giudice alla ragione e dazi 1428 - 1797
Le norme stabilite nel 1331 circa la procedura da seguirsi nelle cause civili rimasero sostanzialmente immutate con l’avvento della dominazione veneziana e per tutta la sua durata, integrate dagli statuti posteriori soprattutto per quanto concerne le procedure d’appello.
Il giudice alla ragione e dazi faceva parte della “curia” che il podestà portava con se nel momento in cui si insediava nella propria carica, senza la quale non poteva esercitare la propria autorità, ed era eletto dal consiglio dei Dieci di Venezia. La carica non poteva essere assunta da nobili veneziani bensì esclusivamente da dottori delle città suddite (esclusa ovviamente quella in cui venivano destinati), che avessero conseguito la laurea dottorale presso lo Studio di Padova. I giudici dovevano seguire gli statuti e le consuetudini locali e si rifacevano, in caso di lacune, maggiormente al “corpus” giustinianeo che al diritto veneto.
Piuttosto complessa era la procedura di giudizio per quanto riguarda la materia daziaria. Le cause di gran lunga più frequenti vedevano i conduttori dei dazi, cioè coloro i quali avevano preso in appalto la riscossione di un determinato dazio, o i governatori dei dazi, pubblici funzionari preposti alla riscossione per conto della camera fiscale di un dazio rimasto inappaltato, accusare mercanti, trasportatori di merci o semplici cittadini, di non aver voluto pagare il dazio dovuto o di averne pagato solo una parte.
Se la causa riguardava i dazi cosiddetti “vecchi”, cioè istituiti con il “contractus daciorum” del 1431, veniva giudicata in prima istanza dal giudice alla ragione e dazi e in appello dal podestà; per quanto riguardava i dazi “nuovi”, cioè istituiti dopo il 1431, in prima istanza era chiamato a giudicare il camerlengo, i rettori in appello. Era eventualmente possibile ottenere un giudizio di terzo grado rivolgendosi alle competenti magistrature della Dominante.
Più complessa ancora era la procedura nelle cause di contrabbando, tenendo presente che il termine identificava sia il reato che la merce oggetto dello stesso: dazieri, postieri e governatori dei dazi dovevano presentare le loro accuse al giudice alla ragione e dazi o al camerlengo entro tre giorni dalla scoperta del contrabbando, mentre delle merci eventualmente confiscate doveva essere data nota analitica, al giudice alla ragione e dazi o al camerlengo, entro un giorno dal sequestro, per le merci confiscate in città e circondario, o tre giorni per quelle sequestrate nel territorio. Anche in questi casi era possibile ricorrere alle competenti magistrature veneziane.
In caso di assenza o di indisponibilità del giudice alla ragione e dazi, per quanto riguarda la materia civile, il suo ufficio poteva essere retto indistintamente dal podestà, dal vicario pretorio, da un console di giustizia, dal giudice al maleficio e da un giudice del collegio dei giuristi; per quanto atteneva alla materia daziaria, invece, il solo podestà poteva sostituirlo (Archidata, Bergamo).
Vale la pena di segnalare che la magistratura del giudice alla ragione e dazi fu l’unica, fra quelle ricoperte da patrizi veneziani, a non essere soppressa al cambio di regime. La sua attività é infatti testimoniata sino al luglio del 1800, quando venne introdotta una nuova organizzazione per l’amministrazione della giustizia civile (AC Bergamo, inventario Archidata).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]
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