comune di Calcinate del Pesce sec. XIV - 1757
Calcinate del Pesce, località citata come “Calzinà” negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano e appartenente alla pieve di Varese, era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Bollate (Compartizione delle fagie 1346).
Nel 1538 Carlo V decise di vendere una serie di diritti, dando vita a quello che fu definito feudo della Fraccia Superiore di Varese, che comprendeva anche Calcinate del Pesce e che fu acquistato da Francesco Girami.
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVIII secolo Calcinate del Pesce risultava tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 50-51).
Nel 1611 il feudo della Fraccia Superiore risultava in possesso di Lavinia Visconti e del marito Alessandro Vistarini. Da Lavinia Visconti, nel 1647, passò per donazione al conte Fabio Visconti Borromeo (Gianazza 1993).
La comunità di Calcinate nel 1634 era compresa tra le terre dello stato di Milano che pagavano il censo del sale (Oppizzone 1634).
Nel 1722, le operazioni catastali diedero origine a una mappa in 4 fogli, misurata dal geometra Francesco Germani, separata da quella di altri comuni. Alla misurazione intervennero come assistenti il console Cristoforo Gottardi e il sindaco del comune Giovanni Battista Triacca (Morando, Mura 1997-1998, MUT 40.5).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il feudatario era il conte Giulio Visconti Borromeo Arese, ossia i suoi eredi, cui per tale feudo non si corrispondevano diritti.
A Calcinate non risiedevano giudici. Il giudice regio, all’epoca Massimiliano Pusterla, risiedeva in Varese. Il giudice feudale, Carlo Bartolomeo Porta, cui si pagavano 3 lire annue per titolo di manutenzione, risiedeva in Gavirate. Alla sua banca si prestava dal console l’ordinario giuramento.
Calcinate, in cui erano presenti circa 110 anime, non aveva sotto di sé, né era sottoposto ad alcun comune circa il corporale; circa lo spirituale era sottoposto alla cura di Morosolo, nella cui mappa era disegnato. Il comune non chiedeva di separarsi dalla provincia, ma di rimanere sempre separato da ogni altro comune.
Il consiglio era generale, formato da due sindaci e un console con tutta o la maggior parte dei capi di casa, che ad ogni evento concorrevano nella pubblica piazza del luogo, previo il suono della campana. I sindaci si eleggevano e sostituivano sempre con l’intervento delle suddette persone. Il consolato si esercitava “quindici giorni per uomo dai 15 anni all’ultimo di vita”. Ai sindaci era raccomandata la vigilanza sui pubblici riparti, però con l’intelligenza degli estimati del comune e per essi dei loro deputati civili.
Il cancelliere abitava in Varese e percepiva 18 lire annue per il lavoro ordinario. Presso di lui si trovavano le poche scritture del comune, che non aveva procuratore o agente in alcun luogo (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3036, vol. D XVII, Como, pieve di Varese, [2], fasc. 22).
Nel 1757, il compartimento territoriale dello stato di Milano considerò Calcinate comune aggregato a Morosolo (editto 10 giugno 1757).
ultima modifica: 28/08/2006
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11000160/