monastero di Sant'Eufemia 1457 - 1797
Monastero benedettino cassinese maschile.
Il monastero benedettino sorto nel 1008 per volontà del vescovo Landolfo in località Sant'Eufemia della Fonte presso Brescia, fu gravemente danneggiato nel 1438 durante l'assedio delle truppe viscontee di Niccolò Piccinino alla città; i monaci, che già da qualche tempo occupavano la loro sede entro le mura cittadine, la "domus" umiliata "de Urceis" e l'annessa chiesa dei Santi Simone e Giuda presso Porta Torrelunga, in quell'occasione vi si trasferirono definitivamente. Il 30 maggio 1444 Eugenio IV autorizzò i monaci alla costruzione di un monastero e chiesa in quel luogo (Violante 1963, p. 1122) e il 2 febbraio 1457 Callisto III unì il nuovo cenobio di Sant'Eufemia "intra moenia" alla congregazione di Santa Giustina di Padova (Violante 1963, p. 1123). Nella nuova sede cittadina, i lavori alla chiesa e al monastero si protrassero dal 1462 fino al 1479 (Sabatti 1984, p. 8); il 25 febbraio di quell'anno le reliquie di san Paterio che dimoravano a Sant'Eufemia della Fonte dal 1022, furono trasferite nella nuova chiesa (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 22). In questo periodo e fino al XVI secolo inoltrato le difficoltà economiche del monastero portarono il governo veneto a concedere all'ente una serie di esenzioni e dilazioni di pagamento (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, pp. 17-19; Sabatti 1984, pp. 8-9). Nel corso di questo periodo numerosi furono anche i tentativi dell'autorità vescovile di controllare il monastero e i suoi possedimenti come testimoniano i contenzionsi del 1486 per la visita pastorale da effettuarsi nel monastero e del 1509 per il beneficio della chiesa di Santa Maria del Giogo (Sabatti 1984, pp. 8-9). Per quanto concerne invece il patrimonio monastico, il cenobio possedeva già dal XII secolo beni presso Sant'Eufemia della Fonte, a Rezzato e Botticino, nonché sulla riviera gardesana, in Franciacorta, in Valtrompia, lungo il corso dei fiumi Mella e Oglio. Nel XV secolo, secondo quanto riportato in una memoria settecentesca, dipendevano dal cenobio la chiesa di San Paterio e l'oratorio di San Giacinto a Sant'Eufemia della Fonte; le chiese di San Giovanni Battista e di Santa Maria in Valverde a Rezzato - concesso nel 1459 ell'eremita Biagio di Alemagna (Piovanelli, Morandi 1985, p. 41), l'ospedale di San Giacomo di Castenedolo, l'oratorio di San Benedetto a Iseo, la chiesa della Madonna del Giogo sul monte Capra presso Iseo e il priorato dei Santi Nazaro e Celso a Gerola (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 17), in passato legato al monastero cluniacense di San Giacomo di Pontida (Spinelli 1979-1981, p. 510). I monaci di Sant'Eufemia avevano interessi per l'utilizzo del Naviglio Grande (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 18), che scorreva da Gavardo al porto di San Matteo in città, come testimoniano documenti risalenti al 1462 (Piovanelli, Morandi 1985, p. 41). Nel 1463 Pio II assegnò a Sant'Eufemia, per conto della congregazione cassinese il governo del monastero di Santa Maria di Maguzzano: l'ente sarebbe passato nel 1490 al monastero mantovano di San Benedetto Polirone (Salvarani 2002, p. 177; Piovanelli, Morandi 1985, p. 41). La cura del patrimonio monastico di Sant'Eufemia e della vita religiosa dell'ente furono oggetto dell'attenzione della Santa Sede: nel 1465 Paolo II emanò una minaccia di scomunica contro gli usurpatori delle terre, beni, enti, oggetti e animali, libri e documenti pertinenti all'archivio e alla biblioteca del cenobio (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 19). Poche e varie sono le notizie sul cenobio per il resto dell'età moderna. All'inizio del XVI secolo il monastero ospitò il monaco Teofilo Bona, in arte Teofilo Folengo, che compì la sua professione nel 1492 a Sant'Eufemia (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 29) e vi dimorò a fasi alterne dal 1509 al 1544 (Sabatti 1984, pp. 8-10); nel 1538 risulta rettore della chiesa di Santa Maria del Giogo. E' noto che dal XVI secolo al monastero fu affidato il controllo delle monache di Santa Giulia: le monache riuscirono a mantenere la loro dipendenza dai cassinesi di Sant'Eufemia anche nel XVII secolo, quando questo rapporto venne insidiato dall'autorità vescovile (Evangelisti 1992, p. 78). I cassinesi di Sant'Eufemia manifestarono un interesse per il riordino e la cura dell'archivio già nel XVII secolo: nel 1649 l'archivio monastico fu affidato all'erudito Cornelio Margarino. Nel tentativo di gestire e riordinare il patrimonio monastico, nel 1716 la cura dell'archivio di Sant'Eufemia fu affidata al monaco Gianandrea Astezati. Nel XVIII secolo è attestata a Sant'Eufemia la presenza di una biblioteca e di una scuola di teologia (Piovanelli, Morandi 1985, p. 42). Alla fine del secolo anche il monastero di Sant'Eufemia fu soppresso: in luglio i monaci passarono al monastero di San Faustino, il 2 novembre 1797 il monastero di Sant'Eufemia venne soppresso con provvedimento del direttorio esecutivo della Repubblica Cisalpina e i suoi beni assegnati all'Ospedale Maggiore di Brescia (ASBs, Fondo Ospedale Maggiore, Filza 10 n. 238; ASBs, Prefettura del Mella, b. 259; Culto, S. Eufemia 1797-1815).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Diana Vecchio ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500405/