monastero di San Giacomo 1076 - 1491
Monastero cluniacense maschile.
La fondazione del monastero di Pontida risale all'8 novembre 1076 (Spinelli 1979-1981 p. 506; Locatelli, Da Re 1986 p. 75) quando Alberto, appartenente alla famiglia comitale da Prezzate, donò a Cluny una terra sita a Pontida (Sala 1996 p. 12), dove già esisteva una chiesa dedicata alla vergine Maria, a san Giacomo e ai santi Bassiano e Nicola e c'era un monastero in costruzione (Lunardon 1979-1981 pp. 159-160, Spinelli a 1979-1981 p. 506). La particolare collocazione dei beni donati, al limite orientale della diocesi di Milano, nel comitato di Bergamo, e la fondazione in un periodo di relativa tranquillità politica nella zona - mentre l'autorità vescovile bergamasca si impegnava nel recupero delle proprietà ecclesiastiche usurpate dai conti Martinengo (Sala 1996 p. 12; Locatelli, Da Re 1986 pp. 75-76) - contribuirono certamente alla fortuna del cenobio, candidato presto a divenire il principale ente di penetrazione del movimento cluniacense nella "provincia Lumbardiae". Il monastero era presto avviato grazie anche alla donazione, nel 1079, di altri beni di Alberto limitrofi a quelli donati nel 1076 (Sala 1996 p. 12). Tra il 1080 e il 1081 Alberto si ritirò nel monastero da lui fondato, occupando un ruolo primario nella piccola comunità e divenendone di fatto priore (Lunardon 1979-1981 pp. 180-181; Sala 1996 p. 12). Il patrimonio monastico crebbe velocemente in questi anni, grazie a numerose donazioni, tra cui si ricorda quella del chierico bresciano Oddone de Salis (Sala 1996 p. 13) che nel 1087 donò a Pontida beni nel bresciano tra cui Sale di Gussago, Verziano, Maclodio, Brandico, Ognato, Rudiano, Gerola (Baronio 1979-1981 p. 205; Locatelli, Da Re 1986 p. 76); in quello stesso anno Alberto fu autorizzato da Cluny a disporre e amministrare i beni già pervenuti al suo monastero (Sala 1996 p. 15). Il 16 marzo 1095 il monastero di San Giacomo ricevette il primo riconoscimento ufficiale (Sala 1996 p. 15) da Urbano II, che confermò all'abate Ugo di Cluny il patrimonio pontidese, comprendente le obbedienze di Prezzate, Medolago, Portesana, Moringo, "Vultulina" e i beni donati da Oddone de Salis (Spinelli 1979-1981 p. 506). Ulteriori conferme ufficiali vennero a Pontida nel 1109 da parte di Pasquale II e nel 1120 da parte di Callisto II (Spinelli 1979-1981 p. 506). Il patrimonio di Pontida avrebbe continuato a crescere per un secolo, abbandonando nel corso del tempo gli immobili e le realtà più lontane o sottoposte ad una diversa giurisdizione diocesana e amministrativa (Menant 1996 p. 35), acquisendo beni dalla nobiltà da cui proveniva lo stesso Alberto, dai conti di Bergamo, dalle famiglie capitaneali milanesi (Menant 1996 pp. 32 e 37). I beni di San Giacomo furono confermati più volte nel corso del XII secolo, da Urbano II, Innocenzo II, Celestino II, Lucio II e Urbano III, nonchè da Federico I (Kehr 1913 p. 393). La bolla di Urbano III del 1186 mostrava la scomparsa di alcuni piccoli possessi bresciani, l'aggiunta di possedimenti a Foppenico, Marne, Carpeneto, Curno, Montanaso, Paderno, Cassago Brianza, Endenna e Arcene (Menant 1996 p. 35). In questo atto si enumeravano chiese e cappelle e diritti di decima, a cui andavano aggiunti villaggi su cui il priorato deteneva diritti giurisdizionali, terre e pascoli (Menant 1996 p. 37); la bolla sembra sancire una situazione patrimoniale più o meno definitiva, un complesso di beni ingrandito e razionalizzato rispetto a quello di un secolo prima (Menant 1996 p. 32). Il patrimonio dell'ente si distribuiva principalmente in Val San Martino, Isola Brembana e Brianza (Menant 1996 pp. 37-42); vi erano consistenti beni in pianura a Morengo, Carpeneto, Gerola, "Petrignanum" - Villa Pedergnano in frazione di Erbusco o Pedergnana -, Montanaso Lombardo, Arcene (Menant 1996 pp. 42-46) e alpeggi ad Endenna, Zogno (Menant 1996 pp. 47-48). Nel complesso Pontida deteneva terreni, esercitava diritti signorili e gestiva direttamente e indirettamente un ampio e variegato patrimonio comprendente anche porti sull'Adda, mulini, pascoli, in grado di garantirgli l'autosufficienza (Menant 1996 pp. 47-51). Nel passaggio al XII secolo Pontida continuò, come si è detto, acquisizioni patrimoniali e visse un periodo di prosperità. Il priorato non cercò, a quanto pare, contatti con la borghesia cittadina emergente, preferendo il legame con la piccolta nobiltà, con le famiglie da Mapello, da Prezzate, da Bonate e con la nobiltà milanese. A metà del secolo Pontida aveva raggiunto un ruolo primario nell'organizzazione cluniacense della zona e fu anche teatro di un importante evento: nel 1167 il giuramento della Lega Lombarda fu infatti sottoscritto nel monastero (Sala 1996 p. 19). Nella prima parte del XIII secolo si registrano alcune cause e contenziosi per diritti di esazioni di decime nei territori soggetti al cenobio e una situazione di indebitamento dovuta probabilmente a lavori nel chiostro monastico. Nel corso del secolo la presenza monastica sembra essersi aggirata sulle venti o trenta unità (Menant 1996 p. 51), a cui devono forse aggiungersi i monaci residenti nelle chiese e cappelle pertinenti a San Giacomo. Non pare che Pontida abbia preso parte attiva ai rivolgimenti che interessavano la città di Bergamo in quel periodo (Sala 1996 p. 18); la situazione burrascosa aveva avuto ripercussioni indirette sul cenobio ma andava a colpire i milanesi, generosi benefattori del cenobio. A peggiorare la situazione economica contribuirono le guerre e le carestie, con conseguenti obblighi di assistenza da parte del priorato, a cui risulta annesso dal 1090 un "hospitium" dotato di amministrazione indipendente ma controllato dal monastero (Lunardon 1979-1981 pp. 166-168; Locatelli, Da Re 1986 p. 77). Nella seconda metà del secolo la storia di Pontida ricorda fatti drammatici, come l'uccisione nel 1282 del priore Bonifacio Torre ad opera di un converso del vicino cenobio cluniacense di Sant'Egidio di Fontanella. Alla fine del XIII secolo le carenze spirituali, patrimoniali e religiose dei cenobi cluniacensi lombardi erano un dato di fatto: a questa situazione non si sottrasse nemmeno il priorato pontidese, che risentì della lotta tra guelfi e ghibellini nel bergamasco (Locatelli, Da Re 1986 p. 80) e addirittura spogliato "ad opera di alcuni monaci che in tal modo manifestavano la loro opposizione alle decisioni prese ... dal papa e da Cluny" tesi a utilizzare i cenobi lombardi in garanzia per i debiti che gravavano su Cluny. In seguito a questi fatti Celestino V affidò in commenda San Giacomo al cardinale Guglielmo Longhi (Lunardon 1979-1981 p. 170). L'opera di controllo del Longhi sul monastero fu efficace: il cardinale fece redigere un elenco di beni del cenobio e ricostruire la chiesa e il monastero. La sua opera si interruppe nel 1317, quando il cenobio tornò a Cluny e i disordini nel bergamasco interessarono direttamente l'ente. Per quanto concerne l'amministrazione patrimoniale, nonostante tutto "la gestione sembra restare oculata e assicurare facilmente la sussitenza della comunità a l'adempimento dei suoi obblighi fino ai primi decenni del secolo XIV, dopo la morte del ... Longhi" (Menant 1996 p. 32). Nel 1320, in seguito alla ribellione ai Visconti nelle campagne bergamasche, il monastero fu occupato per ordine del podestà di Bergamo (Sala 1996 p. 26): gran parte dei monaci si trasferì nella sua sede cittadina - in contrada San Giacomo, già attestata dal secolo rpecedente (Locatelli, Da Re 1986 p. 81 ) - mentre un nucleo di venti religiosi si trattenne nel cenobio. Nella prima parte del secolo la presenza media dei monaci si aggirò sulle venti unità (Menant 1996 p. 51). La storia del monastero di Pontida nel corso del XIV secolo è quella di un continuo passaggio da Cluny ai commendatari e viceversa, in condizioni di ovvie difficoltà (locatelli Da Re 1986 p. 81). Il colpo di grazia avvenne nel 1373 (Lunardon 1979-1981 p. 170), quando Bernabò Visconti assediò e devastò il priorato, nella cui chiesa si asserragliavano i ribelli bergamaschi che avevano ucciso suo figlio; alla fine dell'anno per suo ordine il monastero fu distrutto (Sala 1996 p. 28; Locatelli, Da Re 1986 p. 81). Nel 1378, secondo la relazione dei visitatori cluniacensi, a Pontida era tornata la comunità monastica, composta di soli otto monaci, costretti a celebrare gli uffici divini nel refettorio, dato che il monastero e la chiesa avevano subito gravi danni (Lunardon 1979-1981 p. 170; Sala 1996 p. 29). Negli anni successivi i commendatari cercarono di recuperare i crediti dell'ente e ottennero dalle autorià importanti riconferme di beni e privilegi. Il priorato rimase in commenda anche nel secolo successivo (Spinelli 1996 a p. 66), spesso deserto (Locatelli, Da Re 1986 p. 82); tra i rettori dell'ente si ricordano importanti personaggi quali il canonico della cattedrale di Bergamo Giovanni Buccelleni che riuscì a recuperare consistenti crediti e a utilizzare questo denaro per lavori di restauro delle strutture monastiche, si occupò della cura d'anime del territorio e ottenne nel 1444 da Eugenio III una bolla contro gli usurpatori del patrimonio pontidese (Spinelli 1996 a p. 71). Al Buccelleni succedettero Pietro Barbo, sotto il cui governo Pontida riacquistò il castello di Morengo usurpato da Bernabò Visconti e si costituì la parrocchia di Somendenna distinta da quella di Santa Maria di Endenna (Lunardon 1979-1981 p. 172); il cardinale e umanista Bessarione (Spinelli 1996 a p. 71), il cardinale Riario che resse sia Pontida che Sant'Egidio di Fontanella e che assistette alla divisione delle parrocchie di San Zenone di Ambivere e di Pontida (Spinelli 1996 a p. 71); il cardinale Marco Barbo (Spinelli 1996 a p. 71). Questi entrò in contrasto con gli interessi della Repubblica di Venezia, che premeva per aggregare il priorato e il suo consistente patrimonio a San Marco; nel 1487 Barbo divenne commendatario e nello stesso anno, l'11 ottobre, il papa decretò l'incorporazione di San Giacomo alla cappella ducale di San Marco (Spinelli 1996 a pp. 73-75; Locatelli, Da Re 1986 p. 82). Barbo si prodigò in ogni caso per il passaggio del cenobio alla congregazione di Santa Giustina di Padova e grazie al suo impegno si giunse a una sorta di compromesso: "con l'assenso del doge, Innocenzo VIII, con bolla del 5 giugno 1490, univa in perpetuo il priorato di Pontida alla congregazione di Santa Giustina di Padova:... il 12 marzo 1491 i procuratori di San Marco venivano immessi nel possesso del priorato, attuando così le disposizioni .... nella bolla di Innocenzo VIII dell'11 ottobre 1487. Rimanevano da attuare le altre disposizioni ... relative all'introduzione dei monaci di Santa Giustina: ciò avvenne il 5 luglio 1491 con un piccolo gruppo di monaci guidati da Benedetto Marin. Già da un anno però un monaco della congregazione si trovava nel monastero per sorvegliare i lavori di riparazione ... e per preparare la venuta della nuova comunità. L'immissione ufficiale di quest'ultima avvenne ... il 26 settembre 1491" (Spinelli 1996 a p. 74).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Diana Vecchio ]
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