comune di Vergobbio sec. XIV - 1757
Località citata negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano e facente parte della pieve di Cuvio. Era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Nel 1450, con istrumento in data 16 maggio del notaio Giacomo Perego, il territorio della Valcuvia venne concesso in feudo dal duca Francesco I Sforza al suo consigliere Pietro Cotta. Il feudo passò nel 1727 al conte Giulio Visconti Borromeo, con diritto del venditore, il giureconsulto Pietro Cotta, all’esazione dei diritti feudali, cioè del censo dell’imbottato, vita natural durante (Casanova 1930).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Vergobbio risultava tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 49).
Il paese venne citato anche nella “Relatione di tutte le Terre dello Stato di Milano” di Ambrosio Oppizzone, pubblicata nel 1634, ed era tassato per 12 staia di sale (Oppizzone 1634).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune era infeudato, sotto titolo di feudo antico, al conte Giulio Visconti, cui corrispondeva all’anno lire 14 e 14 soldi. Altre 40 lire venivano pagate a titolo di feudo nuovo a Pietro Cotta.
Il doppio infeudamento aveva effetti anche sulla struttura istituzionale. Vergobbio infatti aveva due consoli, uno per i sudditi di feudo antico e l’altro per i sudditi di feudo nuovo. Non si prestava alcun giuramento a banche criminali, ma, se necessario, ogni console portava le denunce alla banca del podestà del proprio feudo. Entrambe le banche si trovavano a Cuvio e le preture avevano nel 1751 lo stesso giudice, Francesco Antonio Buzzi.
Il console convocava, avvisando gli abitanti focolare per focolare, le vicinanze comunali, che si svolgevano nella pubblica piazza e nelle quali, all’inizio di ogni anno, si eleggevano due sindaci, che si interessavano di determinare la suddivisione dei carichi fiscali, svolgevano anche i compiti del cancelliere e conservavano i documenti pubblici, dietro una retribuzione di 28 lire annue. Le anime erano nel 1751 circa 281 (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3037, vol. D XVIII, Como, Valcuvia, fasc. 21).
ultima modifica: 13/10/2003
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
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