comune di Orino sec. XIV - 1757
Il primo documento in cui appare citato il vico di Orino risale al 979 ed è compreso nel “Regestum Sanctae Mariae de monte Vellate” (Agnisetta 1995, p. 30). Orino è citato poi, come località della pieve di Cuvio, negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano, del 1346. La comunità era tra quelle che contribuivano alla manutenzione della strada di Bollate (Compartizione delle fagie 1346).
Nel 1450, con istrumento in data 16 maggio del notaio Giacomo Perego, il territorio della Valcuvia venne concesso in feudo dal duca Francesco I Sforza al suo consigliere Pietro Cotta. Il feudo passò nel 1727 al conte Giulio Visconti Borromeo, con diritto del venditore, il giureconsulto Pietro Cotta, all’esazione dei diritti feudali, cioè del censo dell’imbottato, vita natural durante (Casanova 1930).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Orino risultava tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 49).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune era infeudato agli eredi di Giulio Visconti Borromeo Arese, cui versava ogni anno complessivamente la somma di 60 lire e aveva come unico patrimonio un terreno montano comprendente bosco e pascolo.
La giurisdizione sul territorio spettava al podestà feudale di Cuvio, che percepiva annualmente 14 lire. Le denunce venivano portate dal console della comunità sia al giudice di Cuvio che alla banca criminale del regio ufficio di Varese.
Il comune non disponeva di un consiglio, ma solo del sindaco, del cancelliere e del console. Le principali decisioni venivano prese durante le riunioni dei capifamiglia, convocati dal console nella pubblica piazza.
Il cancelliere, che risiedeva a Cocquio, veniva pagato 12 lire all’anno e conservava le scritture correnti del comune; mentre il vecchio libro del catasto e altri documenti comunali erano conservati da un certo Bartolomeo Giovannone. Il secondo libro del catasto si trovava invece presso il sindaco.
Le anime collettabili e non collettabili erano circa 356, di cui 268 collettabili e 88 non collettabili (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3037, vol. D XVIII, Como, Valcuvia, fasc. 18).
ultima modifica: 13/10/2003
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
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