Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte invernale 1630-31 10 dicembre 1630; 14 gennaio 1 4 67 8 14 febbraio 1631

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Persone
Domenica della Gottarda di Semogo, detta Marenda
Procedimento giudiziario
Inchiesta su Domenica Della Gottarda di Semogo, detta Marenda, per stregoneria (10 dicembre 1630 - 14 febbraio 1631; ...)

Singolare la denuncia di correità, fatta dalla Chieriga junior, nel deporre di aver conosciuto al barilotto Domenica Marenda, salvo che fosse il demonio che aveva assunto le sue forme. Un'altra affermazione che rivela l'evanescenza del mondo delle streghe è l'affermazione che nei convegni notturni compariva da mangiare e da bere, ma che poi tutto svaniva.

Domenica riferisce anche un'affermazione di Abbondio Baroni che lascia intendere come fosse diffusa la convinzione della presenza di accoliti del demonio in Semogo. Egli infatti suscita un dubbio inquietante: "Se tu sapessi che gente è in questo Semogo, non mandaresti li tuoi figlioli tanto per le case a lavorare".

Die martis 10 mensis decembris 1630.

Coram magnifico concilio simul congregato fuit constituta Dominica, filia quondam Bernardi della Gottarda, uxor Polonii de Liruno de Semogo (1), educta e carceribus.

Et interrogata de causa sue carcerationis.

R. La sera avanti che fossi fatta prigione fui avisata da Gioan Antonio, mio fratello, che ero nominata per strega avanti l'Offitio, et che dovessi guardare li fatti miei. Io mi alterai con lui, dicendo che non era vero et che mi si faceva torto.

Et dettogli che è vero che è statta nominata, et però averti a dire la verità.

R. Non credo che niuno habbi deposto questo, perché non è vero.

Et dettogli se haverà a caro di sentirli in persona quelli tali che l'hanno deposta.

R. Signor, sì. Li faccino venire.

Extunc fuit ordinatum quod constituatur coram ea Jacobus quondam Petri de Brunengo de Semogo, qui eam deposuit. Et constitutus, fuit interrogatus se ha cognosciuto detta Domeniga nella sua compagnia.

R. Signor, sì. La ho cognosciuta che la veniva dove andavo ancora io in Platòr, che mi sonava un flaiol et lei ballava et saltava.

Cui illa opposuit: Prima vi farò mentire, et poi vi prego per l'amore di Dio a riccordarvi bene. Et sic genibus flexis illum oravit. Qui Jacobus respondit: Se tu mi hai cognosciuto mi, et mormorato di me, ancora io ho cognosciuta te.

Extunc fuit dictum dicto Jacobo che averti bene a dire la verità, et non lasciarsi trasportare da odio o inimicitia. Et amota dicta Dominica, fuit iterum benigne interrogatus ut velit bene recordari.

R. Signor, sì. Io la ho cognosciuta in Platòr.

I. da quanto tempo in qua.

R. Da sette anni in circa.

Successive fuit coram ea constituta Dominica Chieriga junior.

Et interrogata se ha cognosciuto la sudetta Domenica Marenda et in che loco.

R. Signor, sì. La ho cognosciuta benissimo al ballo in Verva, et so che non fo errore, salvo che se il diavolo fosse comparso in sua forma.

Cui dicta Marenda respodit: Et che male ho io fatto con te? Ho io fatto qualche malficio in tua compagnia, fatto venir giù qualche lavina, o ruina, o altro male?

Respondit Dominica Chieriga: Questo non dico. Dico solo che ti ho vista al ballo, quando vi andava io.

Qua confrontatione habita, fuit de ordine concilii ducta ad suum carcerem dicta Chieriga.

Et monita dicta Dominica Marenda ut velit veritatem fateri, cum iam sit convincta.

R. Mi non posso dire altro, perché son accusata a torto.

Et territa minis torture.

Respondit ut ante.

Extunc fuit ordinatum quod dicta Dominica Marenda reducatur ad suum carcerem, animo.

Die martis 14 januarii 1631.

Coram magnifico concilio fuit constituta dica Dominica.

Et interrogata se ancora vole dir la verità.

R. Ringratio Dio et voi altri, signori, che hanno havuto paciencia sino adesso, et credo l'haveranno ancora per l'avenire, perché son sicura, per gratia di Dio, che son innocente di questo male.

Et dettogli: Come puol dire di essere innocente, se è statta cognosciuta al ballo da Giacom di Franceschina et Domeniga Chieriga giovine, li quali gliel'hanno detto in faccia?

R. Lo dissero sì, ma vi misero il dubbio ancora. Et Giacomo di Franceschina mi portava odio perché, havendo il mio pastorello mescedato il bestiame con quello del detto Giacomo, et havendo detto bestiame patito, dissi: Convien che mi habbino striato il tos, (2) che quest'anno ha procurato così male il bestiame. Et lui mi voleva male per questo.

Et cum sepius interrogata ac benigne monita, nollet veritatem dicere, fuit ducta ad locum suum, animo.

Die sabathi primo februarii 1631.

Coram magnifico concilio ante lucem congregato, constituta dicta Dominica, educta a carceribus.

Fuit interrogata se in tanto tempo ancora si è disposta di dire la verità, avanti che sottoporsi alli tormenti.

R. Io non so che dire altro, perché non sono in questo errore.

Et dettogli come puol dir questo, essendo statta confrontata con quelli che l'hano deposta.

R. Mi han fatto torto tutti.

Et cum non posset aliud haberi, fuit ordinatum quod supponatur tormento torture pro veritate habenda. Quod factum est.

Et elevata fuit interrogata se vole dire la verità. Et monita.

R. Io non posso dire altro, perché son daben.

Elapsa media hora, fuit iterum interrogata et monita che vogli confessare la verità.

R. Hoimé! Mi han fatto torto. Non son tale.

Interim semper magna voce clamavit: Mi fan torto.

Et completa hora, interrogata.

Respondit ut supra, semper persistens in eius negativa.

Et sic fuit deposita et ducta ad locum suum, animo.

Die martis 4 februarii.

Coram magnifico concilio fuit iterum constituta dicta Dominica, et benigne interrogata ac monita ut velit veritatem dicere.

R. Ho! che me han fatto torto, che non son tale.

Et monita ut recedat a mendatiis et dicat veritatem, quia benigne tractabitur.

R. Non posso dire altro. Spero che loro signori vederanno poi la verità.

Et cognita pertinacia, fuit ordinatum quod lighetur ad funem, et ubi nolit veritatem dicere elevetur. Quod factum est. Et elevata cepit clamare: Hoimé! Misericordia!

Et benigne interrogata ac monita ut velit veritatem dicere.

R. Non posso dire cosa che non so. Mi han fatto torto.

Et monita sepius, respondit semper eodem modo. Et completa hora, persistens in negativa, fuit deposita et ducta ad locum suum, animo [prosequendi usque ad expeditionem cause].

Die jovis 6 februarii 1631.

Per magnificum concilium fuit ordinatum quod dicta Dominica tondetur, eique abradantur pili ad tolenda diabolica auxilia. Quod factum est.

Die veneris 7 februarii 1631.

Coram magnifico concilio ante lucem congregato fuit constituta dicta Dominica.

Et interrogata se ancora è disposta a dire la verità.

R. Se io sapessi come dire, lo direi et l'haverei detto avanti di adesso, ma non so cosa alcuna, et ho speranza in Dio et nella Madre santissima, che mi daranno patientia.

Et dettogli che non può scusarsi, stando che è stata cognosciuta a quelli balli, et ben lo sa, che glielo han detto in faccia.

R. Mi hanno fatto torto. Haverò havuto altri peccati per li quali sarrò cascata in questa disgratia.

Et territa minis et metu torture.

R. Iddio mi agiuterà ancora questa volta.

Extunc fuit ordinatum quod lighetur ad torturam et interroghetur. Et ligata fuit interrogata super principali.

R. Io non so cosa alcuna di questo, che son daben.

Extunc fuit elevata et interrogata.

R. Hoimé, mi fan torto!

Et monita saepe, nihil respondit nisi gemens et eiulans. Interrogata post lapsum tertium quadrantem se vole dire la verità.

R. Lasciatemi giù, che dirò la verità.

Et deposita, fuit interrogata et monita ut velit dicere veritatem.

R. Saranno otto anni che, avendomi guardata in parto Barbara Mottisella dell'ultima creatura che ho partorito, la quale haveva levata come comare, mi maleficiò la creatura et mi fece male ancora a me, che stei amalata un pezzo. Doppo che fu bandito mio marito (3) lei una volta mi condusse su nel bosco di Breitina, (4) et disse che voleva farmi havere buon tempo, et voleva far venire un bel giovine per mi, quale doveva chiamare per signore. Et così fece una croce in terra, credo con rami, et fecemi sentar sopra. Mi fece refudare Dio, la Madona et li Santi et chiamare quel maestro, o quel bel giovine, o il diavolo per signore, come feci, quale comparse. Io dissi: Giesù, Maria! Et quello disparve. Barbara mi cridò che havessi nominato Giesù, Maria, et mi avisò non dovessi più nominarli. Et di novo comparse lì quel bel giovine, quale adorai. Lui hebbe compagnia carnale con me et detta Barbara, havendo cominciato con lei. Pareva che portasse da magnare et da bere, ma ogni cosa svaniva. Poi ritornassimo a casa.

I. quando andò al ballo, et dove.

R. Andai la prima volta al ballo in Ca d'Angola. (5) Venne detta Barbara a chiamarmi di notte, mi mise atorno un panno agiacciato freddo, (6) et non so in che modo mi trovai là.

I. chi vi trovò a quel ballo.

R. Vi era quel diomeneguardi, (7) cioè il demonio, il quale faceva benvegnand. (8) Et ancora ho cognosciuto là le Chierighe, Catherina del Baron, Polonia del Folonaro, et Malgherta del Ponti, et Giacomina del Valar.

I. in che luochi altri sia andata al ballo.

R. In Cadangola et in Verva.

Addens: Io son andata puoco in quelli balli, perché quando venne il vescovo di Como (9) mi confessai tanto bene da un delli suoi preti, che restai sodisfatta, né mai più son andata a quelli balli. Et se non fosse statto quello che ero confessata, non mi lasciava rovinare la mia vita, perché doppo la confessione ero innocente et credevo che, essendo scusa da Christo, non mi havesse lasciata trattare a quel modo. Dicevo tra me stessa: Se confessarò così, non melo credaranno, et che farranno delli fatti miei?

Monita ut velit reliquos socios nominare.

R. Li voglio dir tutti, se mi riccordarò, ma hoggi non mi trovo memoria.

Quibus stantibus, fuit denuo ducta ad locum suum, animo.

Die sabathi 8 februarii.

Coram magnifico concilio ante lucem congregato, fuit constituta Dominica Marenda.

Et interrogata se ha pensato di giongere quello che manca al suo constituto.

R. Io voglio dire la giusta verità. Intesi da quella Barbola che nella scuola erano Balsar Pradella et la moglie di Christoforo del Cottolo, della quale ho inteso a dire che, havendo lei mormorata la Chieriga, che gli havesse maleficiato il bestiame, la Chiriga disse: L'haverà maleficiato lei, che la è più strega che non son mi.

I. da chi habbi inteso questo.

R. Non mi riccordo certo.

Ancora diceva che il Francotto fosse nella compagnia.

Et dettogli che dica se ne ha cognosciuto altri.

R. Signor, non ho cognosciuto altri. Volete che le scusi loro, et incaricare (10) l'anima mia?

I. che maleficii habbi fatto.

R. Niuno. Non so come dire.

I. come habbi fatto l'onguento.

R. Non ne ho fatto minga.

I. chi glielo habbi datto.

R. Niuno.

I. come donque andava al ballo.

R. Barbara mi diede un strazzo come dissi hieri.

I. dove sia.

R. Non lo so.

Et monita ut velit veritatem dicere.

R. Barbara mi dava un bastone et diceva che haveva su l'unguento et tutto.

I. come adoperava quel bastone.

R. Mi no l so.

Et monita ne occultet veritatem.

R. Montavo a cavallo a quel bastone et andavo al ballo.

I. di novo dell'onguento.

R. Lei me ne diede un puoco su in un cucchiaro.

I. dove l'habbi.

R. L'ho fornito. (11)

I. a che l'habbi adoperato.

R. L'adoperava per andare al ballo.

Et dettogli che lo consegni, altrimenti non si fidarà il conseglio di lasciarla andare a casa, per timore che non torni ad adoperarlo.

R. Ho detto tanto, che a casa so non mi lasciaranno andare. (12)

Et monita ut velit confidere et veritatem dicere.

R. La verità la ho detta, né altro so.

I. delli altri compagni.

R. Non ne so altri, perché comparevano stramutate di habiti et di faccia.

Et cum non posset aliud haberi, fuit de ordine concilii ligata ad funem. Et denuo ibi interrogata come habbi fatto a fare l'onguento et polveri.

R. Mi non ne ho fatto minga, ma son stata presente con Martholina nel cimiterio di Sant'Abondio, di notte, che tolse fuori del cimiterio una figliolina di Gioanni Fen. Lei la tolse nel scossale et portolla alla sua casa, alla Sciagona. (13) La quale, acceso il fuoco, pose detta creatura sopra le bragie et la fece rostire sin tanto ne fece polvere, della quale me ne diede parte in un scatolino rotondo, il quale è su alle Arsure in una canova, in una coronella, (14) ma non vi è dentro più niente.

I. a che cosa habbi adoperato detta polvere.

R. La butavo adosso al bestiame di Balsarino di Pradella, ma non gli facevano male.

I. che compagni habbi cognosciuto d'altri.

R. Oltre li antescritti, ho cognosciuto Balsar di Pradella, Giacom di Franceschina et Giacomo di Poz, quali cognobbi al ballo in Platòr. Ancora ho cognosciuto Mighina del Cottolo et la Castelera pure in Platòr.

Addens: Quella Barbara Mottisella mi acertò che era nella scuola sudetta il Francotto et la moglie di Christoforo Cottolo.

I. chi habbi cognosciuto in compagnia ai balli, o nel far l'unguento, overo a far maleficio alle creature overo bestiami.

R. Non ho fatto maleficio a creatura alcuna, sol che a certi armenti de Balsarino de Pradella, che non morsero, ma bene andorno da male alcune capre de Cristoforo del Vallar.

I. quanto tempo sia ch'habbi fatto questo.

R. Non è l'anno ancora; né son morte neanche le capre de Cristoforo del Vallar, habenché gli havesse giettato della polvere sopra esse.

I. Dite la verità se, con queste polveri o unguento, havete maleficiate delle creature o bestiami.

R. Signori, no. Sol quelli bestiami di sopra aricordati.

I. Havete voi insegnato questa mala professione alli vostri figlioli, o ad alcuni d'essi?

R. Signori, no, certo.

I. se ha conosciuto Martha d'Urbanino et sua sorella Mighina.

R. Signori, sì. Ho conosciuto Martha d'Urbanino del certo in Platòr, ma Mighina sua sorella non lo so sicuramente. Mi pareva bene che vi fusse ancora detta Mighina attorno al fuoco a saltare con le altre, et l'ho conosciuta per le vesti, ma per la faccia non troppo bene, puoiché era dessomoglià (15) più brutta del solito.

I. Havete conosciuto la moglie di Cristoforo Cotollo in proprii fatti?

R. Signori, no. Sol che ho inteso de Barbara Mottisello che nominò questa con quelle de Pradella, cioè Malgherta, Dominica Castellera, Balsarino fratello, Polonia del Follonaro, le Chierige, Menena de Zen de Marco su alle Arsure, Gioan Franchotto.

I. Havete conosciuto altre persone della Terra di Bormio o delle 3 Vallate o de Livigno, che sian de questa camerata? (16)

R. Signori, no, certo, non ho conosciuto altri.

I. che mal habbi fatto in questi anni che è statta in dominio del demonio, essendo noi informati che ogni giorno hanno di far qualche male.

R. Signori, non ho fatto altro male di quello ho detto.

I. quanto tempo è che habbi butato quella polvere adosso al bestiame di Balsarin.

R. Sarranno circa duoi anni.

Addens: (a) Io son disposta di morire in pena del mio peccato.

I. in che luochi sia stata al ballo.

R. in Platòr, Cadangola et in Verva.

Et cum non posset aliud haberi, fuit denuo conducta ad locum suum, animo.

Die veneris 14 februarii 1631.

Coram magnifico concilio iterum constituta dicta Dominica, fuit interrogata se si è riccordata altro di giongere alle sue depositioni.

R. Non altro, solo che mi riccordo che Abondio del Baron una volta mi disse in casa mia: Se tu sapessi che gente è in questo Semogo, non mandaresti li tuoi figlioli tanto per le case a lavorare. Un altro giorno mi disse che haveva cridato con Balsar di Maiol suo barba, (17) il quale gliene haveva detto tante quante haveva potuto, cioè ladro, furbo, strione.

I. se essa haveva cognosciuto le tante persone che diceva detto Abondio, et se quelle venevano alli barlotti.

R. Signor, no, che io non ho cognosciuto altri che le Chierige et quelle ho nominato.

I. se si riccorda havere cognosciuto, con Martha di Urbanino, Mighina di Ruinazza, sorella di detta Marta.

R. Martha l'ho cognosciuta bene, ma Mighina no. Et se lo sapessi, lo direi per certo, se [anche] fosse mio padre o li miei figlioli.

Eadem die.

Per magnificum concilium Burmii fuit ordinatum quod dicta Dominica constituatur in loco tormentorum, et ligata ad funem elevetur pro confirmatione habenda. Et sic elevata, fuit diligenter interrogata super singulis per eam confessis. Que ratificavit omnia deposita et scripta, in omnibus et per omnia de singulo ad singulum in forma.

Et monita che averti a non fare torto ad alcune persone.

R. Non ho fatto torto ad alcuno. Ho detto solo la verità.

Qua ratificatione stante, fuit deposita et ducta ad locum suum, animo.

Eadem die.

Stante consignatione facta per admodum reverendum dominum vicarium magnifico concilio de persona dicte Dominice tanquam heretice, fuit per ipsum magnificum lata sententia contra ipsam Dominicam, quod lectis processibus in locis publicis consignetur in manibus carnificis, et ducta ad locum justitie decapitetur, et corpus suum cremetur.

Ulterius bona sua sint confiscata et applicata magnifice Comunitati.

(a) Le tre righe seguenti sono scritte anche sulla copertina interna del fascicolo, segno che il quaderno è stato aggiunto successivamente.

(1) Era sorella di Maria e Antonio fu Appollonio, detto il Marenda, più volte processato. Cf. in particolare il processo in ACB, Quaterni inquisitionum, 1656, marzo 14. Maria, madre del Marendin sarà giustiziata come strega nel 1672.

(2) Borm. ant. tós "ragazzo", voce scomparsa, dal lat. tōnsus "tosato", secondo un uso invalso presso i Longobardi e forse già presso i Goti (REW 8785).

(3) Il 21 settembre 1622 venne sostituito da Giacomo Marni di Isolaccia il consigliere Antonio Cottolo. Il giorno seguente il consiglio, per li sospetti che si hanno per la morte di messer Antonio Cottolo di Semogo, deliberò la cattura di Tonio di Balserino de Maiol (Lanfranchi), autore del delitto e Appollonio, detto il Marenda, complice. Furono banditi il 27 settembre e nell'ottobre si incarcerarono Cristoforo fu Bernardo de Mighina, Balsar de Scalotta e Cristoforo fu Francesco di Lorenzo, ai quali, con partito del 26 ottobre, fu proferto l'infrascritta imputatione, cioè che qual di loro manifestarà la morte del detto Antonio con le circostanze (il primo cominciando da Cristoforo del Valar, poi di Cristoforo di Bernardo di Mighina, terzo da Balserino di Scalotta, incarcerati) che acetta il partito, mantenendo quanto manifesta, quel tale sia libero della pena della vita. Il 28 gennaio 1623 si inviarono ai giudici della Serenissima Repubblica di Venezia lettere per la cattura e consegna ai magistrati bormini dei due banditi Tonio Maiolo e Appollonio Marenda. Cf. anche nelle trascrizioni fino al 1600, il processo per ingiurie a Antonio di Antonio Cottolo.

(4) Bósc'ch, dòs de Breïtìna, sulla sinistra di Val Viola (Longa 310), negli Statuti boschivi: De busco de Breytina: Item quod totum nemus de la Breytina sit tensum (StNBorm, c. 16); 1588: in nemore Beraitine cum consillio dicti nemoris procuratoris (QCons). Dal longob. braida "pianura, distesa di terreni" (REW 1266), che nelle lingue romanze assume accezioni più specifiche, quali: "contrada suburbana", o semplicemente "podere, terreno chiuso" perché destinato a coltivazione pregiata (Bettoni, QS 18,131-2).

(5) Rin de Cadàngola la parte inferiore della Val d'Esòla (Longa 311). La segmentazione del toponimo denuncia la reinterpretazione etimologica del primo elemento come "casa", termine che a Bormio non era usato. Poco sotto avremo Cadangola. Si tratta invece di "campo d'angolo" (Bracchi, BSSV 42,612; 51,54-5).

(6) Come dirà più sotto, doveva servire per trasportarla a volo al luogo del convegno. Di solito montano un animale o il bigollo delle secchie, dopo averlo spalmato di unguento magico (il baialone onto). Anche Giacomina, sotto l'incalzare delle domande, finirà per ammettere che Barbara sua complice le procurava un bastone et diceva che haveva su l'unguento et tutto.

(7) Denominazione tabuistica, fondata sull'innominabilità del diavolo, per non evocarne la presenza. Al posto del nome del demonio, è rimasta la formula di esorcismo alla quale si dovette inizialmente fare ricorso per tenerlo lontano. Anno 1631: mi condusse su alle Stabline, che parve un soffio di vento mi havesse portata là, dove ritrovai il diomeneguardi con altra gente che ballavano; 1675: era in nostra compagnia quello che Dio ne guardi. Buttassimo la polvere per la ruina, in nome di quello che Dio ne guardi (QInq).

(8) Faceva i convenevoli di benvenuto. Anno 1631: dissi ch'era venuta ivi a far tramaz et a ballare. Ben vegnand, egli mi rispose (QInq). Anno: 1676: la sira lo benedisse e la sera veniand [= seguente] morse (QInq).

(9) Il riferimento è forse alla visita pastorale di monsignor Lazzaro Carafino nel 1629.

(10) Borm. ant. incargàr "caricare, sovrapporre un peso", cargàr "caricare" (Longa 103).

(11) Borm. fornìr "finire, terminare", valli furnìr (Longa 73). Lat. fīnīre "finire" con sovrapposizione di francone *frumjan "promuovere; eseguire, compiere" (REW e REWS 3314 e 3541; DEI 3,1693; VEI 449). Gros. furnìr "finire, ultimare" (DEG 394).

(12) L'imputata non crede alle lusinghe che i giudici intercalavano alle minacce, entrambe allo scopo di estorcere quelle confessioni che secondo essi dovevano costituire la verità.

(13) Località e soprannome familiare, di etimologia non definita.

(14) Borm. ant. coróna "rastrelliera o scansia dove si mettono le stoviglie" (Longa 114), lat. cŏrōna, perché disposta attrono alle pareti (REW 2245; Bracchi, BSSV 42,78-9).

(15) Voce scomparsa, probabilmente formazione avverbiale ricavata da un verbo desomigliàr, non attestato, che dovrebbe significare "dissomigliare, essere del tutto diverso", lat tardo dis negativo e *sĭmĭliāre "rendere simile, comparare" (REW 7925).

(16) Il termine camerata con questa accezione appare soltanto qui in modo isolato. Risulta sinonimo di scola, compagnia, ridotto.

(17) Borm. ant. bàrba "zio" (Longa 26-7), probabilmente dal lat. barba come contrassegno di dignità maschile (REW 944; LEI 4,1171).