piano di Bergamo sec. XVI - 1797
Il piano non godeva di nessun privilegio di carattere ampio e generale come quelli di cui poteva giovarsi il territorio montuoso: non ha sotto questo nome general di piano alcun privilegio (Da Lezze, 1596). Vi erano tuttavia al suo interno entità territoriali che detenevano privilegi particolari così, da essere soggette ad un tenore amministrativo differente rispetto al resto di questo territorio. A parte queste eccezioni, il piano era costituito da vaste circoscrizioni territoriali, genericamente chiamate quadre o squadre che non godevano di alcuna franchigia o concessione ed i cui abitanti riconoscevano immediatamente in prima istanza per qualsiasi controversia civile la giurisdizione della città.
I distretti del piano furono verosimilmente gli ultimi ad essere riconosciuti come enti amministrativi da parte della Dominante a causa degli stretti vincoli con cui la città deteneva questo spazio territoriale, vincoli che ritardarono effettivamente ogni forma di efficace organizzazione: se forte era il legame di diritto, a cui sopra si é accennato, assai più saldo e diretto era l’assoggettamento, di fatto, imposto dai proprietari cittadini che in gran parte possedevano materialmente il territorio del piano.
La prima legittimazione effettiva il piano l’ebbe nel contenzioso che doveva portare al rinnovamento dell’estimo generale (1544-1547): nell’ambito fiscale si realizzò quindi, come in altre province soggette alla Serenissima, la convergenza tra le aspirazioni dei corpi territoriali del contado, volte ad ottenere una maggiore equità nella soggezione ai tributi attraverso la loro redistribuzione, e le esigenze dello Stato, che si voleva garantire, attraverso il riconoscimento delle magistrature rurali, la possibilità non solo di avere nuovi interlocutori, diversi dalla città, ma anche di rendere più razionali i propri rapporti amministrativi e finanziari con la provincia.
Alcune importanti informazioni le desumiamo dalla descrizione del capitano di Bergamo Giovanni da Lezze.
Il piano, come si è detto, comprendeva anche alcuni distretti che, in virtù di privilegi particolari vantavano una buona autonomia rispetto al resto del territorio: nelle podesterie di Lovere, Romano e Martinengo era presente un rettore veneto che “allentava” in tali comuni l’autorità diretta della città; il feudo della val Calepio, con Calepio capoluogo, era retto dalla famiglia dei Conti Calepio; i feudi di Malpaga e Cavernago erano retti dai Martinengo; il feudo di Morengo aveva un podestà nominato dal vescovo di Bergamo (in seguito dalla famiglia Giovannelli); accanto a queste giurisdizioni vi erano inoltre comuni come Brembilla, San Giovanni Laxolo, Pedrengo, Ponteranica, Sorisole, Villa di Serio, Scanzo e Rosciate, che godevano di privilegi nell’amministrazione tributaria e che venivano assunti come distretti a sé stanti. Senza alcun tipo di privilegio erano le quadre: la valle Cavallina (detta anche quadra di valle Cavallina) con capoluogo Endine, la val Trescore (detta anche quadra di val Trescore) con capoluogo Trescore, la quadra di Calcinate, tra Serio e Oglio, con capoluogo Calcinate o Mornico, la quadra di Mezzo, tra Brembo e Serio, che faceva riferimento alla città, la quadra d’Isola, tra Adda e Brembo, con capoluogo Chignolo o Terno.
Come per le valli, anche per il piano, valeva il principio per cui ogni rappresentate delle singole circoscrizioni concorreva a eleggere un sindaco generale. Le competenze di tale ufficiale non appaiono dissimili da quelle del tesoriere generale delle valli: fissa l’imponibile della quadra in base all’aliquota fiscale assegnata dall’estimo generale, riscuote e, a sua volta, riversa ciò che ha riscosso alla camera fiscale di Bergamo: salari per gli esattori, spese per l’armamento ed il mantenimento dei soldati delle ordinanze, salari per gli ufficiali militari, ordinanza marittima (dei galeotti, in sostanza una vera e propria leva), spese per i guastatori, visite dei capitani, trasporti ai rettori di Bergamo di merci per uso di loro palazzi (legna, frumento, vino, paglia, fieno), sussidio, legna e carbone per le guardie. Il suo salario era, a fine Cinquecento, di 30 ducati 30 l’anno..
Nei secoli XVII e XVIII la preoccupazione di Venezia per la grave crisi sociale ed amministrativa in cui versano le province del territorio si esplicitò in emanazioni di disposizioni, sempre più capillari, che coprivano ogni particolare aspetto e settore della vita amministrativa. Questo dato era già stato riscontrato descrivendo alcune norme emanate da capitani di Bergamo per il buon governo dei comuni. Nel mutato equilibrio politico fra i corpi locali e la città si inserì inoltre l’apporto dei sindaci inquisitori di terraferma: tale magistratura itinerante, nata con carattere essenzialmente giudiziario, dilatò nel corso del tempo la propria competenza fino a rivestire funzioni di carattere esecutivo e soprattutto legislativo, che rese gli inquisitori degli autentici ispettori plenipotenziari sul territorio. I sindaci inquisitori con i loro interventi, che nell’ambito legislativo si traducevano in ordini, apportarono i necessari correttivi agli abusi amministrativi legati per lo più alla gestione finanziaria e al prelievo fiscale.
La prima serie di norme che si occupa del territorio in termini complessivi é quella emanata dal capitano di Bergamo Giovanni da Lezze nel 1596. In quegli ordini tuttavia non emerge alcun dato sulla specificità delle funzioni dei sindaci o tesorieri generali di squadra, i cui compiti in nulla si differenziano da quelli dei sindaci o tesorieri dei comuni, fermo restando il fatto che, naturalmente, si esplicavano nell’ambito dei distretti dei quali erano a capo. Nei “Capitoli attinenti al territorio di Bergamo” emanati nel 1620 dai sindaci inquisitori in terraferma Leonardo Moro e Marco Giustiniano, sono statuite le prime disposizioni vere e proprie destinate alle quadre del territorio, che vengono riconosciuti come enti capaci di autonomia deliberativa: “alli Consiglij delle Quadre del territorio siano obbligati ad intervenire tutti li Sindaci e Tesorieri delli Communi, li quali siano tenuti di nominare persona abitante nella città di Bergamo, alla quale possa di tempo in tempo essere intimata la reduzione d’esso Consiglio, ma intervenendo, o non intervenendo, ridotto, che questo sia legitimamente con l’intervento almeno delli duoi terzi di quelli, che vi devono intervenire, sia tenuto ognuno all’esecuzione che in esso sarà stato legitimamente deliberato, sia o per occasione di gravezze, o d’altre fazioni, o operazioni spettanti ad essa quadra, così del piano, come delle valli”. In questo capitolo viene evidenziata la funzione, fondamentale, che tali enti svolgevano nella ripartizione dei tributi.
ultima modifica: 19/01/2005
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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