comune di Tradate sec. XIII - 1757

Nel 1256, in un atto di vendita, vengono citati i consoli dei vicini e quello dei nobili di Tradate (Bognetti 1978, p. 228).
La località di Tradate venne citata nella forma “El locho de Tradà per li nobili e vicini” negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano e faceva parte della pieve di Castelseprio. Era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Bollate (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVIII secolo Tradate risultava ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 10-11).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, Tradate, che allora contava circa 1450 abitanti, non aveva feudatario essendosi redento dal feudo. La competenza giurisdizionale spettava al giudice regio di Varese, Massimiliano Pusterla, e il giuramento veniva prestato da parte del console alla banca criminale dello stesso ufficio.
Il comune non aveva consiglio generale né particolare. Le decisioni venivano prese nel congresso degli estimati, cui potevano partecipare anche altre persone interessate. Il corpo degli estimati eleggeva un deputato civile; mentre il popolo, convocato col suono della campana nella pubblica piazza, eleggeva per “balotazione” due sindaci, che venivano rinnovati ogni due anni. I sindaci non potevano assumere decisioni senza il consenso del deputato civile, che curava gli interessi del comune e l’equità delle ripartizioni tributarie.
Il comune aveva un cancelliere residente nel territorio, che si occupava delle scritture pubbliche e conservava l’archivio nella sua abitazione. Il cancelliere percepiva 200 lire annue, oltre a sei lire per la carta e l’inchiostro.
Il comune non disponeva di procuratori né di agenti a Milano (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3039, fasc. 15).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]