto et querela delata per Antonium del Plizzar ut supra, qui deposuit che ha sentito [che] detto Vasin della Zenona ha detto che sospettava più presto che fosse Antonio del Plizar habbi robato detto pane che altri.

Juravit super pectore conscientie more sacerdotum.

Paulo post citatus ut supra comparuit Joannes Gaglia uti testis super constituto, qui deposuit che: Sendo in Borcha, domandai al detto Vasin di quello pane. Mi rispose che il pane non (e) era andatto via, ma che non era andatto tropo lontano. Così gli dissi che haveria iurato per lui, intendendo ben io che davano la colpa a chi stava apreso. Et mi rispose: Tolé (22) doi ongari (23) et iurate per lui. Et dissi: Mi sì, che se lui me li havessi datto detti ongari, che haveria iurato per lui, stando che non crederò mai tal cosa.

Aggiongendo che ho sentito dalli miei figlioli a dire che il Petrogno ha ditto che l'è statto un compar dil Gaglia che ha robato il pane.

Et super generalibus recte [respondit]. Juravit.

1614. Die 8 mensis decembris.

Coram ut ante citatus comparuit Gabriel quondam Jacobi Grandt, qui interrogatus super constituto et querela lata per Antonium del Plizzar, in omnibus insistit in constituto lato et formato per Vitalem Mottinum et superinde iuravit. Qui et protestavit esse propinquum cum dicto Vitale della Zenona. (24)

1614. Die mercurii 14 decembris.

Citatus comparuit coram etc. Nicolaus quondam lo Petrogn in causa querele Toni del Pelizario contra Vasinum della Zenona.

Interrogatus.

R. Mi non ho sentito cosa alcuna, che quel Vasin habbi menzonà quel Toni di Domenig[h] del Pelizar in fatto di quel pane robato. Nel restante è vero che mi son andatto a Lover, pensando che quei figlioli dil quondam Antonio Maria (25) facessero profession di saper dir se l vien robato qualcosa, ma da loro non habiamo potuto cavarne alcuna bona risposta, né juditio nisuno. Anci, che furono come in colera, dicendo che si marivigliavano, che questo non era sua professione.

Die jovis 22 mensis decembris.

Coram ut ante Albertinus supra nominatus etc. dixit et deposuit ut dixit Joannes del Resonello, dicens: Mi son statto presente alle parole fatte tra Vasino della Zenona et Gioan Resonello, il qual Gioan, dicendo il detto Vasino che il pane non era andatto via da perlù (26) et che gueira lontano (27) nol poteva esser andatto. Et detto Gioan, pensando che l dovesse dir di Toni dil Plizzar, qual è più prossimo, disse ancora che detto Antonio non fusse nominato: Mi voria giurare per lui, che non l'è statto quello. Et detto Vasino disse: Toresti mó doi ongari a giurare per lui? Rispose Gioan: Mi sì, tiò (28) pur qua i ongari e poi lasciami il pensier di giurare. Detto Vasino faceva mostra di tor fora i onghari, ma non ne tolse su nisuni. (29)

(a) Così nell'originale, in luogo dell'atteso genitivo.

(b) Così nell'originale.

(c) Così nell'originale, variante di Petrogn, derivato dal personale Pietro.

(d) Nell'originale: in in.

(e) Nell'interlinea non.

(1) Resta incerto se si tratti di un professionale "pellicciaio, conciatore o lavoratore di pelli", come porterebbe a pensare la variante Peliz(z)ario e l'appellativo magister ripetuto sotto per ben due volte, oppure già della cristallizzazione in soprannome.

(2) Scriveva il Longa all'inizio del secolo scorso: «In Bormio e nelle convalli vive tuttora l'uso presso le famiglie abbienti di distribuire del pane, (al) pan de la lemòsena a quanti, poveri o ricchi, vanno a recitare preghiere al capezzale del defunto. A Livigno si dà ai poveri la breciadèla, grosso pane del peso di due chilogrammi. Il ceto signorile preferisce elargire una elemosina di sale ai poveri del Comune, i quali, in giorno determinato, vanno a ritirarla presso la Congregazione di carità» (Longa 124 e 162-3; Longa, Usi 90; M.B. SILVESTRI, Riti e pratiche funebri a Livigno e in alta valle, Villa di Tirano 1998, pp. 62-73). Come viene spiegato poco più avanti, si tratta di una panificazione distribuita dagli eredi in suffragio dell'anima di un parente defunto: havendo la vigilia della festa de Tutti li Santi prossima passata, li figlioli et heredi dil quondam Vitale Tampello fatto una bona et bella quantità di pane per farne elemosina per l'anima dil soprascritto quondam Vitale. Dell'antico uso parlano già gli Statuti, in un capitolo datato l'anno 1429: De elemosina fienda per Comune pro anima quondam ser Boni Ianazoni (StCBorm, c. 154); duo providi homines qui sint constituti et deputati ad distribuendum elemosinas omnes, que testantur per alias personas in Burmio pro animabus eorum (StCBorm, c. 160). Sulle elemosine distribuite nel corso dell'anno cf. anche St. Livigno, pp. 155 e 156.

(3) A differenza di Zangrando, questo soprannome non ha dato origine a un cognome nella nostra zona.

(4) Località a Pedenosso appena sotto la chiesa di San Martino, da bórca "biforcazione della strada" (Longa 37 e 292).

(5) Dial. mónich "sacrista, custode della chiesa" (cf. SB020), ant. monigarìa "abitazione del sacrista", anche "carica di sacrestano" (Longa 160), dal lat. monachus, in origine "monaco" (REW 5654).

(6) Dial. di "dagli, pressi gli".

(7) Parola non più in uso. Dal contesto sembra che debba significare "forzatura, rottura". Un derivato dal lat. tardo *laesiare "danneggiare" (REW 4842)?

(8) Volevano inviare a interpellare un professionista di occultismo, per conoscere il responsabile del furto.

(9) Dial. Mi crédi de scì "credo che sia il caso".

(10) Si tratta di Caterina Petrogna già processata per stregoneria nel 1610.

(11) Il poi, ripetuto due volte, è ripreso dalla fraseologia dialettale.

(12) Indicazione toponimica che indica il luogo di abitazione del Plizeir. Il suo valore di toponimo o di nome comune ("bottega di pellicciaio") dipende dall'interpretazione del nome dell'insediato come soprannome o come professionale.

(13) Le dieci di sera.

(14) Nel contesto: "che acconsentissi a".

(15) La scommessa, ponendo come pegno il cappello, dipende dal significato simbolico rappresentato dal copricapo (VSI 3, 526-7). Analogamente nell'anno 1589: io voglio giocar doi scudi et voi solamente una baretta… voglio giocar duoi scudi con voi m. Nicolò et voi una baretta che non si renderà più presto… voglio giocar un par de scudi con voi, et voi solo una baretta… se tu me paghi una baretta, voglio farti vencer (Rini 27).

(16) "Costruttore o rivenditore di botti". Sopravvive il toponimo li Butéira sopra Santa Lucia, attraverso il femminile "figlie del bottaro".

(17) Borm. e valli ésa, morign. ìsa "ora, adesso" (Longa 58), dal lat. ipsa (hora) "nello stesso tempo, ora, adesso" (REW 4541; DEI 3, 2118).

(18) "Avesse notato, si fosse accorto".

(19) Dial. ant. interquerìr "investigare, indagare", anche intrequerìr (cf. anche ). Dal lat. tardo *interquirere "indagare, ricercare", con metaplasmo di coniugazione (REW 4451 e 6923). Bellinz., com. intraquirì "indagare, cercare notizia di cosa o persona" (Monti 118).

(20) Avverbio caduto dall'uso. Si può ancora sentire presso qualche famiglia una formazione parallela, opuramént "oppure".

(21) Giovanni Antonio Marni di Isolaccia.

(22) Dial. tolé, tulé "prendete" (Longa 348).

(23) L'ongaro nel 1617 aveva, a Bormio, il valore di 10 lire e 3 soldi. Cf. ACB, Quaterni consiliorum, sorte primaverile 1617, febbraio 21. Era una moneta proveniente dalla Serenissima (DEI 4, 2655; cf. anche SB044).

(24) Come parente non era perciò obbligato a giurare.

(25) Per questo personaggio cf. anche SB038 e SB062.

(26) Dial. deperlù "da solo".

(27) "Molto lontano", ant. guéira "molto", tart. guàri "parecchio", mìa guàri "non molto, non eccessivamente" (cf. anche SB062), corrispondenti dell'it. guari, liv. guéira "non molto, poco", sa l bat Éira, / al fè guéira "se la pioggia giunge dal passo d'Eira (da est), pioverà per poco". Dal francone waigaro "molto" (REW 9485), da cui anche il fr. guère, catal. gaire "molto" usato soltanto in frasi negative, interrogative o condizionali. L'accezione apparentemente opposta di "poco" deriva da "non molto", a motivo dell'uso della voce in contesti negativi.

(28) Forse per rendere la pronuncia dialettale "prendi", ma si tratterebbe di un fenomeno del tutto isolato. Sembra preferibile intendere l'imperativo come un corrispondente del ven. ciò! "ehi!", trent. tòi, tèi, rover. tòi! "guarda bene, non ardire!", dal lat. tollere "prendere", verbo che si ripete immediatamente prima e dopo nel dialogo, attraverso una formazione imperat. tarda *tiolle (REW 8769 e REWS 8769; Rohlfs 1, 146).

(29) Il plurale di nessuno, come ancora nel veneto (Rohlfs 2, 215-6). Da noi non è più distinguibile dal singolare, a motivo della caduta della vocale finale.