Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1615 18 19 22 26 giugno 1615; 23 maggio 1616
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- Persone
- Giannantonio Zuccola di Le Prese
- Procedimento giudiziario
- Giannantonio Zuccola di Le Prese contro Martino Rauscino di Morignone, per ingiuria (18 giugno 1615 - 23 maggio 1616)
Querela di Giannantonio Zuccola di Le Prese, abitante a Bormio, contro Martino Rauscino di Morignone, che lo ha ingiuriato rinfacciandogli di appartenere a una schiatta di stregoni.
In Christi nomine. Amen. Anno 1615. Die dominico 18 mensis junii.
Coram magnifico domino Joanne Capel de Bevio, honorabile domino pretore Communis et Terre Burmii, nec non dominis Nicolao Imeldo et Philippo Laurentio, offitialibus maioribus ipsius Communis Burmii, in stupha magna Pretorii sedentibus, comparuit ser Joannes Antonius filius ser Dominici Zuccole delle Presis, habitator Burmii, querelando contra Martinum, filium quondam Joannis de Rauscinis (1) de Murignono, Communis Burmii predicti, modo ut sequitur, videlicet: Ritrovandomi io venerdì di sira (2) prossimo passato nelli Ronchi in compagnia de messer Gervasio Grusino, dove inacquà (3) alcuni miei prati, sopravenne esso Martino Rauscino, qual veniva dalla Terra di Bormio. Et avicinandomi io ad esso Martino, gli dimandai che mi desse satisfatione di quel tanto che mi restava. Al che di subito detto Martino rispose: Mi non v'ho de dare niente! Et io gli disse: Farò quel che di raggion aspetta. Et di subito esso Martino soggionge: Si ritrovaremo fuori di qua!, con minacciarme che, ritrovandosi fuori di là, mi voleva offendere. Donde io gli risposi: Quando a te pare et piace, si ritrovaremo. Dove che, di subito ingiuriosamente, rispose esso Martino verso di me, dicendo: Ah, razza de strion che tu sei! Stando le qual parole ingiuriose, dimando raggione, o che mi mantengha che sia tale, o che redicha secondo forma di Statuto. Aliter etc.
Et di questo caso occorso do per testimonii messer Gervasio Grusino di Bormio et Antonio figliolo quondam Gottardo di Valcipina.
Inde, pro qua quidem querela manutenenda et de pace et tregua servanda cum dicto Martino de juditio sisti et judicatum solvi, dictus ser Joannes Antonius fideiussit in forma.
Fideiussor pro eo fuit et se constituit Abundius filius quondam Joannis Petri Canclini (4) de Burmio, obligando etc.
Anno 1615. Die lune 19 mensis junii.
Coram prefatis magnificis dominis pretore et offitialibus ut ante, citatus per Vincentium Crippum servitorem publicum Burmii, antedictus Martinus Rauscinus fideiussit in forma de pace et tregua manutenenda cum dicto ser Joanne Antonio Zuccola de juditio sisti et judicatum solvi et jure parendo etc.
Fideiussor pro eo et ad eius preces se constituit dominus Romerius Grusinus procurator, obligando etc.
Et insuper interrogatus de querela contra eum data per ipsum ser Joannem Antonium Zuccolam.
R. È vero che, ritrovandomi io venerdì prossimo passato a trapassar per li Ronchi, ritrovai messer Gioan Antonio Zuccola, qual mi dimandò certo pagamento, per il che entrai un puoco in colera, tenendo che fosse già pagato de Gioan Malencho de Premai, (5) come principal debitore. Ma che sappi d'haverlo ingiuriato non m'arricordo, poiché era un puoco allegro per haver bevuto etc.
1615. Die jovis 22 mensis junii.
Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus, citatus per Nicolaum Rampum servitorem, etc. ser Gervasius Grosinus, primus testis in dicta querela nominatus per ser Joannem Antonium Zuccolam contra Martinum Rauscinum et interrogatus de contentis in dicta querela.
R. Ritrovandomi venerdì di sira prossimo passato nelli Ronchi in compagnia de messer Gioan Antonio Zuccola, sopravenne il detto Martino Rauscino in compagnia di Antonio quondam Gottardo de Valcipina, che venivano in giù, dove che, avicinandosi detto messer Gioan Antonio, gli dimandò ad esso Martino certo pagamento che gli restava per causa d'una cavalla. Esso Martino rispose dicendo che Gioan Cramer (6) de Premai, come principal debitore l'haveva volsuto pagare, et che lui non volse accettar pagamento, et esso messer Gioan Antonio disse: Voglio che mi pagate voi, che havete la mia cavalla, reservatami in dominio. Et dopo alcune contese, detto Martino disse: Se ritrovaremo!, minacciandoli di bastonarlo. Et poi gli disse: Ah, razza de strion! Et esso Zuccola mi disse: Tenitave a mente! Et poi esso messer Gioan Antonio disse con mi: Lui è mio cugino. Adonque il parentà de strion venirà di quella banda.
I. an dictus Martinus videretur esse ebrius.
R. Mi tengho che lui fosse un puoco imbriaco, essendo cascato con il mostazzo (7) sopra un spino.
Et ad generalia recte interrogatus, juravit etc.
1615. Die lune 26 mensis junii.
Coram ut ante citatus per Vincentium Crippum servitorem etc., comparuit Antonius filius quondam Gottardi de Valcipina, testis in dicta causa productus.
Et interrogatus.
R. È vero che venendo venerdì, già otto giorni, giù de Nombraglio (8) in compagnia de Martino Rauscino, gionti nelli Ronchi, sopragionse messer Gioan Antonio Zuccola in compagnia de messer Gervasio Grusino. Et disse ad esso Martino: Non me voi dare quel puoco di resto? Esso Martino rispose, stando alquanto suspeso: Ti voglio provare che hai possuto esser pagato dal Malencho di Premai et non hai volsuto. Et instando detto Zuccola, rispose detto Martino: Te voglio pagar con quattro bastonate! Et altre parole che seguissero tra loro, non m'arricordo d'altro, se non che esso Martino sopragionse ancora dicendo ad esso Zuccola: Ah, tu sei razza de strion! Et poi si spartissimo et altro non seguì, né altro so.
Et ad generalia interrogatus, recte respondit et ita juravit etc.
In Christi nomine. Amen. Anno 1616. Die jovis 23 mensis maii.
Cum sit quod sequuta esset rixa et contentio per et inter ser Joannem Antonium filium separatum ser Dominici Zuccola delle Presis, habitator Burmii, et Martinum filium quondam Joannis de Rauscinis de Murignono, Communis Burmii predicti, in qua quidem rixa et processu superinde formato legitur dictum Martinum nonulla contumeliosa verba protulisse in preiuditium honoris et fame dicti ser Joannis Antonii, nempe dicendo contra eum: Ah, ah, razza de strion che tu sei!, ut in eo processu apparet, ob qua verba sic ut supra dicta, prefatus Martinus condemnatus fuit in libris decem imperialibus, ultra expensas processus processandi et ultra quod teneretur dicta verba contumeliosa redicere in forma ut patet ipso partito concilii, facto et ordinato sub die veneris 28 mensis julii 1615, cui etc. Stante qua quidem redictione sic ut supra fienda, sic instante et requirente dicto ser Joanne Antonio coram magnifico domino Joanne Capel de Bevio, honoran[dissim]o domino pretore Communis et Terre Burmii et nobile domino Nicolao Imeldo, offitiali maiori sortis suprascripte tamquam delegatis a magnifico concilio Burmii ad presentem redictionem recipiendam in forma [Statutorum], citatus comparuit dictus Martinus Rauscinus, et interpellatus quattenus vellet dicta verba contumeliosa redicere in forma, allacri animo et alta voce respondit sub hiis formalibus verbis vulgari sermone ad communem intelligentiam ut infra describendis, videlicet: Signori, io non so, nemen m'arricordo che mai habbi ingiuriato messer Gioan Antonio Zuccola né la sua parentela, et se pur si ritrovasse che io havesse detto qualche cosa per colera o per qualche altra mia indespositione d'intelletto, io protesto avanti le Vostre Signorie molto magnifiche d'haverlo mal detto, et me ne trovo mal contento. Nemen m'intendo che le mie parole debbino portar preiuditio all'honore, fama o reputatione di detto messer Gioan Antonio, né dell'honorata sua parentela. Anzi, che lui insieme con la sua parentela li riconosco tutti per persone honorate, uguali ad ogn'altra persona d'honore.
Et ita protestatus est. (9)
(1) Liv. ràusc "ericacea in genere" (Longa 286), "rododendro" (Longa 144), voce di origine prelatina, celt. *drausa "ontano di monte" e altri cespugli alpini (REW 2767a; Stampa 66).
(2) Borm. mod. sìra, variante risalita dalla valle, ant. e valli séira "sera" (Longa 222). Nel processo che segue hiersira
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(3) Alla prima persona del perfetto ci si aspetterebbe la desinenza in -è, come esito della monottongazione di -ai. In antichi testi veneti si trova tuttavia anche -à, come erronea estensione della terza persona (Rohlfs 2, 315). Qui potrebbe tuttavia trattarsi anche di un imperfetto, che pure suona mi a inaquài, arc. presso qualche gruppo familiare piatt. mi a inaquéi (Rohlfs 2, 289).
(4) Cognome tipico dell'alta valle, ramificato soprattutto a Piatta. Potrebbe dipendere da un nome di luogo scomparso *Ca(in)clìn < lat. campus (in)clinus "campo inclinato" (cf. SB105).
(5) Si tratta di Giovanni de Simoni, originario della Valmalenco, che aveva bottega a Premadio e che si trasferirà poi a Bormio, esercitando sempre il commercio. È il capostipite della famiglia De Simoni che entrerà nel patriziato bormino.
(6) Dial. cràmer "merciaio ambulante" < ted. Krämer "merciaio" (Longa 115; Monti 58; cf. SB007).
(7) Borm. ant. mosc'tàc' "faccia", propriamente "baffo", dal gr.-lat. mystax "baffo" (REW 5803a; per altri dal lat. *mustaceus, dall'alone lasciato intorno alla bocca dal mosto), mosc'tación "schiaffo sulla guancia", piatt. ant. anche sg'motación per metatesi consonantica.
(8) Ci si riferisce alla strada dell'Umbrail che metteva in comunicazione con i paesi d'Oltralpe. Cf. Silvestri, Strade. La variante Nombràgl (scissa poi erroneamente in mons Braulius, da cui Bràulio) deriva dalla concrezione della preposizione di moto in Ombràgl, borm. mod. Ombrài, retorom. Umbràil, a sua volta da umbraculum probabilmente nell'accezione di "capanna posticcia di cacciatori o di pastori", per ripararsi dal sole (REW 9047; RN 2, 878).
(9) Il verbale con la sentenza non è conservato.
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/bormio/documenti/SB060/