monastero di Sant'Eufemia 1008 - 1457
Monastero benedettino maschile.
La fondazione del cenobio di Sant'Eufemia risale all'anno 1008 e alla volontà del vescovo Landolfo (Violante 1963, p. 1030; Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 14; Piovanelli, Morandi 1985, p. 10), che edificò un monastero in una località paludosa bonificata ai piedi del colle della Maddalena, in posizione strategica sulla via di transito tra Brescia e Rezzato. Sant'Eufemia è quindi sin dall'origine un monastero di diritto vescovile come quelli di San Faustino a Brescia e di San Pietro in Monte a Serle. Landolfo fu il primo benefattore del cenobio, cui donò 700 iugeri di terre in Rezzato e Botticino (Violante 1963, p. 1030). Il vescovo difese e promosse la sua istituzione non solo dotandola di beni ma anche accrescendone il valore spirituale: nel 1022 si occupò del trasferimento del corpo di san Paterio dalla chiesa di San Fioriano sui Ronchi di Brescia a Sant'Eufemia (Piovanelli, Morandi 1985, p. 15). Gli stretti legami di Landolfo con l'ente giustificano il fatto che al momento della morte il vescovo volle esservi sepolto (Violante 1963, p. 1033; Piovanelli, Morandi 1985, p. 15). Precoci sono i rapporti con altre realtà religiose bresciane, ad esempio con il monastero benedettino femminile di Santa Giulia, con il quale Sant'Eufemia permutò delle terre nel 1038 (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 18). Per quanto riguarda il patrimonio monastico, i beni donati da Landolfo furono presto oggetto di dispute: in un placito del 1018 Landolfo aveva già confermato a Sant'Eufemia il possesso dei beni in Rezzato e Botticino, reclamati dalle comunità di quei paesi (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 16). Contenziosi per questioni giurisdizionali e patrimoniali relative a quei territori caratterizzano il primo secolo di vita del monastero, che risultò sempre vincitore nei placiti detenuti dagli imperatori tra cui quello del 1024 giudicato da Enrico II e quello del 1091 giudicato da Enrico IV (Violante 1963, p. 1038; Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 14; Piovanelli, Morandi 1985, pp. 20-21). Sant'Eufemia acquisì nel corso del XII secolo beni a Castenedolo, sulla Maddalena, lungo i fiumi Oglio e Mella, in Valtrompia oltre che a Sant'Eufemia, Botticino, Rezzato e Caionvico e cercò di espandersi verso i laghi di Garda e di Iseo, acquisendo proprietà a Toscolano e Gardone e in Franciacorta (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 16). Il monastero acquisì in quel periodo anche diversi enti religiosi: la chiesa di San Nicolò annessa al monastero, a sostegno della quale il vescovo Giovanni donò beni a Toscolano (Violante 1963, p. 1038; Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 18; Piovanelli, Morandi 1985, p. 19); a Rezzato la chiesa di Santa Maria di Valverde, menzionata per la prima volta nel 1019, la chiesa e il piccolo cenobio di San Pietro - lasciato dai monaci nel 1299 per ordine di Berardo Maggi, che decretò il loro trasferimento all'ospedale di San Giacomo (Piovanelli, Morandi 1985, p. 31) -, il battistero di San Giovanni e la chiesa di Santa Maria ad Elisabetta, oggetto nel 1175 di una serrata disputa tra Sant'Eufemia e la cattedrale cittadina. A Rezzato, sulla strada da Castenedolo a Buffalora, il cenobio possedeva l'ospedale di San Giacomo, eretto nel 1102, consacrato nel 1121 e dotato di diversi beni, confermati dal legato papale nel 1132 e da Alessandro III nel 1170 (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 67; Manzoni di Chiosca 1998, p. 23). I possedimenti e diritti del cenobio furono confermati dai vescovi bresciani, dall'autorità imperiale e pontificia (Kehr 1913, pp. 336-338); in particolare nel 1123 Callisto II confermò i beni e concesse il diritto di eleggere l'abate, che doveva essere confermato dal vescovo di Brescia; nel 1132 Innocenzo II, riprendendo la volontà del predecessore sottopose il monastero alla protezione papale. Nel 1186 Urbano III confermò i beni del monastero, ulteriormente estesi, proibendo al monastero la costruzione di cappelle nelle parrocchie dipendenti (Kehr 1913, p. 337; Violante 1963, p. 1061; Piovanelli, Morandi 1985, p. 25). Nel periodo successivo il monastero continuò ad acquisire beni, come nel caso di Gardone Riviera, di cui si occupò l'abate Giovanni appartenente alla importante famiglia bresciana Ugoni: anche a Sant'Eufemia, come negli altri grandi cenobi bresciani, la presenza e gli interessi dei membri delle famiglie capitaneali erano notevoli (Sabatti 1984, p. 7). Nel passaggio tra il XIII e il XIV la situazione del monastero, al pari degli altri enti religiosi della diocesi di Brescia, si avviava a mutamenti. Significativa per una riduzione di diritti e giurisdizioni per Sant'Eufemia fu la dichiarazione di autonomia conferita nel 1299 da Berardo Maggi al comune di Rezzato, da sempre legato agli interessi del cenobio. Diverse notizie si hanno sul monastero nel XIV secolo. Nei primi anni del secolo l'abate Inverardo Confalonieri fece ricostruire l'ospedale di San Giacomo (Piovanelli, Morandi 1985, p. 33); nel 1309 all'abate, che aveva accompagnato a Tolosa da Clemente V Federico Maggi che doveva essere ordinato vescovo di Brescia (Violante 1963, p. 1098; Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 14) venne concesso il diritto di portare le insegne episcopali (Violante 1963, p. 1098; Piovanelli, Morandi 1985, p. 33); in quel periodo la comunità era composta da dodici monaci più l'abate (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 26), mentre cinquant'anni dopo la cifra si era dimezzata e i monaci vivevano in una condizione di "grave rilassamento morale" (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 26). Al pari degli altri monasteri bresciani, anche quello di Sant'Eufemia volle procurarsi un recapito in città e nel corso del XIV secolo acquisì la "domus" umiliata "de Urceis" a porta Torrelunga e quindi anche la annessa chiesa dei Santi Simone e Giuda (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 21). La comunità dovette far fronte anche a problemi esterni e a diverse difficoltà economiche, vendendo e svendendo parte del patrimonio; tuttavia all'inizio del XV secolo si registrano acquisizioni di beni nelle località di San Zeno e Folzano, segno di un certo dinamismo commerciale. Al momento del passaggio di Brescia sotto la Repubblica di Venezia il monastero, retto dall'abate Teofilo Michiel, era disabitato a causa dei pericoli derivati dalle battaglie tra la città e Venezia (Sabatti 1984, p. 8) e i monaci risiedevano nella loro abitazione cittadina a Torrelunga. Negli anni immediatamente successivi il governo veneto dovette intervenire a proposito degli scandali scoppiati a Sant'Eufemia e San Faustino, cenobi dove vigeva una situazione di rilassatezza dei costumi e di crisi spirituale e morale nonché patrimoniale. A quest'ultima difficoltà sembra si sia posto mano per Sant'Eufemia nel 1428, con la redazione di un inventario dei beni del cenobio datato 19 giugno (Piovanelli, Morandi 1985, p. 38). Nel 1438 il cenobio, condotto dall'abate Gabriele Avogadro, fu gravemente danneggiato e semidistrutto durante l'assedio di Niccolò Piccinino alla città di Brescia (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 17; Piovanelli, Morandi 1985, p. 39). A causa di questa situazione la comunità monastica, già stabilitasi in città da qualche tempo, vi si trasferì definitivamente: il 30 maggio 1444 Eugenio IV autorizzò i monaci alla costruzione di un monastero e chiesa in quel luogo (Violante 1963, p. 1122) e due anni dopo, preoccupandosi della situazione patrimoniale del monastero, intimò ai monaci il recupero dei beni dell'ospedale di San Giacomo che erano stati usurpati da privati (Violante 1963, p. 67). Il 2 febbraio 1457 Callisto III unì il cenobio di Sant'Eufemia "intra moenia" alla congregazione di Santa Giustina di Padova (Violante 1963, p. 1123; Piovanelli, Morandi 1985, p. 41).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Diana Vecchio ]
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