Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1615 2 settembre 13 16 ottobre 1615
- Persone
- Cristoforo Rampa di Livigno
- Procedimento giudiziario
- Cristoforo Rampa e Margherita Longa contro Battista Sertorio di Livigno, per ingiuria (2 settembre - 16 ottobre 1615; 24 febbraio 1615)
Querela di Cristoforo Rampa e della nuora Margherita Longa contro Battista Sertorio di Livigno, il quale, durante una lite per certo bestiame che danneggiava le sue proprietà, ingiuriò i querelanti, asserendo che Cristoforo apparteneva a una schiatta di stregoni e che Margherita incorse in vicende poco edificanti a Zernez, in Engadina.
Anno 1615. Die sabathi secundo mensis septembris.
Coram magnifico domino pretore et domino Bernardo Casulario locumtenente ser Philippi Lorenzini domini officialis in Livigno, ante domum Angelini Rampi exsistentem, comparuerunt Christoforus quondam Vasii Rampi de Livigno et Margarita eius nurus filia quondam Pelligrini della Longa, querelando contra Baptistam quondam Ioannis Petrotti del Sertor (1) de Livigno, modo infrascripto videlicet: la detta Barbera (a) querela et dice: Essendo io hiersira andata nell'alpe, over theia di Vidalino de Nicolò de Vidal, ritrovai ivi Battista suprascripto, et venissimo a contrastare per certo bestiamme. Et esso Battista disse: Dov'è tuo socero? Et poi sogionse et disse: O che, ardel quel polver! (2) Et volendo io risponderli, mi disse: Vah, vah giò a Sernezzo! Stando le qual parole, poiché mio socero è huomo da bene, et io son statta a Sernezzo da donna da bene, ho volsuto haver ricorso dalle Vostre Signorie a dimandar raggione.
Interogatus dictus Christophorus: Che v'intendete voi che voglino dire quelle parole: Ardel quel polver?
R. El vol dir che mi sia strion.
Et replicavit haec verba. Quibus sic stantibus, dictus Christophorus et dicta Margarita, socer et nurus, dederunt securitatem in forma manutenendi querelam et pacem et treguam cum dicto Baptista Ioannis Petrotti de iuditio sisti et iudicato solvendo.
Fideiussor pro eis fuit Zannes frater dicti Christophori Vasatii, obligando etc.
Et a questo furno testimonii Vitalino de Nicolò de Vidal et Gioan quondam Giacom de Vidal.
1615. Die lune 16 mensis octobris.
Coram ut ante citatus per Nicolaum Rampa servitorem, comparuit Baptista quondam Ioannis Petrotti de Livigno. Et interogatus de querela contra eum data per Cristophorum Vasatii et Margaritam eius nurum.
R. È vero che il primo giorno di settembre a hora di vespero, essendo io in theia (3) de Vidalino mio cugnato, sopragionse detta Margarita. Et così, dicendo io che non mi mangiassero il fatto mio con il loro bestiame, essa mi cominciò a ingiuriare, dicendomi mille villanie. Allhora non so che mi rispondesse né che mi dicesse. Nemen so d'haverli dette parole per ingiuriarli. Se fossero poi loro in qualche errore che io non sappia, tal sia di loro. N'altro so, se non che duoi dì dipoi Angelino et Nicolo Rampo suoi parenti mi fecero far pace et mi mangiorno per mezzo scudo. (4)
Et ita fideiussit in forma [Statuti] de iuditio sisti et iudicato solvendo.
Fideiussor pro eo fuit Gaspar quondam Ioannis Botarelli obligando etc.
1615. Die veneris 13 mensis octobris.
Coram magnifico domino pretore et dominis officialibus, citatus comparuit Vitalis filius Nicolai del Caurino, testis productus in dicta causa.
Et super premissis interogatus.
R. È vero che il primo giorno di settembre, circha hora di vespero, venne Margarita de Pelligrino della Longa moglie de Gioan de Christophoro de Vasatio nella mia theia, dov'era anco detto Battista mio cugnato et Gioan mio germano, et vennero esso Battista et detta Margarita a parole, dicendo esso Battista che il suo bestiame l'haveva datto danno, com'era in verità. Et detta Margarita cominciò a farsi venir gionta, (5) dicendo al detto Battista: Magliadron, Gaspar de Martha! Et all'hora esso Battista gli disse: O brenta, (6) n'ho poco fastidio né de ti né del polver. Et poi sogionse: Vah, vah giù a Sernezzo! Ma non so poi a che fine fossero dette queste parole, né l'intendevi altrimente, perché allhora era amalato in letto et haveva la febre che mi travagliava. Et altro non so.
Et ad generalia interogatus.
R. Battista soprascritto è mio cugnato.
Eo die.
Coram ut ante citatus per Nicolaum Rampa, comparuit Ioannes quondam Iacobi Vitalis del Caurino,
Et interogatus de querela ut ante data etc.
R. È vero che il primo giorno di settembre a hora di vespero, ritrovandomi io nella theia di Vidalino mio germano, venne Margarita nuora de Christophen de Vasatio, et essendo anco presente Battista de Gioan de Pedrotto, cominciò esso Battista a dire: Perché mi date danno nelli miei prati? Et detta Margarita cominciò a farsi venir gionta, dicendo ad esso Battista: Magliadron, Gaspar de Martha. Se tu non havesti la robba del socero, tu potresti morir de fame! Et esso Battista disse: Vah, vah brenta, che n'ho puoco fastidio né de ti né del polver! Et sogionse: Vah giù a Sernezzo! Et poi altro non disse, né so che voglino dir queste parole. Né altro so che occoresse tra loro.
Et super generalibus interogatus.
R. Battista è mio germano per amistà. (7)
Et post aliquot dies dictus Baptista quondam Ioannis del Sertor protestatus est coram me notario dicens: Io non so d'haver ingiuriato Crestophen de Vasatio. Et s'io havessi detto qualche cosa, l'ho detto che li suoi vechii son stati abbrugiati in Bormio (8) etc.
(a) Evidentemente si tratta di un errore del notaio che doveva invece scrivere Margarita.
(1) Il cognome Sertorio sopravvive a Livigno (Longa 330; cf. anche SB011 e SB061). Deriva da sartór "sarto" (Longa 217). Viene segnalata a Piatta e altrove la variante Sertorelli (Longa 328-9).
(2) Non doveva trattarsi di espressione corrente, perché se ne domanda la spiegazione. Borm. (v)àrdel! "guardalo, eccolo!", borm. vardàr, guardàr (Longa 85). Da quanto si riferisce sotto la voce polver
significa "stregone" e, con tale significato, non è continuata in nessun dialetto. Probabilmente allude alla "polvere" preparata dai malefici su ricetta del demonio. In tale ipotesi risulta notevole il genere maschile, dolom., friul. el pólver, istr. el polve (REW 6842; Rohlfs 2, 69). L'imputato si dimostra piuttosto originale nei suoi epiteti, come si deduce anche da brenta
immediatamente sotto.
(3) Borm. téa "malga", liv., madd. téa "cascina, stalla d'alpe" (Monti 321), "baita tutta di legno al limite inferiore dei boschi, con cucina, stalla e luogo per la lavorazione del latte, nella quale si raccoglie il bestiame dopo il pascolo e si abita durante la stagione pascoliva" (Longa 255 e 293-4; cf. SB017).
(4) Probabilmente nel senso di "mangiarono presso di me per mezzo scudo".
(5) La locuzione farsi venir gionta
, che si ritrova anche altrove nei documenti d'archivio, significa "stizzirsi, arrabbiarsi". Anno 1611: gli minacciai che voleva provvederli, et alhora cominciò a volersi far venir gionta… esso Giacomo cominciò a farsi venir gionta (Rini 35). Forse dall'ant. borm. giónta "aggiunta, accrescimento", a partire dall'immagine del "gonfiore" provocato dall'ira. Com. giónta "giunta accrescimento", fig. "scapito, perdita" (Monti 100). Un'evoluzione parallela si riscontrerebbe in rincréscer, it. (r)increscere, partendo dal senso allargato di "crescere in modo esagerato", quindi "poco piacevole, che arreca noia, disgusto" (REW 4363; DEI 3, 1997; 5, 3257).
(6) Borm. brénta "brenta", brentèla "recipiente di legno per tenervi il burro cotto o lo strutto" (Longa 39), tic. brénta "recipiente di legno a doghe aperto in alto, di forma per lo più conoidale, munito di bretelle, per portare sulla schiena liquidi, uva o altro", partendo dal senso traslato del piatt. brénta "donna piccola e grossa", posch. brénta "pingue, gravida" (Monti 379), com. brénta, brentón "piagnone, gridatore", valmagg. stà su la brénta "pavoneggiarsi, darsi delle arie" (Monti 30). Da antichi soprannomi procedono anche i cognomi Brentalli, Brentani, Brentini, ant. Brantèl (RN 3.2, 735). Prelat. *brenta, in origine "cervo", per la forma rastremata dell'antico recipiente, che poteva richiamare la testa dell'animale, sovrastata dalle due impugnature laterali, simili a corna (REW 1285; VSI 2.2, 924-31).
(7) Il sintagma germano per amistà
non trova più riscontri nei dialetti attuali, it. ant. amistà "amicizia", dal lat. volg. *amicitas, -atis "amicizia" (REW 421; DEI 1, 163). Si vuole forse precisare che la parentela (germano "cugino") non è basata sulla consanguineità, ma sul rapporto di amicizia. Sembra tuttavia da preferire un collegamento col breg. musc'tèt "fidanzamento".
(8) Cristoforo discendeva forse da Tonio Rampa detto Gez, giustiziato come stregone nel 1519. Altri Rampa saranno inquisiti nel 1630, in particolare gli appartenenti al ceppo dei Vasazi come Maddalena e Margherita ai quali si accenna negli incartamenti di quegli anni.
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