monastero di Santa Giulia 759 - 1481
Monastero benedettino femminile.
Il monastero sorse alla metà dell'VIII secolo alle falde meridionali del colle Cidneo. In età longobarda l'area, appartenente al fisco regio, fu donata da Astolfo al re Desiderio e alla moglie Ansa che fondarono su strutture preesistenti (Brogiolo 1993, p. 98-102) un monastero ponendovi come badessa la loro figlia Anselperga. La fondazione dell'ente risalirebbe secondo una fonte quattrocentesca al 753: il primo documento del cenobio risale invece al 759. Per quanto riguarda la dedicazione dell'ente, nel documento del 759 il monastero è dedicato ai santi Michele e Pietro; dall'anno successivo compare la sola dedicazione al Salvatore. Nel 762-763 le reliquie di Giulia, martire cartaginese, vennero traslate a Brescia dall'isola di Gorgona (Bognetti 1963, p. 439; Violante 1963, p. 1023): nel 915 compare per la prima volta nella documentazione del monastero l'intitolazione alla santa, che si alterna con quella al Salvatore fino all'inizio del secolo XI e nel secolo XII si affermerà in maniera esclusiva.
Negli anni immediatamente seguenti alla fondazione Desiderio dotò riccamente il monastero di arredi liturgici e terre e gli sottopose istituzioni e piccoli cenobi; altri enti e beni furono acquisiti attraverso scambi e permute. I possessi di San Salvatore in epoca longobarda si snodavano dal bresciano a Pavia, Pistoia, Lunigiana, Reatino, Beneventano e crearono una fitta rete di dipendenze (Bognetti 1963, p. 441; Bettelli Bergamaschi 1984, pp. 149-151). Il monastero sosteneva in questo periodo un forte ruolo politico, costituendo una delle basi del potere del re. Desiderio pose il cenobio sotto la sua protezione e decretò che la scelta della badessa avvenisse all'interno della comunità (Bettelli Bergamaschi 1995, pp. 67-71). Nel 762 Paolo I concesse al monastero l'esenzione dalla giurisdizione del vescovo di Brescia (Bettelli Bergamaschi 1984, pp. 148-150). San Salvatore mantenne anche sotto i Carolingi un ruolo politico di primo piano (Bognetti 1963, pp. 455-475): i suoi beni vennero confermati ripetutamente da Carlo Magno in poi (Bognetti 1963, pp. 449-483; Violante 1963, p. 1006). Alla fine del IX secolo fu redatto un inventario di beni del cenobio (Pasquali 1978 a, pp. 41-94; Pasquali 1992, p. 137) che dava notizia di più di novanta corti dipendenti da Santa Giulia in varie parti d'Italia, in cui lavoravano circa quattromila persone (Bettelli Bergamaschi 1996, pp. 46-47). In questi anni si ha anche la prima menzione di un ospedale - ospizio annesso al monastero, che dipenderà fino al XIII secolo direttamente dal cenobio (Mariella 1963, pp. 8-13; Zani 1992, pp. 245-247, Archetti 2001, pp. 83-106). Le monache fecero costruire tra la fine del IX e l'inizio del X secolo, nelle strutture del cenobio, la cappella di San Daniele, officiata da un collegio di canonici che operò in accordo con la badessa ma in maniera autonoma. Dall'XI secolo il prestigio e la potenza del monastero si ridimensionarono e iniziò una politica di mantenimento, contrazione e "concentrazione" del patrimonio fondiario: furono cedute terre site lontano dal monastero in cambio di terre più vicine (Violante 1963, pp. 1025-27). Santa Giulia cominciò a crearsi una clientela di vassalli, composta da membri di importanti famiglie bresciane legate anche agli altri monasteri della zona e al vescovo, quali i Palazzi, Calchera, Sala, Lavellongo, Gambara, Bornato, Cazzago, Poncarali (Menant 1992 a, pp. 119-129). Nel corso del XII secolo Santa Giulia diede un significativo contributo all'urbanizzazione della zona vicina al cenobio e allo sviluppo edilizio del Castello di Brescia. Dal 1130 ebbero inizio le controversie con la città di Piacenza per il possesso del porto e del ponte sul Po presso la città e relativi diritti, appartenenti a Santa Giulia forse già dall'età longobarda, che costituivano per il monastero una cospicua fonte di reddito (Palastrelli 1877, pp. 9-38; Solmi 1910, pp. 74-135). All'inizio del XIII secolo il monastero era in grado anche di realizzare vantaggiose operazioni economiche: lo dimostra la permuta del 1214 con il monastero di San Prospero di Reggio Emilia, a cui Santa Giulia cedette la corte di Migliarina presso Carpi, ottenendo in cambio quella di Medole, nel mantovano (Andenna 1994, p. 22). In seguito la situazione economica peggiorò notevolmente, in concomitanza con le guerre che si svolsero sul suolo bresciano. Come le altre grandi istituzioni religiose bresciane, il monastero risentì della crisi economica: forse a causa di questa crisi l'ospedale di Santa Giulia, fino ad allora soggetto alla badessa, dal XIII secolo venne amministrato da una prelata e iniziò a operare indipendentemente dal monastero (Zani 1992, pp. 245-246): si sarebbe estinto nel XV secolo, dopo un periodo di crisi, in seguito alla creazione dell'Ospedale Maggiore di Brescia e alla conseguente scomparsa degli antichi ospizi urbani. Santa Giulia riuscì in ogni caso a resistere alle difficoltà anche se dovette contrarre dei debiti, alienare parte del patrimonio. La crisi ebbe anche risvolti istituzionali e religiosi: conclusosi un secolo che aveva visto il predominio incontrastato sul monastero delle badesse della famiglia Confalonieri, nel XIV secolo si scatenò un'accesa competizione per la carica abbaziale, che riflette la lotta tra le grandi famiglie bresciane per l'affermazione del potere (Bettelli Bergamaschi 1993, pp. 417-419) e nel corso del secolo il monastero fu quasi sempre gestito in maniera irregolare da più monache, in qualità di vicarie. All'inizio del XV secolo in seguito al passaggio di Brescia sotto la Repubblica di Venezia, Santa Giulia visse una progressiva rinascita economica e spirituale: dalla metà del secolo, sotto il governo della badessa Elena Masperoni presero avvio la ristrutturazione del monastero in forme rinascimentali e l'avvicinamento alla congregazione di Santa Giustina (Bettelli Bergamaschi 1986, p. 37). Il passaggio ai cassinesi venne sancito da Sisto IV nel 1481 (Bettelli Bergamaschi 1993, p. 438; Spinelli 1992 c, p. 21) ma già nel 1456 i beni di Santa Giulia furono suddivisi tra le monache anziane governate dalla badessa e le giovani dirette da una priora (Spinelli 1992 c, p. 35).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Diana Vecchio ]
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