Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte primaverile 1618 9 20 22 aprile 1618
- Oggetto
- Minaccia di ricorso a un astrologo per individuare i responsabili del furto di 170 lire avvenuto a Semogo ai danni dell'esattore della taglia
- Procedimento giudiziario
- Inchiesta verso ignoti, per furto [subito dall'esattore della taglia di Semogo] (9 - 22 aprile 1618; 22 settembre 1618 - 5 febbraio 1619)
I due consiglieri della Valdidentro denunciano al Magistrato il furto di 170 lire avvenuto a Semogo il giorno di Pasqua; il derubato era l'esattore della taglia di vicinanza. Il giorno seguente, con la minaccia di rivolgersi alla Giustizia e, in caso ve ne fosse stato bisogno, anche all'astrologo, il denaro fu quasi interamente restituito.
1618. Die jovis 9 mensis aprilis.
Coram magnifico domino pretore et dominis regentibus antescriptis, comparuit ser Antonius del Sosio (1) de Semogo ex debito offitii sui uti consiliarius, et cum eo ser Martinus de Donà, (2) etiam consiliarius, (3) notificando che il giorno et festa di Pascha di Ressurettione (4) prossima passata, mentre che suo fratello Vitale et tutta la sua famiglia sono venuti a Pedenosso, da Semogo, alla messa, havendo il detto Vitale riposti alcuni danari, alla summa de lire 170 imperiali, in uno scarselino, (5) in un scrigno, el qual è nel tablato apresso la stuva, serato con chiave; quali dinari riscossi sono per lui, a nome di suo socero Gioanni di Pradella, (6) come esattore della taglia della Vicinanza, (7) gli è statta rotta, over strepata, la seratura, e gli sono rubbate circa lire 74, le quali il giorno seguente, doppo mezo giorno, non essendo alcuni di loro in casa, perché mio fratello era andato a vicinanza (8) alla chiesa et li altri erano fuori di casa, e cossì ritornando a casa alcuni dilla famiglia, e credo la moglie di mio fratello, ha ritrovato in meza la stuva un fazoletto o peza di lino che sia, nella qual peza vi erano ligati danari. Li quali numerati, sono ritrovati esser circa lire 68, come d'essi ho inteso. Chi sia stato non si sa.
Et questo notificato di comissione dil detto mio fratello et sudetto Gioanni di Pradella.
1618. Die lune 20 mensis aprilis.
Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus citatus comparuit Joannes quondam Abondii de Pradella. Qui interrogatus quam scientiam habeat de denariis furto subtractis in domo Vitalis Sosii eius generis die festo Pascatis Ressurectionis proxime preterite, de quibus in denuntia data etc.
R. La verità è che Vitale Sosio mio genero havea in governo certa summa de danari riscossi in nome mio come essattore della taglia nella nostra contrada, circa lire 200, più et manco, come dirà esso mio genero, riposti in uno scrigno, credo nel tablato, serato con sufficiente et bona seratura. Et gli è occorso che, essendo loro di casa il giorno et festa di Pascha andati alla messa a Pedenosso, (9) per quanto d'essi ho inteso, gli è stato strepata la seratura dil scrigno et tolto parte di danari sudetti, circa lire 80, più presto di manco. (10) Il che stando, il giorno seguente, non sapendo a chi dar la colpa, ritrovandosi alla chiesa di Semogo doppo la messa et anco in vicinanza, esclamassemo nella vicinanza de questi danari rubbati, minaciando di voler haver ricorso dal Offitio et anco, se bisogno fia andar ha stroligh, (11) per dar timore, acciò che quelli dinari ritornassero. Segue che l'istesso giorno, doppo l'esser stata la mia figliuola moglie dil detto Vitale in casa mia, doppo mezo giorno, per un pezo di tempo, ritornando a casa sua, entrando in stuva, ritrovorno sotto il tavolo una peza nella quale stavano piegati danari, quali bisogna che sieno missi dentro della finestra della stuva, da chi non si sa.
I. in chi sia stato il sospetto.
R. Non si puol saper di certo, se ben fra di noi andamo discorendo chi potesse esser stato quello che, in quel tempo di non esser stato alla messa, havesse comesso tal robaria. Et tra li altri, sospettassemo, cossì fra di noi, dil figliolo di Gioan del Sertor, il quale non fu visto alla messa. Et perché questo Gioan Sertor et sua moglie sono un poco di mei, io son stato, come da bon amico, a casa dil detto Gioan et cossì, amichevolmente, fra esso Gioan et sua mogliere et mi, secretamente, li dissi come che si sospettava dil suo figliolo, che perciò, se qualche cosa fosse, che operassero che li danari, in qualche bon modo, fossero messi in parte che fossero ritrovati. Essi, padre et madre, con grande admiratione (12) di quanto io gli diceva, mi rispondevano non saperne cosa alcuna, né credere di tal malitia in suo figliolo. Che poi li danari siano stati levati, né ritornati dal detto suo figliolo, ancora che da noi cossì habbiamo sospettato, non lo sappiamo, perché dal detto non habbiamo sentito parola veruna contra di lui in questa causa etc. Et anco fra di noi dicevamo che questo figliolo non potesse haver fatto tal atto, perché a levare quella seratura gli vole forza.
Et hoc est. Et dixit: La moglie dil detto Gioan è mia germana, per quel che mi sappia. Propter quod non ei delatum fuit juramentum.
Eodem die.
Citatus coram ut supra fuit Laurentius filius quondam Joannis del Sosio de Semogho. Et super contentis in denuntia, sive notificatu dato ac depositionibus antescriptis, interrogatus.
R. La verità è che a mio fratello Vitale gli sono stati rubbati alcuni di danari dil estimo, quali riposti erano nel arcono (13) nel tablato, il giorno et festa di Pascha, mentre tutti di loro di casa erano andati alla messa a Pedenosso. Et quali poi, il giorno seguente sono ritornati et batuti dentro dalla finestra di stuva et ritrovati dalla moglie dil detto Vitale.
Sibi dicto: Sapete da chi siano stati levati et ritornati?
R. Signori, no.
I. se in qual persona hanno sospettato.
R. Che mi sappia, non è nominato alcuno.
Sibi dicto: Che persona è stata in casa di vostro fratello, qual habbino intrequerito (14) di saper dove vostro fratello servava detti danari?
R. Sabbato santo fu lì in casa di detto Vitale mio barba, in stuva, Gioanni figliolo di Gioanni del Sertor de Semogo, in mia compagnia. Et vi era ancora il figlioletto dil detto mio fratello, di età de doi anni et mezo, il quale ha visto alcune volte il padre a numerare di quei danari ch'esso riscodeva dal estimo, et sapeva anco dove li reponeva, et come desideroso di prenderse solazo di danari, diceva che li fossero portati li danari et dimandava della chiave dil arcone. Esso Gioanni dimandò che danari fossero, dilla quantità et in qual arcone fossero missi et in che fossero riposti. Mi li dissi ch'erano nel tal arcone et che erano di peso di circa due lipre, cossì pesati da Vitale mio fratello, et che fossero riposti in un scarselino. Né altro più avanti fu raggionato di questo. Et per questo è sospettato di fatti suoi, et anco perché in quel tempo esso non fu alla messa, né manco se sa che sia stato in pastura etc.
Et hoc est, et qui juravit etc.
Ad generalia etc. recte etc.
Eodem die.
Coram ut supra, citatus comparuit Vitalis del Sosio antescriptus, exactor talee et cui furati sunt denarii etc.
Et interrogatus quomodo res se habent et de tempore et quantitate denariorum et quam suspicionem habeat.
R. La verità è che, havendo io riposto in un mio arcone nel tablato la summa de danarii circa lire 170, riscossi dal estimo et quali erano in un scarselino, il giorno di festa di Pasqua di Ressurettione prossima passata, mentre noi di casa andassemo a Pedenosso alla messa, è stata levata la seratura dil arcone et me hanno tolto dal scarselino lire 77, vel circa, de quali poi mi sono stati ritornati, missi dentro da una finestra della stuva il giorno seguente, che nisuno di noi erano in casa, piegati in un pezo di lino lire 68, talché me mancano circa lire 7 over otto.
Sibi dicto: Sapete chi velli habbia rubbati?
R. Signori, no.
I. Sapete chi li habbia ritornati?
R. Signori, no.
Sibi dicto: In chi sospettate?
R. Non so da chi sospettare. Salvo che ho sospettato prima dal figliolo di Christoforo de Dorico, perché non era stato visto alla messa, ma poi son certificato che esso è venuto in compagnia alla messa et quindi dimorato. Di più ho sospettato di Gioan figliolo dil Sertor di Semogo, qual pur certo non è stato alla messa quel giorno di Pascha istesso che me son stati tolti li danari.
Sibi dicto: Havete sospetato dil detto Gioanni per altre cause che per non esser stato alla messa?
R. Signori, no.
Sibi dicto, se questo Gioanni è solito praticare in casa sua.
R. Signori, sì. Alcuna volta, massime essendo pastorello, mi ha talvolta procurato mio bestiame.
I. quando ultimamente esso Gioanni sia stato in casa sua.
R. Il Sabbato santo prossimo passato, e credo che venisse per pigliar del pane, perché in quel dì cocevamo del pane.
I. quali raggionamenti siano stati fra il detto Gioanne et suo fratello Lorenzo l'istesso giorno in casa sua, nella stuva.
R. Per quanto mi ha referto ditto mio fratello, se parlò de questi danari, con occasione però dil mio figloletto, il qual piangendo, mio fratello per aquietarlo, li permetteva di volerli portar i danari di numerare. Et esso Gioan intrequerì che danari fossero, et dove reposti fossero.
Sibi dicto: Havete voi parlato con il detto Gioanni de questi danari doppo vi sono levati?
R. Signori, sì, che sospettando di fatti suoi, perché non era venuto alla messa, li dissi, lamentandomi de questi dinari tolti: Forsi tu ne saperai qualche cosa, essendo tu stato a casa et non venuto alla messa, come vicino, ch'egli è nostro. Esso Gioanni li rispose: Perché? Mi li dissi: Perché tal volta se dà a mente. (15) Et esso mi rispose che non ne sapeva cosa alcuna.
Nec datum fuit ei juramentum etc.
Eodem die.
Coram ut supra citata fuit Magdalena filia Tonii Filippi de Casteler. (16)
Et interrogata se il giorno di Pascha di Ressurettione è stata alla messa.
R. Signori, no.
Sibi dicto: Perché non andare alla messa?
R. Perché son stata a casa per andar pasto con un poco de nostro bestiame, e cossì steti un pochetto a casa, poi andai alla pastura.
Sibi dicto: Dove sete solita andar in pastura?
R. Di là di l'aqua, dove stiamo con casa via a Casteler.
Sibi dicto: Andasti sola, over in compagnia in pastura et con quali persone?
R. Quel dì andei (17) sola.
Sibi dicto: Vedesti quel giorno esser in pastura il figliolo di Gioan Sertor de Semogo?
R. Signori, no, che quel dì non l'ho visto, né lui, né suo bestiame.
Et hoc est etc. Nec ei delatum fuit juramentum, cum sit etatis solumodo annorum decem vel undecim (18) etc.
Die mercurii 22 mensis aprilis.
Constitutus in stuffa dominorum examinatorum, coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus ac aliquibus dominis a provisione fuit Joannes filius alterius Joannis del Sertor de Semogo, causa imputationis sibi date de denariis subtractis Vitali del Sosio.
Et interrogatus dove egli fu il giorno di Pascha di Resurettione prossima passata, et se fu al sacrificio della messa a Pedenosso, et cosa egli fece quella mattina doppo levato dal letto.
R. La prima cosa che feci, dissi il Pater et l'Avemaria, poi da lì a poco il padre et la madre, quali andorno a messa a Pedenosso, mi lasorno da disnare, acciò andassi in pastura con le nostre pecore.
Si[bi] dicto: Havesti bestiame d'alcun altro in compagnia delle vostre [bestie]?
R. Signori, no. La prima volta andai con le nostre sole, poi doppo la messa venni a tuore quelle di Gioan de Pradella.
I. Dove andesti in pastura?
R. Nei Rosegli, (19) sotto Semogo.
I. s'andato solo in pastura, over con altri pastori in compagnia.
R. Da me solo nel loco sudetto.
I. Da qual hora.
R. Un po' inanzi mesa.
Sibi dicto: Perché nel altro vostro constituto dicesti esser andato in pastura con Madalena di Tonio di Casteleyr?
R. Ho detto che siamo andati tutti doi in quella pastura, ma un più lontano di l'altro, perché ella era prima andata in pastura nelli Cantoni di Gioanin Andreola, più in fuori, et io era più in dentro con il me bestiame.
I. se ha visto la detta Madalena in pastura.
R. Signori, sì, che la viddi guardando in fuori.
Sibi dicto: Et ella ha visto voi?
R. Non so se mi habbia visto, perché manco se siamo parlati.
I. s'è stato in pastura tutto il giorno.
R. Mi son stato sino che la gente venivano dalla messa da Pedenosso a Semogo. Et alhora ho misso dentro il mio bestiame, et son andato a tuore la elemosina. (20)
Sibi dicto: Prima che andar a tuore la elemosina, doppo messo dentro il bestiame, dove sete dimorato, et che cosa havete fatto?
R. Venuto dalla pastura, son di longo (21) andato a tuore la elemosina.
Sibi dicto: Da chi sete stato visto?
R. Quando veneva dalla pastura a casa, venevano dalle Arsure (22) altre persone. Ben son sicuro che sarò da loro visto, ma non so chi fossero, perché lontani venevano, né li conobbi.
I. con qual persona è andato in compagnia a pigliare la elemosina, subito partito da casa.
R. Mi andai in compagnia di Nicolino di Vasin Morsello (23) et un'altra putta sua sorella, et un'altra sua sorella rimase in casa mia.
I. dove fosse il giorno doppo Pascha, doppo mezo dì.
R. Son prima andato un poco in pastura, poi son andato in visinanza. (24)
Sibi dicto: Qual prima è andato in vicinanza, voi overo Vitale dil Sosio?
R. Vitale venne doppo mi in visinanza.
Sibi dicto: Vitale sudetto, alhora venuto in visinanza, portete la nova che gli fossero ritornati li danari?
R. [Si]ssignori.
Sibi dicto: Dove eri voi alhora?
R. Erano lì molti di noi figlioletti nella stua della vicinanza. (25)
I. se sudetto giorno doppo la festa di Pascha è andato in pastura.
R. Signori, sì.
I. In compagnia di chi?
R. Mi era di qua di l'aqua et Madalena di Toni di Filippo era di là di l'aqua.
I. se quella mattina è stato in pastura.
R. Signori, sì, doppo odita la messa et disnato.
Sibi dicto: Et perché andar alla messa il giorno seguente di Pascha, et non la festa di Pascha?
R. Per esser più da presso alla chiesa, perché quel dì se celebrò messa a Santo Abondio (26) et il dì de Pasqua a Pedenosso.
Sibi dicto: Perché più presto metter tempo andar a pigliar la elemosina, che andar alla messa?
R. Ho fatto quello che me comandò il padre et la madre.
I. se altri son andati in pastura la festa di santo Steffano, (a) che esso sia visto da loro.
R. Vi son andati il figliolo de Gioan Pietro di Adamo Pain.
(a) Si tratta di un errore, per confusione col giorno che segue il Natale. È invece da intendersi il giorno dell'Angelo.
(1) Il cognome Sosio è ancora fittamente ramificato a Semogo (Longa 328 e 330). Deriva probabilmente dal villaggio di Susch in Bassa Engadina (Bracchi, BSSV 34, 38-9).
(2) Sopravvive il toponimo i Donéi in territorio di Livigno (Longa 316).
(3) Antonio Sosio e Martino de Donà rappresentavano la Valdidentro nel consiglio ordinario di Bormio composto da 16 consiglieri, dieci dei quali della Terra Mastra e sei delle Valli, due per ognuna di esse. Fra i loro compiti, come gli anziani d'uomini di ogni vicinanza, vi era quello di denunciare al Magistrato ogni illegalità di cui fossero venuti a conoscenza.
(4) La specificazione Pasqua di Risurrezione era necessaria, dal momento che nei secoli passati il nome di Pasqua era esteso a tutte le feste maggiori. Nei nostri dialetti resta memoria nella denominazione Pasc'quéta per designare la solennità dell'Epifania e, al tempo del Longa, anche della Pentecoste (Longa 191; REW 6264).
(5) Borm. ant. e gerg. sc'carzèla "tasca", da scarso nel senso di "avaro", perché nella tasca si riponevano i poveri risparmi (REW 7989; DEI 5, 3377; Bracchi, Parlate 282-3).
(6) Per il cognome Pradella, da una località Pradèla in Valdidentro cf. SB031.
(7) Le taglie erano gabelle che potevano essere imposte dalla Communitas come dalle Vicinanze, ogni volta che ve ne fosse necessità. Erano proporzionali alla rendita determinata dall'Estimo. Com. ant. tajà "imporre taglia o gravezza" (Monti 316).
(8) Riunione dell'assemblea degli uomini della vicinanza che solitamente avveniva nelle chiese in quanto luoghi sufficientemente capienti per ospitare tutti gli aventi diritto. Com. visinànza, visinàa "vicinanza", ora nell'accezione di "persone che abitano vicine", ant. "vicinanza, villaggio, comune, gli abitanti di un comune" (Monti 362).
(9) È da ricordare che la vicinanza di Semogo era ancora parte della parrocchia di Pedenosso. Il processo di separazione inizierà proprio nel 1618.
(10) Nel dial. ant. plutösc't de manch "piuttosto di meno". Formazione parallela ad almànch, almènch di fronte ad almén "almanco, almeno" (Longa 20).
(11) La minaccia di far ricorso all'indovino (in questo tempo quello di Camoasco) per farsi indicare il colpevole doveva suscitare una paura maggiore di quella dell'Ufficio.
(12) Nel contesto "meraviglia".
(13) Dial. arcón "scrigno, grande cassa" (Longa 22; Longa, Usi 32; e cf. SB038 e SB044). Nel processo appare anche il sinonimo sc'crign
"scrigno".
(14) Dial. ant. interquerìr e intrequerìr "indagare" (cf. SB059), dal lat. tardo *interquirere "indagare", con metaplasmo di coniugazione (REW 4451 e 6923). Poco sotto: Et esso Gioan intrequerì che danari fossero, et dove reposti fossero
.
(15) "Talora si pone mente, si fà attenzione".
(16) Casc'teléir località a Semogo oltre la confluenza dei torrenti Foscagno e Cadangola. Il nome è caratteristico e potrebbe rivelare l'esistenza di una fortificazione preistorica.
(17) Dial. ant. andéi "andai". Il perfetto è scomparso da tutte le varietà dell'alta valle. Poco oltre incontriamo la variante andai
, commisurata probabilmente sui testi scritti (Rini 21; Rohlfs 2, 315).
(18) Anche la minore età costituiva uno dei motivi che dispensavano dal giuramento.
(19) In dial. i Roscégl alpeggio presso Arnoga (Longa 314). Sembra ricalcare la forma pl. dell'appellativo locale roscèl, ruscèl "rugiada" (Merlo 27) < lat. *roscidellum "rugiada" (REW 7374 e REWS 7374).
(21) Dial. delónch "subito, immediatamente" (Longa 50; cf. SB038).
(22) Ora anche li Erzùra (Longa 309). Il nome ricorda probabilmente un incendio (cf. SB044).
(23) Il cognome Morcelli è ancora uno dei più diffusi a Semogo (Longa 330), anno 1391: Item dedit staria IIII sallis Morsello de Isolatia die VI novembris (Qaternus datorum). Probabilmente è di origine soprannominale, da un corrispondente dialett. dell'it. morsello "piccolo morso, boccone, piccola quantità", lat. med. morsellum "porzione, parte, frustolo", mil. morsèl "bocconcello, tozzo" (REW 5691 e REWS 5691; GMIL 5, 522; Bracchi, BSSV 38, 106-7).
(24) Riunione di tutti gli uomini della vicinia per discutere dei problemi della stessa.
(25) Locale o casa dove si riuniva l'assemblea dei vicini. Ogni contrada aveva la propria.
(26) Chiesa ora parrocchiale di Semogo.
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