comune di Schianno sec. XIV - 1757
Schianno è ricordato già in un documento dell’anno 852 proveniente dal Monastero di Sant’Ambrogio di Milano (Gianazza 1993). La località è citata come “Sgiano” negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano e apparteneva alla pieve di Varese: era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Bollate (Compartizione delle fagie 1346).
Schianno fece parte del contado del Seprio e ne seguì le sorti. Nel 1538 Carlo V decise di vendere una serie di diritti, dando vita a quello che fu definito feudo della Fraccia Superiore di Varese, che comprendeva anche Schianno, e che fu acquistato da Francesco Girami.
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti Schianno risultava tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 50-51).
Nel 1611 il feudo della Fraccia Superiore risultava in possesso di Lavinia Visconti e del marito Alessandro Vistarini. Da Lavinia Visconti, nel 1647, passò per donazione al conte Fabio Visconti Borromeo (Gianazza 1993).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune era infeudato al conte Giulio Visconti Borromeo Arese, senza dar luogo a pagamenti.
Non vi risiedevano giudici. La giurisdizione spettava al giudice regio di Varese, Massimiliano Pusterla, e al giudice feudale residente in Gavirate, Carlo Bartolomeo Porta, cui si pagava un salario annuo di 9 lire e alla cui banca il console del comune prestava l’ordinario giuramento.
Il comune aveva un consiglio generale formato da due sindaci, un console e dall’intervento di tutti, o quasi tutti i capifamiglia, che si radunavano al suono della campana nella pubblica piazza. In tal modo si eleggevano e si sostituivano i sindaci. Il consolato veniva esercitato per un mese da ogni uomo dai 18 ai 70 anni. La vigilanza sulla giusta distribuzione dei carichi fiscali era affidata particolarmente ai sindaci, sempre però coll’intelligenza dei deputati civili delegati dalla comunità e dai realisti.
Il cancelliere abitava in Varese: il suo salario era di 30 lire all’anno per le cose ordinarie. Il medesimo cancelliere aveva cura delle poche scritture del comune.
Il comune, di 300 abitanti, non disponeva di procuratore né agente in nessun luogo (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3036, vol. D XVII, Como, pieve di Varese, [2], fasc. 26).
ultima modifica: 30/05/2004
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
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