rettori 1428 - 1797
Dopo le grandi conquiste della fine del Trecento e dei primi due decenni del Quattrocento, Venezia si trovò a dover organizzare un esteso territorio che andava dal Friuli all’Adda. Nei centri principali (e Bergamo era tra questi assieme a Padova, Vicenza, Verona e Brescia) la Dominante inviava due rettori, un podestà e un capitano, il primo con funzioni eminentemente civili e giudiziarie, il secondo con compiti legati all’amministrazione finanziaria e alla difesa del territorio. Nei centri di media grandezza (Treviso, Rovigo, Belluno, Feltre e Crema) vi era un solo rettore con attribuzioni di podestà e capitano. Nei centri minori (Este, Marostica, Lonato, Martinengo …) veniva inviato un podestà, o un provveditore. Complessivamente, nel Cinquecento i governatori veneziani sparsi sul territorio erano una sessantina (Pezzolo 1988).
I primi rettori vennero inviati a Bergamo nel maggio 1428, in seguito all’atto di dedizione a Venezia. La Serenissima conferiva loro un mandato ufficiale della durata di un anno, prolungato però di fatto a sedici mesi. Nel caso di assenza o ritardo nell’elezione di uno dei due rettori, l’altro assumeva su di sé la carica aggiuntiva del collega (da cui le denominazioni di podestà e vicecapitano e capitano e vicepodestà). All’autorità congiunta dei due rettori spettavano le cause più delicate e importanti e in particolare quelle riguardanti i luoghi pii e le deleghe da Venezia. La giurisdizione penale si suddivideva invece in ordinaria e straordinaria, o delegata.
Nella prima podestà e corte pretoria procedevano con l’autorità ordinaria prevista e regolata dagli statuti e i processi erano per lo più istruiti nell’ufficio del maleficio.
Nella seconda entrambi i rettori, con la corte pretoria, erano chiamati a giudicare cause che venivano loro delegate dal consiglio dei dieci o dal senato e riguardanti in genere materie di stretta competenza di queste magistrature o che per la loro natura e gravità richiedevano più ampi poteri decisionali (esercitati secondo la clausola “servatis servandis” o secondo il rito inquisitorio). Dal momento in cui giungeva la delega, i processi, in genere già istruiti nell’ufficio del maleficio, venivano sottratti a questo e affidati al cancelliere pretorio o ai suoi coadiutori con l’assistenza del giudice al maleficio e continuati fino all’“espeditione” effettuata da entrambi i rettori con la corte pretoria (AC Bergamo, inventario Archidata).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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