vicario della Valle Imagna sec. XIV - sec. XVI
Sin dal 1355 abbiamo notizia di un “Dominus vicarius de Lemine” e l’anno successivo di un “Vicarius Burgi de Lemene et pertinentiarum” la cui autorità si estendeva anche su Palazzago e la valle Imagna. Non si sa nulla, però, sulla durata della sua carica. Le sue funzioni non erano solamente giudiziarie ma comprendevano anche l’ordine pubblico e il controllo politico-militare. Nel 1359 è menzionato un “Potestas vallium Brembanae et Sancti Martini et Insulae”, mentre nel 1362 si torna ad un vicario “burgi de Lemine et pertinentiarum”. Nel 1364 Almenno superiore venne inserito nel vicariato della val San Martino mentre Almenno inferiore formò un vicariato proprio, in questo caso con estensione del territorio fino a Mapello (vicarius Leminis et Mapello). Nel 1370 è citato il vicariato “vallis Sancti Martini, Palazagi et vallis Imaniae”, a testimoniare una situazione affatto stabilizzata. Si tornò, nel 1398, ad un “vicarius de Lemine et pertinentiarum” e, nel 1410, al “vicarius vallium Sancti Martini, Ymaniae, Palazagi et Leminis et pertinentiarum”. Nel periodo 1419-27 Palazzago fu sicuramente aggregato alla val San Martino. Nel luglio 1431 un decreto veneto attribuì le competenze sull’area al vicario della val San Martino. Più tardi, nel 1438-1440, col ritorno temporaneo dei milanesi, il vicariato perse Palazzago, Gromfaleggio e Valmora, che passarono alla val San Martino. Questi comuni, tuttavia, ritornarono sotto Almenno nel 1440 e 1442. Il 31 ottobre 1443, lasciati liberi di aderire ad un vicariato, Palazzago, Belvedere e la valle Imagna restarono con Almenno; Valmora, Pontida, Gromfaleggio e Canto scelsero la val San Martino.
Nel 1444 vennero approvati gli statuti che regolarono la vita della valle sino alla fine dell’età veneta. Il vicario era un forestiero, inviato da Bergamo, nominato dal consiglio maggiore cittadino, e stava in carica un anno. Amministrava la giustizia civile e, per alcuni delitti gravi, contro la persona, l’autorità competente era il podestà di Bergamo. Il primo giorno del mandato, il vicario e la sua “famiglia” giuravano, davanti alla congregazione dei comuni del vicariato, di osservare quanto disposto negli statuti di valle.
Fra le competenze che esulavano dall’amministrazione della giustizia, annoveriamo far sistemare le fontane, stabilire con gli anziani il calmiere del pane, il prezzo della carne, vigilare con i calcatori delle strade sulla viabilità pubblica, operazioni queste in stretto contatto con i consoli dei comuni.
Il vicario, inoltre, doveva avere l’autorizzazione del consiglio per assenze superiori ai sedici giorni e risiedere ad Almenno (dopo la separazione, ad Almenno San Salvatore) mentre per due giorni la settimana si spostava in valle. In seguito fu stabilmente almeno per un giorno la settimana anche a Palazzago. Quando si recava in valle si fermava a Sant’Omobono.
Era coadiuvato da un notaio (anch’egli forestiero, non doveva avere moglie originaria della zona e doveva avere più di 25 anni. Giurava ed aveva una contumacia di quattro anni) e da un servitore (ufficiale giudiziario: proclamava le “crida” riguardanti il vicariato, trasmetteva citazioni e ordini scritti, operava pignoramenti e sequestri. Giurava e portava, per riconoscimento, una berretta rossa con l’arma del vicario e aveva una contumacia di 4 anni). Entrava in carica da prima il 1° agosto, e dal primo Seicento l’11 novembre. (Manzoni 1988; statuti di Valle Imagna sec. XV).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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