Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum fascicolo da 11 gennaio 1624 12 15 16 22 25 27 maggio 14 giugno 1624
- Persone
- Domenica Pradella di Semogo, detta Castelera
- Margherita moglie di Cristoforo Ponti di Semogo
- Procedimento giudiziario
- Cristoforo Ponti di Semogo contro Domenica Pradella di Semogo e Lorenzo Sosio, per ingiuria (12 maggio - 14 giugno 1624; 13 - 17 giugno 1624)
Cristoforo Ponti di Semogo querela Domenica Pradella e Lorenzo Sosio: la prima perché ingiuriò la sorella e la madre dicendo, fra l'altro, che dopo che vi fu un parto nella famiglia di Cristoforo si compì il numero di cento becchi (caproni) in Semogo
; il secondo perché disse che la moglie Margherita era una strega. La madre di Cristoforo, Maria, ingiuriò a sua volta Domenica dicendole cega
(=nebbia) nel senso di strega.
1624. Die dominico 12 mensis maii.
Coram dominis Joanne Petro Zenono et Joanne Jacobo Salvador, regentibus, querelando comparuit Christoforus quondam Laurentii del Ponti de Semogo, sicuti Dominica uxor Andree Joannis Morselli de Semogo, altercando cum Maria matre mea et Dominica sorore mea, dicta Dominica dixit et protulit hec verba, silicet, che in Semogo vi erano 99 bechi et che fra loro due ne hanno fatt'un altro, tal che fu compito il numero de cento. Di più disse che detta mia madre et sorella sono ruffiane. Et a questo furono presenti li infrascritti testimonii, cioè: il reverendo prete Gioan Andrea (3) curato a Semogo, Bormo della Valesa et Francesco di Gioan di Pradella.
Oltra di questo si lamenta et dà querela contra Lorenzo di Gioan del Sosio, come che il detto Lorenzo à improperata la nominata mia moglie Margarita dicendogli sia una stria. Et a questo furono presenti, cioè: Bormo soprascritto della Valesa et Abondio dil Sertor et Bernardo dil Monigatto. (4)
Qui dedit securitatem manutenendi dictas querelas et de judicato solvendo. Fideiussor pro eo fuit Vasinus quondam Bet Lafran[c]hi, obligando etc.
1624. Die mercurii 15 mensis maii.
Coram domino Joanne Petro Zenono regente, citatus fuit Abundius quondam Joannis del Sertor de Semogo, testis nominatus in causa querele date per Christoforus quondam Laurentii del Ponti contra Laurentium del Sosio.
I. se fu presente che detto Lorenzo imputasse a Margarita, moglie dil detto Christoforo, questa parola stria.
R. La verità è che, ritrovandomi ivi inanzi casa mia, e vi era il detto Christoforo mio figliastro, al quale io dissi: Che cosa fai qua? Mi rispose: Sto a vedere che Lorenzo Sosio mi porti via le latte (5) dil mio campo. Poco stando, venne detto Lorenzo, il quale dete la bon hora a Christoforo. Christoforo rispose: Me porti via le latte, poi vegni qui darmi la bon hora. Vorrei che mi lassasi le mie latte! Lorenzo cominciò a far mentire. Sopravenne la detta Margarita, qual disse a Lorenzo: Perché portas via le mie latte? Detto Lorenzo disse: Tu mentas, stria che sei! Et questo lo replicò due o 3 volte.
Et hoc est. Et dixit: Christoforo è mio figliastro et Margarita, moglie dil detto Christoforo, è mia cugina.
Die jovis 16 mensis maii.
Coram *** citata comparuit Dominica quondam Vitalis de Pradella uxor Andree Morselli de Semogo, et super querela data per Christoforum quondam Laurentii del Ponti, de qua apparet sub die dominica proxime preterita, dixit: Havendo Maria, madre dil sudetto Christoforo, mandato una sua figliola per nome Domenega a pigliar dil sternume (6) in una nostra boscola, mio marito disse volerli andare a insegnarli per un'altra volta a non pigliar quello d'altri. Cossì li disse che non facesse altro. Tuttavia detto mio marito Andrea vi andé, et acciò che non ritornasse un'altra volta a far l'istesso, li ruppe il gerlo, qual seco haveva per riportare il sternume. Segue che doppo qualche pocho, credo però sii stato quella settimana, passando io per strada con un gerlo cargo et una seggiola (7) in mano, essa Maria aspettandomi nella publica strada, alla presenza delle sottoscritte persone cominciò a ingiuriarme con molte parole ingiuriose, dicendomi che io fosse stata causa che mio marito havesse rotto il gerlo alla sua figliola. Mi li rispondeva che no, anco che haveva pregato mio marito a non darli fastidio. Essa tuttavia continuava con l'ingiurie. Mi li dissi: Di' quanto che voi! Cossì andai per i fatti miei. Nel ritornarmene a casa, la detta Maria, qual ancora fu in strada, credo ad aspettarmi, di novo cominciò ad ingiuriarmi. Et non contenta de parole ingiuriose, mi pigliò per li capelli et mi dette di pugni con qualche apparenza di sangue.
I. se ingiuriò la detta Maria.
R. Signori, non posso sapere quel che mi disse, trovandomi tanto in colera per havermi cossì trattata, né so di haverli detto parole alcune d'ingiuria. Che essa mi habbi dato di pugni et pigliata per li capelli, si potranno examinare Bormo della Valesa, il reverendo curato e Francesco di Gioan di Pradella.
Qua dedit securitatem de parendo juri et judicato solvendo. Fideiussor fuit Balsarinus eius frater etc., obligando etc.
Eodem die.
Franciscus quondam Joannis de Pradella, testis, dixit: La verità è che fui presente al contrasto fra Maria di Lorenz et Domenega mia germana, moglie di Andrea Morsello, per causa che Andrea haveva rotto un gerlo a una sua putta, perché fosse andata a pigliar dil sternume in una sua boscola et la veri[t]à è che Maria mia germana, disse alla detta Domenega, (a) contrastando, che era una chiega. (8) Et Domenega disse: Ruffiana!, et che in Semogo vi erano 99 bechi, in Semogo, et che Domenega, figliola della detta Maria, fa il cento.
Et hoc est, nec fuit habitum etc. juramentum propter sanguin[it]atis attinentiam, essendo cugnato di Christoforo querelante.
Eodem die.
Coram domino offitiale Salvador, Burmus della Valesa testis interrogatus.
R. Al primo contrasto non li fui. Quando poi Domenega ritornò adrieto, ch'era stata in Isolacia, se appiciorno insieme la detta Domenega con la detta Maria, ma non so quale cominciasse. Maria disse: Chiega! a Domenica, e Domenega li disse della ruffiana, soggiongendo quelle parole: Tasi, che fori in Isolacia i rideno che sia 99 bechi in Semogo, et la sua figliola Domenica ha fatto cento. Maria, sentendosi dir ruffiana, saltò via e pigliò su le trece la detta Domenica, et era sgrignata (9) che li faceva un poco di sangue, ma poca cosa. Li separassimo.
Et dixit sia cugnato di Maria.
Die antescripta jovis 16 mensis maii.
Coram domino offitiale Salvador in causa querele contra Laurentium Sosium per Christoforum del Ponti, de qua sub die 12 mensis presentis, interrogatus etc. fuit Bormo quondam Jacobi de Rino.
R. La verità è che, inanzi alla casa dil detto Lorenzo dil Ponti, contrastando fra Christoforo dil Ponti, sua moglie Margarita per una parte et detto dil Sosio, per causa che il detto Lorenzo haveva levato alcune latte dalla sepe dil campo dil detto Christoforo, essa Margarita disse: Ladro che sei, che ti posso provarlo! Et Lorenzo rispose: Ti mentas come una stria! Et questo lo repplicò più volte. Et se dettero delle botte fra li detti Christoforo, Margarita et Lorenzo.
Et hoc est. Et qui juravit. Ad generalia dixit: Margarita è cugina di mia mogliere.
1624. Die mercurii 22 mensis maii.
Coram domino regente Joanne Petro Zenono, citata comparuit Maria quondam Columbani Guerini uxor Abondii predicti (b) sertor (10) de Semogo, que super querela contra eum data per Christoforum, eius filium, contra Dominicam uxorem Andree Morselli, de qua sub die 12 mensis presentis, dixit: Ritrovandomi in strada a Semogo, et vi era il reverendo curato, Bormo della Valesa et Francesco di Gioan de Pradella, passò oltra la sudetta Domenegha, alla quale dissi: Havete fatto ben, comare, a mandar il vostro marito a romper il gerlo alle mie putte! Rispose ch'era mercé (c) a romperlo. Poche altre parole furno dette, et essa andò in fuori verso Isolacia. Nel ritornare detta Domenica, essendo io anco ivi in strada con li altri sopranominati, et essa haveva un gerlo et un brento[n] in mano. Detta Domenica disse verso il reverendo: Voi, reverendo, dicete che mi tenga le fortune, che Maria cossì vi ha refferto. Il reverendo risponde dicendo: Sete in errore, che non ho detto le fortune, ma che havete la bona ventura. Rispose io dicendo: Sarò radigada (11) mi a dire la bona ventura. Soggiunse essa Domenica: Tu menti per la gola, ruffianona! (d) Poi se fece di sora della via et se chinò a pigliar un sasso per darmi. Mio figliolo Christoforo la branchò per lo gerlo, et alhora essa disse: Vi sono 99 bechi a Semogo, et vostra figliola ne ha menà un, che son cento. È vero che la brancai per il gerlo, quando mi dete della ruffiana, smenandola (12) un poco con il gerlo, quale però essa non lassò da dosso, né altra offesa gli feci, né parole alcune ingiuriose li dissi, come si potrano essaminare il detto reverendo, Bormo della Valesa, Francesco di Gioan di Pradella et sua mogliere Caterina.
Et que dedit securitatem de parendo juri et judicato solvendo. Fideiussor pro ea se constituit dominus Bernardus Quadrius, qui possit facere ratificare dicto ei[u]s marito. (e)
Die sabbati 25 mensis maii.
Coram domino pretore comparuit Andreas Morsellus de Semogo, maritus Dominice quondam Joannis de Pradella, petens examinari debere, videlicet: Joanninam uxorem Menici quondam Petri Zenis de Isolaccia et Abondium Tonii Filippi super eo quod viderint dictam Dominicam, eius uxorem cruentatam in facie ob percussionibus illatis per Mariam de Lorenz, de quibus in constituto dicte Dominice ad oppositionem querele contra eam per Christoforum, dicte Marie filium, sub die 21 mensis presentis etc.
1624. Die lune 27 mensis maii.
Coram domino pretore et dominis regentibus Burmii comparuit Bernardus Abundii dictus Monigatt, et interrogatus super rixa verborum sequta inter Laurentium Joannis del Sosio ex una [parte] et Margaritam, uxorem Christofori Marie de Lorenz, de qua apparet querela sub die 21 mensis presentis.
Interrogatus etc.
R. Ritrovandomi in strada appresso et sotto la casa di Nicolò de Dorico in compagnia dil suprascritto Christofenino, et era sera, sentimo uno, che con il levar da una sepe alcuni ramuti, (13) faceva rummore e ne scanevava (f) parte. Disse Christoferin: Questo sarà Lorenz Sosio, che mi toca le latte qui della mia sepe! Che poi fosse detto Lorenzo, ne no, questo Lorenzo doppo comparse ivi alla nostra presenza et d'alcune donne che quivi si ritrovano, il quale fu stimato che havesse pigliato volta (14) d'un'altra banda per comparere quivi. Christoforino disse: L'è qui il ladro delle latte! Lorenzo lo fece mentire, et essendo corse molte donne, che poi tutti si dicevano molte ingiurie et cattiverie, et chi ne diceva una et chi un'altra, al detto Lorenzo, dandoli del bozz, (15) perché ha una per moglie ch'è de quei di Bozz sor nome, et tale che detto Lorenzo disse a Margarita moglie dil detto Christoforo della stria. Christoforo et la sua moglie andorno via e portorno in qua le latte ch'il detto Lorenzo, o chi se fosse, perché mi non ho visto metter mano alle latte, se ben loro dicevano esser lui quello.
Et hoc est. Et qui juravit etc. Et dixit: Sarò un po' parente di Lorenzo, ma non so in che grado etc.
1624. Die veneris 14 mensis junii.
Coram domino offitiale ser Joanne Jacobo Salvador, citatus comparuit Laurentius quondam Joannis Sosii de Semogo, et ad oppositionem querele contra eum date per Christoforum quondam Laurentii del Ponti de Semogo, nomine Margarite eius uxoris, que ipsam imputaverit hoc verbum: Stria! et ut latius etc.
R. Mi non me aricordo che habbi havuto alcun contrasto con loro, né so che habbin portato querela, che io habbi detto simili parole.
Qui dedit securitatem de parendo juri et judicato solvendo contra dictum Christoforum et super dicta querela contra eum datam etc. Fideiussor fuit Antonius eius frater, obligando etc.
(a) Nell'originale: che Domenega mia germana, disse alla detta Maria
, con inversione dei nomi. Evidentemente fu Maria che ingiuriò Domenica.
(b) Nell'originale: predictis
.
(c) Lettura incerta. Dovrebbe valere "era un merito". Anno 1630: mercè ti, che mi son stria, che mi ha insegnà l'ava mia "è per merito tuo che". Corrisponde forse, come senso, a quanto sotto viene espresso con fortuna o ventura
.
(d) Nell'originale: ruffiananona
.
(e) Lettura incerta.
(f) Lettura incerta.
(1) È il primo processo per stregoneria di Domenica Pradella, che sarà di nuovo inquisita nel 1630 e nel 1644.
(2) L'istruttoria contro Domenica Pradella si intreccia con quella per le ingiurie a Margherita moglie di Lorenzo del Ponti.
(3) Giovanni Andrea Sermondi.
(4) Dial. monigàt, dimin. di mónich "sacrestano" (cf. SB020 e SB059). Qui si tratta probabilmente di un soprannome familiare.
(5) Dial. li làta "le pertiche" che si usano per fare siepi (Longa 123; cf. SB051).
(6) Dial. sc'ternùm, forb. sc'tarnùm "strame di foglie" (Longa 247-8), dal lat. sternere "sternere, stendere, sparpagliare", col suffisso collettivo -umen (REW 8248). Per il furto di strame vi sarà una controdenuncia. Cf. ACB, stesso fascicolo.
(7) Borm. sesgiòla "secchia non molto grande per il latte" (Longa 225). Nel seguito del processo di parla di brentó[n]
.
(8) Dial. céga, anche cìga "nebbia leggera" (Longa 46), qui nell'accezione traslata di "strega", perché si attribuiva l'addensarsi dei temporali alla presenza delle streghe nell'aria, levate a volo, o alla disseminagione delle loro polveri. La trascrizione chiega allude forse a una pronuncia mediopalatale della c- iniziale. Dal lat. caeca, propriamente "cieca" perché impedisce la vista (REW 1461). Com. scigh "torbido, fosco", cél scigh "cielo fosco per nebbie" (Monti 250).
(9) Dial. sg'grignàr, cep. sg'garignèr "scalfire, intaccare, graffiare" (Longa 228), forma sincopata da sg'grafignàr "graffiare".
(10) Qui pare ancora nel senso professionale di sartór "sarto" (Longa 217 e 330). La variante con e in posizione protonica è causata dal contatto con r. Da essa dipende il cognome Sertorio e il derivato dimunutivo Sertorelli (cf. anche SB011 e SB061), di fronte al soprannome forb. Sartorìn.
(11) Parola uscita dall'uso. Vale "sbagliata". Deaggett. dal lat. erraticus "errabondo, deviato, errato" (REW 2905), gen. ant. araigàr, pav. regàr "sbagliare", lomb. radegà(r) "trarre in errore, litigare, contendere", venez. radegàr, bol. aradgars "sbagliare"; berg., bresc. ràdech, mil., venz. ant. ràdega, ver. ràdego "lite, contesa", borm. ant. (a. 1598) da hier sera et stamattina ghe ràdego una livra… che de sabbato de sira su la mattina seguente gl'era radego per una livra (Rini 52); surselv. ràdich "differenza tra l'offerta e domanda" (Mussafia 92).
(12) Formazione con s- intensiva di menàr "scuotere, condurre intorno" (Longa 153). Rogolo menà "battere", el m'àa menàa "mi ha battuto" (Monti 399).
(13) Formazione analogica non più in uso, derivata da ram (chiamati sopra lata) con l'aggiunta del suff. dimin. -ùt.
(14) Dial. ciapàr l'òlta "fare il giro", dar, tör l'òlta "attraversare la strada a una bestia fuggita, per farla tornare indietro" (Longa 181-2).
(15) Dial. ant. bòz "caprone, becco", nel senso ingiurioso di "cornuto", anno 1564: volio andar su mi a tor un bozo; andete suso et il bozo era disperduto; 1565: Francischus filius dictus Bozus de Cepina; 1573: retornatemi il mio buzo, che se ò magnato, son buono da pagare; 1587: haveva portato un bozat mort lui; 1606: in stalla, presente una capra et duoi bozini; vi erano dei bozzi fastidiosi, borm. bócia "capra di un anno" (Longa 34), piatt., cep. bucìn, Isolaccia, forb., madd. bocìn "capretto", richiamo per sospingere le capre bòcia!, liv. bócia! (Longa 29-30; Monti 377), dal gallico *bukko- "bestia ircina", ted. Bock (REW 1378 e REWS 1378; DRG 2, 443; VSI 2.2, 552; AIS 6, 1046-7), bellinz., verz. bócc "becco" (Monti 23). Per il cognome Bozzi cf. Bracchi, BSSV 36, 79-80.
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