comune di Romano sec. XII - 1797
Dell’antico insediamento di Romano si ha notizia fin dall’epoca romana quando era denominato “Forum Romanum”. Dopo una distruzione che è da far risalire al 1167 da parte del Barbarossa, Romano fu riedificato nel 1171 su un territorio un po’ più a ovest rispetto al precedente. Quest’area venne donata alla comunità dai consoli di Bergamo allo scopo di sottrarre il territorio dalle pretese di cremonesi e milanesi. L’atto di donazione concedeva a Romano il privilegio di essere considerato un borgo della città e di usufruire dei benefici e delle franchigie che tale condizione comportava; in tal modo Romano ottenne la dignità di borgo franco. Dalla sua fondazione Romano seguì le sorti di Bergamo. Nell’ambito delle lotte tra guelfi e ghibellini Romano parteggiò per la fazione ghibellina. Nel 1327 l’imperatore Ludovico il Bavaro assegnò Romano (oltre ad altri territori) in feudo a Vincenzo Suardi detto Saiguino. Nel 1335 Romano passò sotto il dominio dei Visconti, i quali nel 1339 gli concessero la giurisdizione civile separata da Bergamo, lo esentarono da varie tasse, concessero la conduzione autonoma dei dazi e nominarono come loro rappresentante in loco un vicario o podestà. Dal 1408 al 1412 Pandolfo Malatesta esercitò il dominio su Romano nominando i podestà e concedendo generose esenzioni. Nel 1412, per ordine del duca Filippo Maria Visconti, alcuni territori, tra i quali Romano, vennero ricondotti sotto il dominio milanese. Quindi il duca, nel 1413, diede il borgo in feudo a Giacomo di Covo che lo mantenne fino al 1428. In questa data Romano fu assoggettato alla repubblica di Venezia, la quale riconfermò sia i privilegi goduti in precedenza sia gli statuti.
Nel 1441 Venezia concesse Romano in feudo a Bartolomeo Colleoni il quale lo tenne fino alla sua morte, nel 1475. Da questo momento Romano fu assoggettata definitivamente al dominio di Venezia che, due anni più tardi, sancì il definitivo distacco del comune dalla città di Bergamo, demandando ai rettori di Brescia il controllo del governo del comune e l’amministrazione della giustizia in appello, che in prima istanza spettava ad un podestà, un patrizio veneto scelto dal senato di Venezia.
Il territorio era incluso nella quadra di Calcinate, ma formava corpo separato e aveva un proprio deputato presso il consiglio generale del Territorio. Questa condizione, tranne la breve parentesi dell’occupazione francese (dal 1509 al 1512), durò fino all’arrivo di Napoleone in Italia (AC Romano di Lombardia, inventario).
A fine Cinquecento il comune possedeva solo due mulini, dati in affitto. In età veneta era retto da un consiglio di bina e da un consiglio di credenza (o speciale), eletti dal consiglio generale. Secondo il Da Lezze, che la descrive come “terra in piano circondata da mura e fosso” e sede di mercato tre volte la settimana, contava 570 fuochi e 2300 abitanti (Da Lezze 1596). A fine Settecento ne contava 3030 (Maironi da Ponte 1776).
ultima modifica: 09/12/2003
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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