consiglio maggiore 1544 - 1797

Al consiglio maggiore, o generale, partecipavano solo i capifamiglia “originari”; ne erano quindi esclusi i cosiddetti “forestieri”, i quali, per acquisire la qualifica di “originari” dovevano risiedere per un periodo non inferiore a cinquant’anni, se provenienti da altro comune della Repubblica Veneta, a venti se espatriati da altro stato. Era convocato dal console, che si avvaleva del “servitor” della valle Brembana Inferiore, e aveva inizio al suono della campana della chiesa.
Il consiglio si riuniva, preferibilmente alla domenica dopo la messa, nella piazza antistante la chiesa o presso il cimitero. Nel 1626 il consiglio decretò di ricavare un’aula destinata alle sue riunioni a fianco della casa del consorzio della Misericordia, al quale il comune avrebbe pagato un affitto. Nel 1636 la “sala publica” viene per la prima volta citata come sede della riunione del consiglio. Perché la riunione avesse validità dovevano essere presenti almeno i due terzi degli aventi diritto.
Le decisioni erano prese a maggioranza col sistema delle “balle” rosse (voto affermativo) e nere (voto negativo). Nel caso di riunioni importanti alle quali non fosse presente il numero legale, interveniva il capitano di Bergamo indicendo una nuova riunione ed intimando ad ogni capofamiglia di parteciparvi sotto pena di pesanti sanzioni. Fra le altre incombenze, eleggeva il console e i sei sindaci. Nel corso del Seicento, e sempre più nel Settecento, la gestione effettiva della cosa pubblica passò nelle mani del consiglio minore. Si aprirono così forti contrasti fra i due organi, contrasti nei quali intervenne anche il capitano di Bergamo.

ultima modifica: 27/10/2002

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]