priorato di Santa Maria sec. XI - 1784
Priorato femminile cluniacense.
Dalla seconda metà del XIII secolo, il priorato di Cernobbio rappresentò l'unico caso di "priorato doppio" dell'ordine cluniacense in Lombardia, sul modello di Marcigny (Andenna 1985, p. 225). Ritornato esclusivamente femminile presumibilmente nel XV secolo, lo rimase fino alla soppressione del 1784.
Non se ne conosce la data di fondazione, avvenuta tra la fine dell'XI secolo e gli inizi del XII come "obbedienza" del priorato femminile di Santa Maria di Cantù, all'epoca della prima superiora del monastero canturino, Agnese "de Burgundia" (matronimico che non indica origine borgognona: Lucioni 1988, p. 385). Le rivendicazioni di autonomia della comunità cernobbiese, "riflesso della lotta tra milanesi e comaschi", sfociarono in una lite che fu portata davanti all'abate di Cluny verso il 1150 (Andenna 1979-1981, pp. 361-368) e che si concluse definitivamente solo nel 1260, quando il capitolo generale dell'ordine approvò l'accordo raggiunto tra i due monasteri, che prevedeva il riconoscimento dell'autonomia della fondazione più recente (Charvin 1965-1979, I, pp. 253-254). Negli anni successivi il cenobio andò strutturandosi come priorato doppio (Andenna 1985, pp. 225-226); le differenti dedicazioni a San Nicola per la chiesa e a Santa Maria per il priorato non devono far pensare a due distinti monasteri, maschile e femminile (Spinelli 1979-1981, pp. 518-519). Si ha citazione di un priore (monaco) di Cernobbio nel capitolo cluniacense del 1293 (Charvin 1965-1979, II, p. 63). "Il rispetto della regola di Marcigny e la presenza di un monastero doppio permisero alla fondazione monastica di Cernobbio di acquisire le proprietà di due priorati cluniacensi comaschi, in gran parte distrutti nella seconda metà del Duecento", quelli di San Giovanni Battista di Vertemate e dei Santi Cassiano e Ippolito di Olgiate (Andenna 1985, pp. 225-226). Nelle "Rationes" della decima papale del 1295-1298, alla quale contribuirono complessivamente con 141 libbre imperiali (Perelli Cippo 1976, p. 110), i monasteri di Vertemate, Olgiate e Cernobbio sono infatti ricordati come "unum corpus" (Perelli Cippo 1976, pp. 196, 242).
Dalla relazione dei visitatori cluniacensi del 1309 si apprende che in quell'anno il monastero ospitava il priore, due monaci, sedici tra religiose professe e novizie, due converse e tre conversi. Il possesso dei beni di Vertemate e Olgiate era impedito da occupazioni indebite (Charvin 1965-1979, II, p. 289). Nel capitolo generale del 1314, la situazione di Vertemate e Olgiate appariva normalizzata (Andenna 1979-1981, p. 380). I definitori stabilirono che il monastero non dovesse accogliere più di venti religiose (Charvin 1965-1979, II, p. 360), raccomandazione ripetuta anche nel capitolo del 1316, quando il monastero risultava ospitare diciassette monache, quattro monaci e cinque conversi (Charvin 1965-1979, II, p. 396). Nella visita del 1342 nelle due case unite di Vertemate e Cernobbio si trovavano, oltre al priore, cinque monaci e ventitré fra monache e converse (Charvin 1965-1979, III, p. 320), mentre dalle definizioni del capitolo generale del 1367 si apprende che vi erano nove monache in luogo di dieci, e un solo monaco sacerdote (Charvin 1965-1979, IV, p. 41).
Nel 1376 i priorati di Olgiate e Cernobbio, "simul uniti", pagavano a Cluny una pensione annua di dieci soldi imperiali (Cantarella 1981, pp. 285-286). Nel 1378 il priorato di Vertemate risultava conferito in commenda (Charvin 1965-1979, IV, p. 129).
Si ritiene che con il grande scisma d'Occidente le relazioni con Cluny siano rimaste a lungo interrotte, tanto che "non si è neppure certi che all'inizio del Quattrocento la fondazione avesse ancora coscienza di appartenere all'ordine cluniacense" (Andenna 1985, p. 237). Ciò sembrerebbe confermato da una lettera del vicario generale della diocesi di Como, Francino Bossi, del 12 settembre 1422, nella quale sono ricordate la "ministra" e le "sorelle" del monastero di Santa Maria come "alias dictis de fratre Petracio de Lavizariis": il che ha indotto a pensare che "il cenobio avesse subito gli influssi di altri ordini monastici e fosse completamente sottoposto al controllo dell'ordinario" (Andenna 1985, p. 237). La "domus fratris Petracii de Lavizariis" di Como, ricordata nelle "Rationes decimarum" del 1295-1298 (Perelli Cippo 1976, p. 105), è stata ritenuta in passato una fondazione di umiliati (Rovelli 1798-1808, II, p. 300), e più recentemente come non appartenente "de iure" all'ordine (Arizza, Longatti 1988-1989, p. 137).
Un priore di Cernobbio è comunque ricordato nei capitoli generali cluniacensi dal 1421 al 1429 (Charvin 1965-1979, V, pp. 76, 105), e una "confessio" di pagamento del 23 giugno 1455 rivela l'esistenza di un priore, Tommaso Boniperti da Novara, e la presenza negli anni precedenti di un cappellano stipendiato (Bonorum Ecclesiasticorum, 1420-1514, diocesi Como, I, c. 194r). Un'investitura del 13 luglio 1456 vede il priore e quattro monache professe rappresentare tutto il monastero, nel documento espressamente definito "ordinis cluniacensis" (Collationes Benefitiorum, I, p. 258).
Sono da verificare, ma non sembrano inverosimili, alcune notizie "estratte dall'archivio" del monastero ed allegate agli atti di una visita pastorale settecentesca, che ricordano una "lettera apostolica" di Pio II (1458-1464) data a Mantova forse nel 1459 - nel testo si legge: "1549" - e indirizzata al prevosto di Vico, nella quale "a tenore della supplica fattali per detto monastero, ordinava al detto preosto, che verifficato il rappresentato supprimesse quel priorato, in modo che morto, o in altra forma assentato il priore presente, non se ne istituisse altro, ma si lasciasse come prima il governo alla priora da elegersi annualmente dalle monache". Dalla medesima fonte si apprende che il monastero, presumibilmente sempre nel XV secolo, passò al governo spirituale dei domenicani del convento comasco di San Giovanni Pedemonte. In seguito ad una decisione del vicario generale della congregazione domenicana o del provinciale di Milano i religiosi lasciarono l'incarico, ma su richiesta delle monache furono reintegrati nell'ufficio da papa Giulio II il 21 agosto 1508 (Atti Francesco Maria Volpi 1507-1509, "presentatio bullarum", 1 dicembre 1508). Dalle sopraricordate "notizie" settecentesche si apprende inoltre che il medesimo pontefice il 25 febbraio 1510 avrebbe affidato ai frati predicatori anche il governo temporale del monastero, che essi tuttavia non avrebbero mai esercitato; e che le religiose sarebbero rimaste sotto la direzione spirituale dei domenicani fino al 1545 (Visita Mugiasca, Monasteri di Como e Cernobbio, pp. 739-742).
Negli atti della visita apostolica Bonomi del 1578 il monastero femminile cluniacense risulta essere posto "sub regimine et cura" dei cisterciensi - i più vicini erano quelli dell'abbazia dell'Acquafredda di Lenno - e avere un reddito di 3.383 lire. Il visitatore Bonomi ordinò che entro due anni si attuasse il trasferimento del cenobio, stabilito dai cardinali "visitationibus praefecti", nel monastero ex domus umiliata di Rondineto o in altro luogo idoneo nella città di Como (Visita Bonomi, Diocesi, cc. 499r-503v). Ciò non avvenne probabilmente per l'opposizione del comune di Como, che per impedirlo scrisse il 30 settembre 1580 alla congregazione cardinalizia "super reformationibus Ecclesiae" (Ordinationes 1577-1581, Comune di Como, c. 118).
Alla fine del XVI secolo, gli atti della visita pastorale del vescovo Ninguarda ricordano la presenza nel monastero di venticinque monache (Visita Ninguarda 1589-1593, I, pp. 182-183). Nel 1632 invece il monastero ospitava trentotto monache professe e cinque converse; abbadessa e priora erano elette ogni tre anni a scrutinio segreto ed erano confermate dall'ordinario (Visita Carafino, Monasteri, p. 469). Nel 1633 le rendite del monastero provenivano da beni immobili siti in Olgiate e Romazzana nella pieve di Uggiate, in Piazza nelle località Olzino, Gentrino, Scianico, Cozzena, Campagnaga, in Stimianico di Rovenna, in Cernobbio, da due mulini sul Breggia e uno a Cernobbio, da una vigna nei pressi del monastero, una decima a Cernobbio e da una peschiera (Visita Carafino, Monasteri, pp. 473-477).
Nel 1762 il monastero risulta essere composto da trenta professe, due novizie e sette converse; erano ospiti tre educande (Visita Mugiasca, Monasteri di Como e Cernobbio, p. 661). In quell'occasione il monastero presentò uno stato economico dal quale risultava possedere beni in Olgiate e Romazzana nella pieve di Uggiate; in Maslianico, Piazza, Rovenna e Cernobbio nella pieve di Zezio superiore, e inoltre diritti di decima in Maslianico, Vacallo nell'odierno Canton Ticino e Cernobbio, e diritti di pesca nell'alveo del Breggia e sul lago di Como (Religiosi, Cernobbio, fasc. 4). Un "conto d'entrata ed uscita del monastero" per l'anno 1773, sottoscritto dalla priora, enumera entrate per 9.021,17.16 lire e uscite per 8.955,19. 9 (Religiosi, Cernobbio, fasc. 4)
Il monastero fu soppresso il 16 ottobre 1784 in esecuzione dell'imperial regio dispaccio del 5 dicembre 1783. A quella data ospitava ventuno professe e sei converse, ed era proprietario di beni immobili in Cernobbio, Rovenna, Piazza, Maslianico, nei Corpi Santi di Como, in Olgiate e in Trevano (Atti Giulio Sessa 1783-1784, n. 3323). Nel 1791 la "sostanza liquida" incamerata dal Fondo di religione al tempo della soppressione fu valutata in 423.972,1.11 lire (Taccolini 2000, pp. 283-285).
ultima modifica: 12/12/2005
[ Francesco Bustaffa ]
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