comune di Cardano sec. XIV - 1757
La località di Cardano, citata negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano del 1346 e facente parte della pieve di Gallarate, era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Cardano fece parte del feudo di Gallarate, donato nel 1530 dal duca Francesco II Sforza a Marino Caracciolo, poi cardinale.
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVIII secolo Cardano risultava ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 18-19).
Il feudo venne scambiato nel 1564 con il feudo di Atripalda nel regno di Napoli e ceduto a Giacomo Pallavicino Basadonna. Dopo la morte del feudatario senza eredi capaci, il feudo e l’annesso titolo di conte furono assegnati da Filippo II di Spagna a Giacomo Annibale Altemps nel 1578. Nel 1656 il feudo passò ai marchesi Teobaldo e Galeazzo Visconti di Cislago.
Nel 1716, Carlo VI concesse il feudo al conte Francesco Castelbarco Visconti, come successore del marchese Cesare Visconti (Casanova 1904).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune, che allora aveva circa 1000 anime collettabili e non collettabili, era infeudato al conte di Castelbarco, al quale annualmente pagava di censo 8 lire, 2 soldi e 6 denari.
Il giudice sia regio che feudale a cui il comune era sottoposto, alle di cui rispettive banche criminali il console prestava il giuramento, risiedevano l’uno e l’altro in Gallarate, capo di pieve. Ad essi il comune non versava nessun salario, se non per l’onorario che la comunità corrispondeva al podestà in occasione di atti pubblici, che era di 7 lire per ogni volta.
Per gli interessi ordinari il comune non disponeva di un consiglio generale, ma di un consiglio particolare, composto dal console e dai quattro sindaci che d’ordinario venivano sostituiti ogni due anni.
Il cancelliere risiedeva nel paese e aveva la cura delle pubbliche scritture, poste in una stanza di ragione del pubblico, destinata altresì per riunire il popolo in occasione degli atti pubblici. Al cancelliere si corrispondevano 140 lire come emolumento annuale.
Il comune non aveva in Milano né agente, né procuratore (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3071, vol. D XIII, Milano, pieve di Gallarate, n. 19, fasc. 7).
ultima modifica: 29/08/2006
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
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