Valle Brembana oltre la Goggia sec. XV - 1797
La valle Brembana risulta soggetta per la prima volta ad un vicario nel 1338 e poi nel 1349. La situazione, evidentemente, non era ancora definita con certezza. Nel 1359 la valle Brembana appare assieme alle valli Imagna e San Martino. Nel 1363 e 1365 è, invece, con la valle Seriana. Nel 1368 si ha ancora un riferimento ad un vicario “vallium Seriane et Brembane” e a statuti (che per la Brembana risalgono al 1364). Nel 1379 la valle Brembana è ancora unica. Nonostante ciò, il termine “Goggia” comincia ad essere sempre più presente a testimoniare una sempre più evidente differenza fra l’alta valle e il resto. Nel 1397 abbiamo per la prima volta sindaci delle due parti. Risale al giugno 1428 la prima menzione di un vicario dell’Oltre Goggia in Piazza con amministrazione nel civile fino a 25 lire. La situazione datava, probabilmente, ai primi anni venti. Gli statuti di valle furono rivisti solo nel 1587-88.
La valle, privilegiata fiscalmente (era esente dal pagamento di alcuni dazi quali quelli su carni, pane, vino), era amministrata da un vicario inviato da Bergamo che risiedeva a Piazza e Valnegra (dal 1739 solo a Piazza), e da un consiglio di valle, al quale spettava l’elezione dei funzionari di valle. Il consiglio della valle era formato dai consoli e da uno o due anziani per ogni comune, si riuniva con il vicario e, fra le altre competenze, eleggeva il tesoriere di valle al quale, al termine del mandato, rendeva conto (Piscitello 1991).
Alla fine del Cinquecento viene descritta “… sterile et montuosa, che in tutto non si raccolie grani per un mese ciové formento et milio, senza vino et senza castagne; ma a Bergomo et nel teritorio levano i grani e vino et parte del vino in Valtulina. Fa gran quantità de carboni, i quali per il più si consumano nei forni et fusine del ferro come si dirà et il resto si porta a Bergomo. Et in oltre questa gente traffica in borre che tagliano nei monti superiori di Valleve intorno 3000 l’anno, che conducono giù per il fiume Brembo fin al Ponte Santo Pietro di dove poi con carri et muli conducono a Bergomo per brugiar. Vi è la mercanzia della ferrarezza, lavorando gli huomini così nelle minere come nei forni et fusine. Altri atendono a gl’animali vacchini, quali al tempo del està per quattro mesi pascolando nei monti di essa valle et l’invernata si reducono nei piani del Milanese, dove stanno otto mesi del anno, attendono alle grassine de formazzi et bottieri, over onti sotili.” A quell’epoca era abitata da 4963 persone, delle quali 1096 utili, suddivise in 871 fuochi. Risultavano attivi 10 fucine, 20 mulini da grano, 3 forni, 6 pestoni, 3 segherie, e presenti 4000 bovini e 350 equini. Vale la pena di sottolineare che le fonti d’archivio locali testimoniano almeno per tutto l’Ottocento la conferma della prolungata sosta invernale nelle zone della bassa, in particolare il lodigiano e il cremonese, e lo sfruttamento intensivo del vasto patrimonio boschivo.
In età veneta ne facevano parte i comuni di Piazza, Lenna, Valnegra, Moio, Piazzatorre, Piazzolo, Baresi, Bordogna, Ronco, Valleve, Foppolo, Branzi, Carona, Fondra, Trabuchello e Cambrembo.
Geograficamente era situata nella parte settentrionale del territorio bergamasco ed era delimitata a nord dalla Valtellina, ad ovest dalla valle Averara e dalla Valtorta, a sud dalla valle Brembana Superiore e ad est dalla valle Seriana Superiore.
ultima modifica: 09/01/2006
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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