comune di Angera sec. XIV - 1757
La località di Angera, capo di pieve, venne citata negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano. Era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Nel 1397 Gian Galeazzo Visconti assunse il titolo di conte di Angera. Nel 1449 Milano effettuò la vendita di Angera, con la sua rocca, i poteri giurisdizionali e una serie di entrate fiscali, a Vitaliano Borromeo. Francesco Sforza confermò a Filippo Borromeo i diritti su Angera.
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Angera risultava ancora capo di pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 2).
Nel 1577 Angera ritornò sotto l’amministrazione delle magistrature centrali dello stato di Milano.
Nel XVI secolo il consiglio generale della comunità, convocato all’inizio dell’anno, eleggeva 8 consiglieri che si occupavano del disbrigo degli affari quotidiani. A seguito di una petizione dei sindaci della comunità al senato, il magistrato ordinario istituì il consiglio dei ventiquattro, un consiglio di 24 cittadini, da cui venivano estratti 6 consiglieri reggenti.
Nel 1530 Angera aveva 91 famiglie, con 368 persone; nel 1626 si parlava di 200 fuochi, che si ridussero a 120-140 nel 1690 (Superti Furga 1995).
Nel 1750-51 il comune risultava infeudato al conte Renato Borromeo Arese, senza corresponsione di denaro per ragione feudale. Vi risiedeva un giudice, Pietro Borroni, retribuito dalla comunità. Il console del comune prestava il suo giuramento alla banca criminale del vicario del Seprio.
Il comune aveva un consiglio particolare composto da 14 consiglieri, due dei quali erano i sindaci, che cambiavano ogni due anni, ed uno per anno, ai quali spettava il compito di reggere la comunità ed amministrarne le sostanze. Alle riunioni consiliari intervenivano i maggiori estimati, cioè gli agenti del conte Borromeo feudatario, e dei conti Galeazzo e Fratelli Serbelloni, il cancelliere e il podestà. Le riunioni erano precedute dal suono di campana per pubblico avviso. Secondo l’occorrenza, negli affari più gravi si facevano anche dei convocati generali.
Il cancelliere era residente nello stesso borgo d’Angera, e custodiva in un ” vestaro” nella propria abitazione le scritture della comunità; il suo salario era di 100 lire.
La comunità non aveva alcun procuratore o agente in Milano e occorrendo qualche urgenza si avvaleva del sindaco provinciale della pieve, Filippo Marinone.
Lo stato delle anime collettabili era di 404, le anime non collettabili erano 472 (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3035, vol. D XV, Como, pieve di Angera, fasc. 1).
ultima modifica: 06/02/2005
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11000006/