L'Economato ducale, poi regio o regio apostolico (sec. XIV - 1767)

L'origine dell'ufficio economale

Ufficio ducale e poi regio, istituito nel XIV secolo; fu soppresso nel 1767. Il primo decreto ufficiale in materia beneficiaria nel Milanese venne emesso da Bernabò Visconti l'11 ottobre 1372; tuttavia già nel 1362 Gian Galeazzo aveva istituito un ufficiale addetto alla raccolta dei redditi dei benefici vacanti di nomina ducale. Il 23 dicembre 1394, poi, egli nominò il consigliere Fabrizio Tempio deputato maggiore alle materie economali e, il 4 luglio 1395, vietò a chiunque di prendere possesso dei benefici apostolici senza licenza ducale o placet (ASMi, Culto, p.a., cart. 45). Nel corso del XIV secolo per la materia beneficiaria non venne istituito alcun ufficio particolare e pertanto tale ambito politico-amministrativo rimase sotto la diretta dipendenza dei duchi, che durante le vacanze dei benefici maggiori, come l'arcivescovado, i vescovadi, le abbazie maggiori e i benefici con rendite superiori ai 50 fiorini, nominavano di volta in volta un economo particolare addetto alla riscossione dei frutti che venivano poi versati nelle casse ducali; è da rilevare che in questo periodo continuarono a operare a fianco degli economi ducali dei collettori apostolici nominati dal papa. Nel 1401 i Visconti emanarono un ordine per affermare il diritto ducale allo spoglio di tutti i beni ecclesiastici posti entro il loro principato (AGS, Secreteria Provinciales, legajo 2016): bq. nostra plenitudine potestatis..., determinamus et iubemus, quoad persona aliqua civitatis status, gradus, conditionis, preheminentiae, aut dignitatis existat non audeat nec presumat de coetero se de novo investiri facere ab aliquo Archiepiscopo, Episcopo, Abbate, Priore, ordine ecclesiastico, Prelato, Rettore, Magistro, Ministro, officiali ecclesiastico, Benefitiali, Conventu, Capitulo vel Monasterio, nec ab aliqua Abbadissa, Priorissa, Ministra, Tutrice, vel Gubernatrice alicuis Ecclesia.

L'affermazione dei diritti principeschi

Tutti gli ecclesiastici compresi nel decreto ebbero da quel momento l'obbligo di richiedere l'investitura ducale ogni nove anni e in caso di mancato rinnovo tutti i beni erano devoluti alla camera ducale. La reiterazione di questi ordini, con alcune integrazioni, avvenne nel 1411, 1417, 1428 e 1442. Malgrado questa precisazione l'attività di economato e di placitazione non venne affidata a un organo istituzionale precisamente strutturato e di conseguenza nel corso del XV secolo i duchi viscontei si limitarono a dare di volta in volta tali incarichi a uno o a più ufficiali. La piena affermazione del diritto principesco in ambito beneficiario avvenne con la bolla pontificia concessa a Francesco Sforza da Niccolò V il 1 aprile 1450; con questo atto vennero attribuiti al duca il diritto di proporre i beneficiari e quello di placitare le nomine dei provvisti. L'anno successivo venne nominato per la prima volta un economo generale, Leonardo Brunelli da Brivio, con il compito di vigilare, attraverso l'istituto del placet, che i benefici ecclesiastici presenti nello stato fossero assegnati a persone gradite al principe, le quali erano tenute a rinnovare l'investitura in accordo alle direttive del 1401. L'attività economale però non venne affidata a un ufficio organicamente strutturato e pertanto i duchi successivi diedero il compito di amministrare la materia beneficiaria a uno o più consiglieri. Tali provvedimenti vennero ribaditi, con alcune variazioni e aggiunte, nel 1457, 1458, 1466, 1475 e 1492. Tutte queste disposizioni, per maggiore certezza di pubblicità, vennero registrate presso l'ufficio degli statuti, detto Panigarola, e presso l'archivio del magistrato straordinario.

Vicende dell'economato tra Francia e Spagna

Durante la dominazione francese l'economato venne conservato e valorizzato da Luigi XII e da Francesco I. Difatti, nel 1501 Luigi XII nominò, su modello del confessore maggiore operante in Francia, un economo maggiore per tutto il ducato di Milano, Pietro Giovanni Angelo da Gallarate. Quando l'imperatore Massimiliano I d'Absburgo riconquistò il Milanese vennero soppressi tutti gli uffici secolari che si occupavano di materia beneficiaria, ma nel 1515 Francesco I di Valois, dopo avere sconfitto le armate imperiali e avere ripreso il controllo del ducato, si premurò di ricostituirli. Il re di Francia tra il 1518 e il 1520, poi, estese il concordato di Bologna ai territori italiani di nuovo acquisto, dando origine a un sincretismo tra la tradizione economale gallicana e quella milanese; da questo momento i frutti raccolti durante il periodo di vacanza dei benefici ecclesiastici vennero conservati per il successore, detraendo solo gli stipendi degli ufficiali che lo avevano amministrato. Per semplificare le attività dell'economato i re di Francia ne affidarono la supervisione al governatore e lo stesso fece anche Carlo V dopo il 1535.

Contrasti con la curia pontificia

Nel 1522, quando il Milanese venne restituito a Francesco II Sforza, fu nominato economo generale Giacomo Stampa, poi sostituito da Francesco Casteni o Castani per ordine del luogotenente imperiale Antonio de Leyva e l'8 maggio 1527 egli rinnovò tutti gli editti ducali riguardanti l'economato, indicandolo come «Economato Cesareo», affinché fosse possibile agire con maggiore incisività a favore del fisco ducale. Da quel momento tutti i frutti, i censi e gli affitti riscossi durante le sedevacanzie dei benefici ecclesiastici vennero puntualmente versati alla camera ducale. Nel 1528 il Casteni morì e il 28 maggio 1528 il de Leyva assegnò l'incarico ad interim a Paolo della Torre, professore di teologia presso l'Università di Pavia, città dove egli ricopriva l'ufficio di subeconomo provinciale. I provvedimenti del rappresentante imperiale vennero però aspramente contestati dalla curia pontificia e nel 1528 Clemente VII si accordò con lo Sforza affinché l'economo ducale fosse obbligato a ottenere l'approvazione dal papa e operasse a favore della Santa Sede. A questo scopo il papa inviò all'economo generale precise istruzioni perché l'amministrazione dei beni ecclesiastici vacanti avvenisse a nome della camera apostolica e a essa fossero versati i frutti. Da questo momento l'ufficio venne indicato come economato ducale e apostolico. Tale doppia investitura venne però aspramente contestata dopo il 1535, quando il ducato passò sotto il diretto controllo dell'imperatore Carlo V Absburgo.

Riorganizzazione dell'economato nel XVI secolo

L'affermazione del predominio absburgico portò a una riforma dell'economato, che venne organizzato secondo una rigida struttura gerarchica, in cui l'economo generale occupava il vertice. Alle sue dirette dipendenze vi erano un notaio collegiato, che fungeva da cancelliere e suppliva il generale in caso di sua assenza o morte, e un sopraintendente. Nelle province vennero invece istituiti dei subeconomi, il cui ufficio aveva lo stesso organigramma di quello del capoluogo. Le sedi dei subeconomati erano: Alessandria, Bobbio, Como, Cremona, Lodi, Novara, Pavia, Tortona e Vigevano; tuttavia vennero istituiti anche dei subeconomati per il Vercellese e per il Piacentino nei periodi in cui questi territori caddero sotto la dominazione spagnola, mentre in Valtellina, sotto protettorato spagnolo dal 1639, operarono in modo discontinuo incaricati dell'economo generale di Milano. Infine, venne deciso che il generale fosse sempre un ecclesiastico che godesse la piena fiducia del principe e di conseguenza la maggior parte degli economi venne nominata tra i membri della collegiata di Santa Maria della Scala, già chiesa e cappella ducale e divenuta regia con Carlo V; essa fu poi elevata a dignità vescovile da Clemente VII nel 1531, esentandola così dalla giurisdizione dell'arcivescovo di Milano. Dopo la pubblicazione delle regie costituzioni del 1541, inoltre, tutti i beni collegiali vennero assoggettati alla supervisione del magistrato straordinario, tribunale con il quale l'economato collaborava per controllare i feudi soggetti all'autorità ecclesiastica. A seguito di questi provvedimenti il regio ducale economo ampliò enormemente le proprie facoltà; tuttavia alla Sante Sede venne concesso di approvare le nomine degli economi generali.

I conflitti giurisdizionali con Carlo Borromeo

Dal 1542 in poi all'economo generale venne affidata la riscossione dei sussidi del clero alla corona e delle decime, l'amministrazione economica e giuridica dei benefici ecclesiastici vacanti presenti nel ducato di Milano, compresi quelli direttamente sottoposti agli ordinari diocesani, e l'applicazione del diritto di placito e di exequatur su ogni ordine, atto, documento proveniente da Roma o emesso dai vescovi dello stato. A tale scopo Carlo V ordinò al senato di coadiuvarlo, e da quel momento in poi il supremo tribunale designò sempre due senatori addetti alle materie economali, mentre al magistrato straordinario fu ordinato di assistere l'economato in ambito annonario, oltre che in quello feudale. Dopo questi provvedimenti il regio economato poté operare senza particolari ostacoli fino alla nomina ad arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, il quale, d'accordo con la Santa Sede, cercò di porre sotto il proprio controllo sia l'economato sia la collegiata di Santa Maria della Scala, in modo da porsi come unico referente in ambito ecclesiastico. Il conflitto giurisdizionale che ne seguì portò a una crisi dell'economato regio, che per l'aggressiva politica posta in atto dall'arcivescovo non fu più in grado di fare rispettare i propri ordini. I successori di Carlo Borromeo, Gaspare Visconti e Federico Borromeo, proseguirono con successo la politica di indebolimento dell'economato e riuscirono così a estendere la propria giurisdizione entro lo stato di Milano. Tale ampliamento del potere ecclesiastico nel Milanese venne sanzionato dall'ordine regio del 1610, che pose seri limiti all'attività laica in ambito beneficiario, e dalla concordia giurisdizionale del 1615-18, che restrinse le possibilità di ingerenza secolare negli altri settori della Chiesa milanese.

La politica dei governatori nella materia economale

I governatori di Milano, però, anche in contrasto con le direttive provenienti da Madrid, si ersero a difesa delle prerogative dell'economato e a tal fine, quando possibile, nominarono economi generali ecclesiastici spagnoli o lombardi estranei ai gruppi dirigenti della capitale, come Juan Duarte e Pietro Fauno Costachiara, ma questi tentativi diedero risultati assai parziali. Nel 1641-42 l'economato regio riuscì a ripristinare le proprie facoltà grazie al diretto intervento di Filippo IV, il quale emanò regie istruzioni per regolamentare in modo preciso le mansioni dell'istituto. Con tale provvedimento fu stabilito che l'economo generale fosse un ecclesiastico di nomina regia o governativa e suo compito precipuo era registrare tutte le vacanze di benefici ecclesiastici, sia maggiori che semplici, con l'aiuto di subeconomi provinciali, anch'essi ecclesiastici, scelti direttamente dall'economo generale. I benefici rimasti vacanti dovevano essere sequestrati e amministrati dagli economi o da loro delegati, e nel corso della gestione economale i residenti e i lavoranti avevano l'obbligo di pagare, nonostante la bolla leonina e la pretesa immunità del clero, i carichi, i censi e i livelli, oltre alle decime ecclesiastiche, che però erano corrisposte alla camera apostolica. Le somme esatte, detratti gli stipendi degli ufficiali economali, erano depositate presso il banco di Sant'Ambrogio in attesa di essere versate al nuovo provvisto, che aveva l'obbligo di chiedere il placito al re, al governatore o allo stesso economo generale. Per i benefici posti nelle province i nuovi provvisti avevano l'onere di chiedere un placet sia all'economo generale sia al subeconomo provinciale e quest'ultimo poteva negarlo se il richiedente fosse risultato sprovvisto dei requisiti canonici o con procedure giudiziarie o amministrative in corso in loco. A fine incarico gli ufficiali dell'economato erano soggetti al sindacato di un segretario del senato, che aveva il compito di verificare che non fossero stati commessi errori o abusi. Tutte le cause e le controversie riferibili all'operato degli ufficiali erano sempre e solo di competenza del senato, la cui sentenza era inappellabile.

Importanza della politica beneficiale

Filippo IV delegò successivamente all'economo generale l'incombenza di vigilare che ogni bolla, citazione, decreto, esecuzione e provvisione proveniente da Roma non danneggiasse i diritti e i poteri del re, le consuetudini dello stato e i princìpi del diritto pubblico; a questo scopo all'ufficiale regio fu concesso il diritto di applicare l'exequatur. In tal modo si voleva impedire che i benefici maggiori come l'arcivescovado, i vescovadi, le abbazie commendatizie e i feudi maggiori fossero assegnati a persone poco gradite alla corona o nominati da un principe straniero, come il pontefice. Infine, il 30 agosto 1641, il consiglio d'Italia di Madrid ordinò all'economo di agire senza tenere conto dell'ordine regio del 1610 e gli impose quindi di sequestrare tutti i benefici di collazione regia, pontificia o episcopale, i cui possessori fossero privi del regio placet (ASMi, Culto, p.a., cart. 247). I governatori di Milano tuttavia ritennero tali disposizioni troppo favorevoli al senato, poiché essi avevano constatato che quel collegio spesso agiva più in difesa dei propri interessi patrimoniali che a favore degli interessi della corona e di conseguenza nella seconda metà del XVII secolo nacquero vari dissidi tra i rappresentanti regi e il supremo tribunale di Milano, specie quando all'interno del supremo tribunale prevaleva la fazione più legata all'oligarchia lombarda. Malgrado questi contrasti il regio economato riuscì a limitare le ingerenze della Santa Sede nello stato di Milano e gli economi generali milanesi continuarono ad agire nel rispetto delle regie istruzioni del 1641 fino alla fine del dominio spagnolo.

La politica austriaca e il censimento dei benefici immuni

Fu solo nel 1704, durante la guerra di successione spagnola, che l'arcivescovo di Milano Giuseppe Archinto (1699-1712), appoggiato da Filippo V di Borbone e dal suo governatore, riuscì a imporre al senato un economo generale di sua scelta, Francesco Belcredi, il quale giurò fedeltà a papa Clemente XI. Tuttavia nel 1706, quando lo stato di Milano fu riconquistato dalle armate imperiali, vennero ripristinate le regie istruzioni del 1641 e l'economo generale imposto dall'arcivescovo venne sostituito dal canonico della collegiata di Santa Maria della Scala Francesco Maria Visconti. Nel 1715, l'imperatore Carlo VI dichiarò invalide tutte le nomine a benefici ecclesiastici ottenute con la sola approvazione pontificia, poiché in contrasto con la legislazione vigente nel Milanese. Lo stesso anno il sovrano diede ordine al regio economo di redigere un elenco dei benefici immuni esistenti nello stato per poter imporre il "Vitaglio", che era una imposta dell'8% sopra i beni esenti da riscuotere consecutivamente per cinque anni. Tale elenco, integrato e ampliato nel 1751, illustra chiaramente la crescita numerica dei benefici ecclesiastici, sia maggiori che minori, tra il 1564, quando erano circa 2200, e il 1751, quando il loro numero ascese a ben 5295. Anche in questo caso emerse chiaramente che buona parte dei benefici erano stati eretti per ragioni patrimoniali prettamente privatistiche e che il senato e il clero lombardo spesso erano complici nell'eludere i controlli degli ufficiali economali a discapito della corona.

L'ufficio economale soggetto direttamente alla corona

Lo scontro tra ufficiali regi e oligarchia milanese continuò fino al 10 settembre 1751, quando il governatore Gian Luca Pallavicini pubblicò precise istruzioni per dare esecuzione al decreto regio del 13 luglio 1745, fino ad allora solo parzialmente attuato. Con questi provvedimenti furono ribadite le regie istruzioni del 1641, venne vietata la pubblicazione della bolla In Coena Domini e della Prammatica Sanzione di Benedetto XII e, infine, fu esteso il regio economato alle nuove province di Mantova e di Parma e Piacenza. Negli anni successivi le interferenze del senato vennero sempre più limitate e la nomina dell'economo generale venne riformata in modo da rendere tale ufficio soggetto direttamente alla corona; a questo fine il governatore ebbe l'incarico di scegliere una terna di persone fidate entro la quale la sovrana Maria Teresa d'Austria potesse scegliere l'economo generale. L'attività dell'economato, la cui incisività fu rafforzata dal concordato del 17 dicembre 1757, continuò senza altre particolari trasformazioni fino al sovrano dispaccio del 1765, quando venne istituita la giunta per le materie ecclesiastiche, composta da due senatori e dal regio economo, ai quali si poteva aggiungere, a discrezione del governatore, il fiscale regio.

Sopravvivenza del regio economato

Il regio economato, strutturato secondo le regie istruzioni del 1641-42, continuò a essere attivo nel territorio del regno di Sardegna, dove venne adottato nel 1707. L'economato "lombardo" continuò così ad operare fino all'unificazione d'Italia, quando le sue funzioni vennero trasferite al ministero di grazia, di giustizia e del culto, che mantenne pressoché invariata la struttura dell'istituto fino al 1929.

Riferimenti bibliografici

ANSANI M., Note sulla politica ecclesiastica degli Sforza, in J. M. Cauchies - G. Chittolini (a.cura), Milano e Borgogna. Due Stati principeschi tra Medioevo e Rinascimento, "Atti del convegno internazionale di Milano del 1-3 ottobre 1987: Università degli Studi di Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Centre Européen d'études bourguignonnes, Centro studi «Europa delle Corti»", Roma 1990, pp. 133-157. - Idem, "quod ad aures Lombardorum non veniat": osservazioni intorno al cosiddetto indulto di Niccolò V a Francesco Sforza, in R. Delle Donne - A. Zorzi, Le storie e la memoria. In onore di Arnold Esch, estratto a stampa da "Reti Medievali, E - book, Reading - 1", pp. 53-67. Appendix historica de Regio Ducali Aeconomatu, 17 settembre 1704. Miscellanea BNB, ZCC.V.9/3 BERTANI F., S. Carlo. La Bolla Coenae. La giurisdizione ecclesiastica in Lombardia, ossia considerazioni storiche - critiche - canoniche sopra documenti di stato austriaci riguardanti conflitti fra Stato e Chiesa pubblicati da S.E. Stanislao Mancini, tip. S. Ghezzi, Milano 1888. CHITTOLINI G. (a cura), Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Strutture e pratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450 - 1535), Napoli 1989. DELL'ORO G., Il Regio Economo nel ducato di Milano e nei domini sabaudi e la questione dei benefici ecclesiastici durante l'Antico Regime, in C. DONATI - H. Flachenecker (a cura), Le secolarizzazioni nel Sacro romano Impero e negli antichi Stati italiani: premesse, confronti, conseguenze, coll. "Annali dell'Istituto storico italo germanico in Trento", 16, Bologna - Berlino 2005, pp. 57-98. - Idem, Il Regio Economato di Milano: uno strumento di difesa e di controllo delle frontiere interne ed esterne, in C. DONATI (a cura), Alle frontiere dello Stato di Milano (XVI-XVIII secolo), Atti del Seminario di studi tenuto il 22 giugno 2005 presso il Dipartimento di Scienze della Storia e della Documentazione Storica dell'Università degli Studi di Milano, F. Angeli, Milano 2006 (in corso di stampa). DE LUCA G., «Traiettorie» ecclesiastiche e strategie socio - economiche nella Milano di fine Cinquecento. Il Capitolo di S. Maria della Scala dal 1570 al 1600, in "Nuova Rivista Storica", 77, 1993, pp. 505-569. MANCINI S. (ed.), Documenti inediti o rari delle relazioni fra lo Stato e la Chiesa in Italia, a cura del Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti, 2 voll., tip. Botta, Roma 1881-1882. GALANTE A., Il diritto di placitazione e l'Economato dei benefici vacanti in Lombardia, Milano 1894 - Idem, Beneficio ecclesiastico, in Enciclopedia Giuridica Italiana, II/1, Milano 1895. - Idem, Giuspatronato in Enciclopedia Giuridica Italiana, VIII/1, Milano 1913. GHISALBERTI G. A., Il diritto di regalia sui benefici ecclesiastici in Italia (Spogli e Sedivacanze), in "Studi delle scienze giuridiche e sociali", 3, 1914, pp. 330-383. PICCARDO A., L'archivio del Regio Economato in Milano, "Annuario del Regio Archivio di Stato in Milano", 6, 1916, pp. 109-136. PROSDOCIMI L., Il diritto ecclesiastico nello Stato di Milano dall'inizio della signoria viscontea al periodo tridentino (sec. XIII - XVI), Milano 1973. ZUNCKEL J., Quasi - Nuntius in Mailand. Giulio della Torre als Vertrauensmann spanischer Gouverneure und des Papstes, in W. Reinhard (a cura), Römische Mikropolitik unter Papst Paul V Borghese (1605-1621) zwischen Spanien, Neapel und Genua, Tübingen 2004, pp. 337-426.

Fonti

Presso l'Archivio di Stato di Milano, nel Fondo Atti di Governo - Culto p.a. le cartelle che vanno dalla n. 44 alla n. 60 sono relative all'Economato. Notizie su questo istituto si possono desumere anche dalla cartella 404, che riguarda la Collegiata di Santa Maria della Scala, e dalla cartella 2094, in cui vi sono documenti attinenti la giurisdizione e le competenze. A questo proposito possono risultare utili alcuni riferimenti sull'attività di economato contenuti nel Fondo Atti di Governo, titoli Feudi Imperiali p.a. e Feudi Camerali p.a., specie per quanto riguarda l'amministrazione e i conflitti giurisdizionali in materia feudale. Altro materiale su questo ufficio si trova nel Fondo Registri delle cancellerie di stato, dove nella serie XXIV sono conservate altre 59 cartelle sul Regio Economato. Ulteriore documentazione si trova nell'Archivio Governatore degli Statuti (Panigarola), nell'Archivio Visconteo - Sforzesco (specie per i secoli XIV- XVI), e in Miscellanea Lombarda; si segnalano inoltre i microfilm dell'Archivio General de Simancas disponibili presso l'Archivio di Stato di Milano (tra gli anni trenta e cinquanta del XVII secolo vennero inviati dagli ufficiali milanesi documenti e memoriali sull'Economato e tale corrispondenza è la prova di un particolare interesse della monarchia spagnola per il funzionamento di questo istituto). I documenti conservati nell'Archivio di Stato di Milano sono certamente cospicui, ma spesso i documenti risultano mutili e inoltre vi è una certa continuità solo a partire dalla fine degli anni trenta del XVII secolo. Queste lacune si spiegano, oltre che per il riordinamento peroniano attuato sui fondi, con il fatto che la conservazione della documentazione economale in un apposito archivio iniziò solo dal 1635 circa. Durante l'epoca delle riforme dell'imperatore Giuseppe II d'Absburgo, poi, buona parte della documentazione conservata nell'archivio dell'economato venne destinata all'eliminazione poiché ritenuta ormai priva interesse. Tuttavia le carte non vennero distrutte, ma vennero affidate all'archivio arcidiocesano. Tali carte sono divenute liberamente accessibili in tempi relativamente recenti, il che spiega le lacune degli studi anteriori al 1970, e possono essere consultate nell'Archivio Storico della Diocesi di Milano. Anche in questo caso però non venne mantenuto l'ordine originale e di conseguenza le cartelle provenienti dall'economato vennero poste negli indici sotto le più svariate voci. Particolarmente ricca di materiale sul Regio Economato risulta la Sezione XIV, Archivio spirituale - Manoscritti, nella quale le carte di tale ufficio vennero scorporate e riordinate in varie sottosezioni, come ad esempio "Economato", "Controversie giurisdizionali", "Immunità", "Corrispondenza" e così via; ciononostante, su alcune cartelle e fascicoli è ancora possibile leggere la collocazione originaria entro l'archivio d'origine. Tra la fine del XVIII e il XX secolo varie carte dell'Economato Regio andarono disperse e altre ancora vennero cedute. Anche in questo caso è stato però possibile rinvenire vario materiale presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, dove però non venne mai costituito un fondo omogeneo. Le fonti inedite di questi ultimi due archivi e di altri fondi conservati presso l'Archivio di Stato di Torino, l'Archivio Segreto Vaticano e la Biblioteca Vaticana sono attualmente oggetto di una ricerca.