Valli di Bergamo 1427 - 1797
Le valli, ognuna già dotata di una propria organizzazione di natura statutaria, “volontariamente” si separarono dal Ducato di Milano nel 1427 “e vennero sotto l’ombra del Serenissimo Dominio”; l’anno seguente ottennero il privilegio che sanciva la loro autonomia amministrativa: “Che siano sciolti dalla città di Bergamo e che non debbano avere niente a che fare con tale città per qualsiasi causa e per qualsiasi motivo che possa essere detto, né in alcun modo siano obbligati (a spese) al di fuori dei confini di dette valli per qualsiasi fortificazione né per salarii di rettori od ufficiali di Bergamo o del distretto di Bergamo né per qualsiasi altro motivo od occasione”.
All’indomani della Pace di Ferrara del 1433, Venezia accolse un gran numero di rappresentanti delle varie comunità che richiedevano concessioni e privilegi. Le valli fondarono le proprie richieste sul concetto di separazione dalla città: un governo il più possibile autonomo e fondato su statuti propri con un’amministrazione della giustizia diversa da quella cittadina; la possibilità di gestire al proprio interno il riparto fiscale; l’obbligo per i cittadini che avessero acquistato terreni in valle di pagare le tasse con i “valeriani”. In definitiva chiesero di essere indipendenti dalla città e di poter contrattare tutto questo direttamente con il governo centrale. Nell’esaudire le richieste delle valli, Venezia si pose in linea con la precedente politica viscontea confermando, almeno formalmente, la superiorità della città più sulla pianura che sulle valli.
Nel 1429 Venezia concesse anche alla valle Seriana Inferiore gli stessi diritti e prerogative già concessi alla valle Brembana: la valle sarebbe stata retta da un vicario, senza il consenso del quale nessun ufficiale cittadino avrebbe potuto esercitare atti di autorità nella valle; varie norme fiscali avrebbero regolato il transito delle merci e assicurato l’esenzione per dieci anni dalla contribuzione ad imposte statali. Venezia per parte sua, nel contesto di questi patti, ritenne più proficuo stimolare il riordino e l’aggiornamento degli statuti locali piuttosto che imporre il proprio ordinamento.
Nella “Descrizione” del capitano Giovanni da Lezze viene tracciata la fisionomia del consiglio delle valli: il governo di queste dipendeva dai sei tesorieri eletti da ciascuna valle; la valle Seriana Superiore e la valle Brembana Superiore non facevano parte di questa assemblea dato che si governavano “separatamente et cadauna per se stessa”. Tali tesorieri si riunivano a Bergamo all’“osteria della croce” e secondo le necessità contingenti imponevano “taglie e gravezze” e ridistribuivano i carichi su ciascuna valle secondo le quote fissate dall’estimo generale; allo stesso modo ogni valle la redistribuiva sui propri comuni. Questa assemblea eleggeva poi ogni anno un tesoriere generale per l’intero corpo delle valli (tesoriere generale delle valli), con l’incarico di esigere e pagare alla camera fiscale di Bergamo le taglie già riscosse dai tesorieri dei comuni del comprensorio. Nell’esercizio della sua funzione tale tesoriere generale era accompagnato da un cancelliere.
Erano note anche al da Lezze le discordie che limitavano la reale efficacia dei compiti e delle funzioni di tale collegio: “È dannosa la discordia de governatori delle valli perché non sono uniti nelle fattioni, che disuniti danno maggiore spesa et si guarda l’un l’altro nella diffesa delle raggioni. Che se si facesse un sol capo di tutti questi governatori de valli se passaria con maggior facilità et benefitio perché le differentie non procedono da popoli ma da governatori o ministri”.
Le valli erano rette, per quel che concerne l’amministrazione finanziaria, da un consiglio formato dai tesorieri delle singole circoscrizioni. In una prima fase del funzionamento di tale ente non facevano parte di questo collegio, i tesorieri della valle Seriana Superiore e della valle Brembana Superiore, che avevano un’amministrazione autonoma.
Nell’ambito del territorio delle valli diverso era il grado di autonomia e diverso era il legame che la città stringeva riservandosi la nomina di quasi tutti i giusdicenti con l’elezione da parte del consiglio maggiore di Bergamo, alla presenza di almeno uno dei due rettori. Altro limite era posto dalla competenza conferita a tale giudice in materia civile e in materia penale. L’autorità cittadina si garantiva l’esercizio del secondo grado di giurisdizione, cioè l’eventuale appello. La concessione del mero e misto imperio consentiva al vicario di distretto di comminare la sanzione pecuniaria che arricchiva la cassa locale. Tutti i vicari e podestà restavano in carica un anno. Era diversa la loro competenza a giudicare in ambito civile e criminale (penale). La valle Seriana Superiore era l’unico distretto delle valli in cui il vicario o podestà veniva eletto dal consiglio locale, ma era un patrizio veneziano successivamente approvato dal Maggior Consiglio di Venezia. Risiedeva in Clusone e restava in carica 18 mesi; assai alta era la sua competenza in materia civile, L. 800, mentre in materia penale non poteva oltrepassare, come gli altri vicari le L. 50 (Da Lezze 1596). Nel corso del tempo tali cifre vennero gradatamente aumentate.
Vi erano inoltre distretti, quelli delle cosiddette valli separate, in cui i vicari venivano eletti dai consigli locali e successivamente venivano approvati dal consiglio maggiore della città di Bergamo: la valle Averara, Valtorta e la val Taleggio.
I componenti di questo consiglio delle valli stabilivano la quota dei tributi che ciascuna valle doveva pagare secondo le quote fissate dall’estimo generale del 1544-1547: inoltre, come abbiamo visto, eleggevano annualmente il tesoriere generale (non erano quindi sottoposti a questa disciplina i tesorieri delle valle Seriana Superiore e Brembana Superiore che non dovevano rendere conto a questo intermediario, ma pagavano lo scosso direttamente alla camera fiscale di Bergamo).
Nel 1645, come testimoniano i capitoli per l’elezione del tesoriere del corpo delle valli e montagne, si registra l’ingresso della valle Seriana Superiore e della valle Brembana Superiore nel consiglio delle valli. La prima delle due riuscì ad ottenere di eleggere un tesoriere che rimaneva in carica due anni, a rotazione con i tesorieri presentati dalle altre valli che rimanevano in carica un solo anno. Tale tesoriere doveva effettuare tutte le trasferte necessarie per la difesa delle valli a sue spese e non poteva adire in giudizio senza il consenso del consiglio. Il consiglio doveva essere convocato dallo stesso tesoriere almeno una volta al mese (Piscitello 1995B).
Altre nuove competenze delle valli riguardarono i controlli sanitari. Assai lunghe furono in questo settore le vertenze sostenute dalle valli; l’emergenza della peste del 1630 aveva messo a dura prova le finanze locali, poiché la diffusione del contagio esigeva un costoso controllo dei confini (la fornitura e il mantenimento di soldati) per il transito di persone e merci.
In relazione alla divisione delle spese, si registrano interminabili dispute tra i diversi corpi territoriali, città, valli, e tra comuni. In particolare le valli, sulla scorta dell’interpretazione estensiva dei privilegi di separazione, rivendicarono la massima autonomia di gestione di fronte alle richieste della città e del piano nel 1632 di presidiare i confini del territorio con la Valtellina e lo stato di Milano. Se in quella occasione le valli furono condannate a contribuire, in seguito, nel 1656, il senato riconobbe l’emancipazione precedentemente richiesta facendo dipendere i funzionari delle valli in materia di sanità dai rettori piuttosto che dall’apposito ufficio cittadino. Nemmeno l’ente territorio, costituitosi nella seconda metà del XVII secolo, riuscì, attraverso il proprio cancelliere, ad incidere sull’autonomia pretesa dalle valli in materia di sanità. È probabile la costituzione nel XVIII secolo di un apposito ufficio di sanità per la valle Seriana Inferiore, così come si verifica per la valle Seriana Superiore nel 1712.
ultima modifica: 09/01/2006
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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