Valle Gandino sec. XV - 1797
Fino all’inizio del Quattrocento Gandino e i comuni della valle furono inseriti nella valle Seriana Inferiore. Il privilegio di Pandolfo Malatesta del dicembre 1408 può essere preso come primo accenno alla futura autonomia della valle, anche se si trattava della riconferma di precedenti esenzioni fiscali concesse dai Visconti ai comuni di Gandino e Leffe. Già l’anno successivo, però, si ha notizia di un “vicarius vallis Gandini”. Alla valle, su sua richiesta, venne aggregato anche il comune di Solto e Riva. Nell’agosto del 1419, con ritorno dei Visconti, i consoli dei comuni di Leffe, Gandino e Casnigo giurarono loro fedeltà, seguiti, alcuni giorni più tardi, anche da quelli degli altri comuni, che avevano seguito la delegazione della valle Seriana e delle altre valli. All’arrivo dei Veneziani, nell’autunno del 1427, i comuni della valle furono pronti a giurare loro fedeltà, in cambio della conferma dei precedenti privilegi (Gelmi, Suardi 1996). Infatti, nel giugno 1428, il doge Francesco Foscari estese quanto previsto per Leffe e Gandino in materia di oneri fiscali al resto della valle. Gli statuti di valle risalgono al 1435, e vennero rivisti nel 1460 per poi rimanere sostanzialmente inalterati sino alla fine del Settecento. Venezia delegò al consiglio maggiore di Bergamo il diritto di nominare un vicario annuale col vincolo di rispettare gli statuti locali (statuti di valle Gandino sec. XVI).
I comuni che facevano parte della valle erano nove: Gandino, Leffe, Barzizza, Cazzano, Casnigo, Cene, Gazzaniga, Vertova, Colzate (in seguito anche Fiorano e Peia).
Geograficamente era situata nella parte nord-orientale del territorio bergamasco ed era delimitata a nord dalla valle Seriana Superiore, ad ovest dalla valle Seriana Inferiore, a sud e ad est dalla valle Cavallina.
La valle era amministrata da un consiglio, formato da membri di tutti i comuni e presieduto dal vicario, al quale spettava la nomina dei funzionari di valle fra cui il tesoriere.
A fine Cinquecento così viene descritta dal capitano Giovanni Da Lezze: “Il paese è più tosto sterile che altrimenti, raccoliendosi grani cioè formento, milio, castagne et vini per tre mesi del anno. La valle è riccha nel particular come domino Martin Perina ha negotio et facultà per 100 mila scudi, altre cinque o sei case de mille scudi de entrada, ma di 300 fino li 800 circa 25 familie, da 300 in giù infinite. Si fabricano in questa valle panni alti et bassi circa 15 mila pezze per Alemagna, per Ongharia, Regno de Napoli, nella Marca di Ancona et altri luoghi facendosi due mercati la settimana in Vertova il mercore et il venere con gran concorso de mercanti, tenendosi che ogni mercato se negotii in panni per 8000 scudi. Si servono delle lane spagnole col mezzo de genovesi da quali le hanno parte in credenza et parte in contadi et parte ancora da Venetia et da levante per panni bassi et alti ma non molto. Gran quantità di gente è fuora della valle e passano 800 persone negociando per divese provincie del mondo”.
A quell’epoca era abitata da 10100 persone, delle quali utili 1888, suddivise in 1692 fuochi; erano presenti sul territorio 35 mulini, 36 folli, 10 tintorie, 31 argagni, 2 magli da ferro, 1 segheria, 4 purghi. L’allevamento poteva contare, infine, su 6900 pecore, 577 bovini, 290 equini (Da Lezze 1596).
Bisogna sottolineare che la tradizione della lavorazione della lana era consolidata in valle, in particolare a Gandino e a Leffe, sin dal Duecento. Il Seicento, inoltre, vide un periodo di nuova, notevole fioritura dell’attività tessile.
ultima modifica: 09/01/2006
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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