pieve urbana sec. VIII - 1979
La chiesa di San Vincenzo è attestata quale di sede pievana fin dall'VIII secolo, come si desume dal testamento del gasindio regio Taido redatto nell'anno 774: la chiesa di San Vincenzo è nominata insieme alla basilica di Santa Maria, accomunate dal titolo di "ecclesia" (Pergamene archivi Bergamo 1988). Il vescovo Adalberto vi istituì la canonica nell'anno 897 (Pergamene archivi Bergamo 1988). Non si dispone invece dell'atto di fondazione della canonica di Sant'Alessandro, che Dentella e Belotti collocano all'anno 953, ma che Chiodi anticiperebbe all'inizio del secolo X.
In città l'unica pieve era costituita attorno alla cattedrale e al vescovo. Tanto Sant'Alessandro quanto San Vincenzo ebbero la chiesa battesimale: San Pietro e San Giovanni in Arena la prima, Santa Maria la seconda. Ma con tutta probabilità in tempi successivi: prima solo San Pietro, poi solo San Giovanni per Sant'Alessandro, infine solo Santa Maria per San Vincenzo. San Giovanni risaliva al vescovo Tachimpaldo, alla fine del VIII secolo, quando Sant'Alessandro si trovava entro le mura di Bergamo. Scomparsa questa situazione nel secolo IX, le funzioni battesimali era in capo a San Vincenzo, e venivano esperite in Santa Maria. Dopo un secolo di lotte, l'unione dei due capitoli dovette concludersi nel 1189.
Nel XII secolo, la pieve urbana comprendeva la città e il suburbio, quest'ultimo pari a una fascia di territorio di tre o quattro miglia attorno alla città. Il battistero della pieve cittadina si trovava presso la cattedrale di San Vincenzo in Santa Maria Maggiore. Anche per la città e il suburbio, come per le pievi rurali, il battesimo doveva celebrarsi al fonte battesimale della pieve. In questo periodo si accentua il già innescato processo di frantumazione della pieve e di decentramento del clero dalla pieve alle singole chiese della comunità insorgente. Così nel XII secolo, crescendo la popolazione, si crearono nuove vicinie in città: nel 1173, sotto l'episcopato di Guala, San Giacomo si staccava da Santo Stefano. I fedeli chiesero che la loro chiesa fosse libera e indipendente dalla matrice con un proprio cappellano "qui divinum officium continue celebraret" (Ronchetti 1818). Ancora nel 1196 il vescovo Lanfranco ingiungeva ai presbiteri delle chiese urbane la proibizione di battezzare i bambini nelle proprie chiese, per rispettare i diritti della chiesa maggiore (Marchetti 1999).
Le vicinie presenti nella città alla fine del secolo XII erano diciassette: Sant'Andrea, San Salvatore, San Michele all'Arco, Sant'Eufemia, San Lorenzo, Sant'Alessandro in Colonna, Sant'Alessandro della Croce, San Michele al Pozzo Bianco, subordinate alla cattedrale di San Vincenzo; mentre San Salvatore, San Vigilio, Santa Grata, San Giovanni, Sant'Agata erano soggette alla cattedrale Sant'Alessandro. Vi si devono aggiungere: Santo Stefano, San Giacomo, San Pancrazio, San Matteo (Diocesi di Bergamo 1988).
Nel XIII secolo, analogamente all'assestamento dell'organizzazione comunale cittadina, la fascia suburbana si staccò anche ecclesiasticamente, formando tre primiceriati: Scano, Lallio e Seriate. Il primiceriato rappresentava una fase intermedia dell'evoluzione organizzativa ecclesiastica della diocesi, in cui si delineava il passaggio dei territori suburbani dall'appartenenza alla pieve urbana ad una configurazione autonoma di parrocchia rurale sottoposta a una pieve extra urbana. I primiceriati di Lallio, Scano e Seriate si formarono tra il 1216 e il 1260 (Fornoni 1897). Se ne ha testimonianza in una lista censuale redatta nel 1260 (Chiese di Bergamo sottoposte a censo). In tale fonte manca la precisazione delle chiese urbane sottoposte a censo, ma è presente un elenco dei componenti della "canonica pergamensi". Dal "Liber Censuum ecclesiae romanae" del 1292, redatto da Cencio Camerario, si ricava invece, per la città, un elenco di dodici chiese e di tredici per il suburbio. In città: San Vincenzo, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Arena, San Pancrazio, Sant'Antonino, San Cassiano, San Michele dell'Arco, Sant'Agata, San Salvatore, Santa Maria della Torre, San Martino in Arena. Nel suburnio: San Vigilio, San Lorenzo, Sant'Alessandro, San Pietro, Santa Grata inter Vites, San Michele al Pozzo Bianco, Sant'Andrea, Sant'Antonio de Foris, San Giorgio di Spino, San Giovanni Battista, San Maurizio, San Martino detto poi della Pigrizia, San Donato e San Salvatore (Diocesi di Bergamo 1988).
Notizie più dettagliate circa i confini della circoscrizione pievana urbana si possono rilevare da un censimento del clero bergamasco, risalente al XIV secolo. E' possibile affermarlo grazie all'analisi di una serie di fascicoli che registrano, a partire da quell'epoca, le taglie e le decime imposte al clero dai Visconti di Milano e dai papi. Tra di essi, un'ordinanza del 1360 di Bernabò Visconti riportava dapprima un indice generale ("nota ecclesiarum") delle chiese e monasteri della diocesi di Bergamo, suddivise per appartenenza pievana. In questa fonte sono specificate le diverse "capele civitatis Bergomi". Esse sono: la chiesa di Santa Maria "de la capela", la chiesa di San Vigilio, Santa Grata inter Vites, San Giovanni evangelista, San Salvatore, Sant'Agata, San Matteo, San Michele dell'Arco, San Pancrazio, Sant'Eufemia, San Cassiano, San Lorenzo, Sant'Andrea, San Michele al Pozzo Bianco, Sant'Alessandro della Croce, Santa Maria "de Uliveto", Sant'Alessandro in Colonna (Nota ecclesiarum 1360). Nell'elenco delle chiese e dei loro rappresentanti al sinodo bergamasco indetto dal vescovo Giovanni da Scanzo nel 1304, alle chiese sopra citate si aggiungevano quella di Santo Stefano e di San Lazzaro (Chiese di Bergamo sottoposte a censo). Nella lista censuale del 1360 era compreso anche un elenco dei monasteri e ospedali della città di Bergamo, ossia: il monastero di Matris Domini, San Giorgio di Spino, l'Ospedale di San Lazzaro, la chiesa di San Bartolomeo in Prato, l'ospedale di Sant'Antonio, il monastero di San Fermo, la chiesa o ospedale di Santa Caterina, il monastero di Santa Margherita di Pignolo, l'ospedale di Santa Grata inter Vites, il monastero di San Giorgio di Redona, l'ospedale di San Lorenzo, il monastero di Santa Lucia, il monastero di Santa Maria di Torre Boldone (Nota ecclesiarum 1360).
Nel registro dei Censuali redatto nel 1550 sotto l'episcopato Soranzo, è presente una dettagliata relazione della situazione istituzionale-ecclesiastica della città di Bergamo. Vi si attesta l'esistenza di due cattedrali e di due capitoli di canonici, l'uno sotto il titolo di Sant'Alessandro e l'altro sotto il titolo di San Vincenzo. I canonici che vi prestavano servizio erano in numero di quarantaquattro, e tra di essi erano compresi un arcidiacono, un "praepositus" e un arciprete. La chiesa di Santa Maria Maggiore vi era censita in qualità di "membrum sive capellam ipsarum cathedralium", e risultava governata dal consorzio della Misericordia maggiore. In essa celebravano quotidianamente trenta sacerdoti. In città e suburbio esistevano sedici "parochiales curatae", tra le quali spiccavano per ampiezza e importanza le chiese di Sant'Alessandro in Colonna, sita in borgo San Leonardo, e di Sant'Alessadro della Croce, sita in borgo Sant'Antonio (Censuale Soranzo 1550-1558).
Con il sinodo diocesano dell'anno 1574, il vescovo di Bergamo Federico Cornaro nell'intento di realizzare la riforma promossa dal Concilio di Trento e caldeggiata soprattutto dal metropolita di Milano Carlo Borromeo, avviò una radicale riorganizzazione della struttura diocesana: erano abolite le circoscrizioni plebane e venivano introdotte le vicarie (Acta synodalia bergomensis ecclesiae). Ciò non influì, tuttavia sulla cofgurazione della circoscrizione urbana che, all'epoca della della visita apostolica del Borromeo, risultava costituita dalle chiese parrocchiali di: San Salvatore, San Michele al Pozzo Bianco, San Pancrazio, Santa Grata inter Vites in Borgo Canale, Santa Caterina, San Lorenzo, San Michele dell'Arco, San Cassiano, Sant'Agata, Sant'Alessandro in Colonna in borgo San Leonardo, Sant'Andrea, Sant'Eufemia in Rocca, Sant'Alessandro della Croce in borgo Pignolo (Visita Borromeo 1575). A queste si aggiungevano, come puntualmente specificava un coevo registro manoscritto recante l'elenco dei benefici delle chiese della diocesi di Bergamo, le due "dirute parochiales" di Santo Stefano e San Giacomo, abbattute in seguito alla costruzione del circuito delle mura venete, e la cui cura era stata spartita tra le chiese di Sant'Alessandro in Colonna, San Salvatore e San Cassiano (Beneficiorum ecclesiasticorum 1577).
La lista delle parrocchie cittadine resta invariata anche nelle relazioni redatte in occasione della visita pastorale del vescovo Barbarigo, avvenuta tra il 1658 e il 1660 (Montanari 1997).
Nel registro relativo agli "Stati dell'Anime della città e diocese di Bergamo dell'anno 1734", il nucleo delle parrocchie della città e dei borghi di Bergamo contava complessivamente un numero di anime pari a 23873. Entro tutta la circoscrizione urbana e suburbana operavano trecentonovantasette sacerdoti diocesani, cinque sacerdoti esteri, sessantasette chierici. A quell'epoca venivano censite in qualità di parrocchie urbane le chiese di San Lorenzo, la prepositurale di Sant'Alessandro in Colonna, Sant'Alessandro della Croce, Sant'Agata, Sant'Andrea, San Cassiano, San Rocco in Castagneta (posta sotto la prepositura di Santa Grata inter Vites), San Nazario in Curnasco (anch'essa dipendente dalla prepositura di Santa Grata inter Vites), Santa Caterina, Sant'Eufemia, la prepositura di Santa Grata inter Vites, San Michele al Pozzo Bianco, San Michele dell'Arco, San Pancrazio, e infine la chiesa del Santissimo Salvatore (Stati del clero 1734-1822).
Un significativo mutamento della struttura diocasana urbana si riscontra sotto il regime napoleonico, quando fu disposta la riduzione delle parrocchie urbane in tutte le città principali del Regno; così anche a Bergamo si operò una radicale modifica delle circoscrizioni territoriali e le vecchie parrocchie cittadine di San Salvatore, Sant'Eufemia, San Cassiano, San Michele dell'Arco, San Michele al Pozzo Bianco, San Lorenzo, San Pancrazio divennero semplici sussidiarie di altre parrocchie (decreto 22 giugno 1805). Il decreto attuativo con cui il vescovo Dolfin recepiva le disposizioni civili era tuttavia più analitico nella ridistribuzione giuridica dei ruoli delle vecchie parrocchiali cittadine, e non taceva le difficoltà del compito ("dovendosi finalmente venire all'atto della riunione delle parrocchie di questa città in essecuzione del venerato Imperial Regio decreto 22 giugno 1805 dopo aver ripiegato a tutte quelle incidenze che si frapponevano alla pratica essecuzione dell'ordine sovrano e dopo aver spianato tutte le inimmaginabili difficoltà nell'argomento …"). Nelle disposizioni vescovili si decretava la riunione alla parrocchia della Cattedrale di Sant'Eufemia, San Pancrazio, San Cassiano, San Michele all'Arco e della porzione del Santissimo Salvatore, "dalla muraglia della casa parrocchiale … esclusivamente tutta la contrada di Santa Grata, comprendendo in su la casa Medolago, Mozzi, Sozzi e Solza col convento e chiesa di San Gio., e col restante all'in giù sino agli ultimi confini della parrocchia medesima". Alla parrocchia di Sant'Andrea era unita quella di San Michele al Pozzo Bianco. A quella del Carmine era unita quella di San Lorenzo, e la porzione di San Salvatore "dalla muraglia della casa parrocchiale del Santissimo Salvatore estendendosi pel resto della contrada comprendendo le case Moroni, Suardi, Finardi, Agosti, Rovetta, Roncalli e tutto il corso dell'una e dell'altra parte della strada che porta a Sant'Agata". Alla prepositura di Santa Grata inter Vites veniva riunita la parrocchia di Castagneta. Le chiese delle parocchie concentrate, prescindendo da quella di San Cassiano e di Sant'Eufemia di cui il vescovo disponeva la chiusura, restavano tutte sussidiarie delle tre parrocchiali alle quali rispettivamente erano state unite. La chiesa del Santissimo Salvatore restava sussidiaria alla parrocchiale del Carmine.
Nelle disposizioni governative, recepite e confermate da quelle ecclesiastiche, la chiesa della cattedrale era costituita parrocchiale ad extra, il suo arciprete veniva pertanto ad assommare anche il ruolo, e l'annesso beneficio, di parroco (decreto 10 gennaio 1806).
Nella prima metà del XIX secolo, due parrocchie urbane risultavano avere giurisdizione vicariale, come attestano i registri relativi allo stato del clero: oltre alla parrocchia di Santa Grata inter Vites, censita fin dal XVIII secolo a capo della "vicaria di Borgo Canale" con sottoposte le parrocchie di Curnasco e di Castagneta, anche la parrocchia di Sant'Alessandro della Croce risultava a capo di una circoscrizione vicariale, comprendente la parrocchia di Boccaleone (Stati del clero 1851-1859). Tale configurazione vicariale sopravvisse fino al 1859, quando i registri dello stato del clero censiscono autonomamente le chiese cittadine, qualificandole parrocchie della "città e suburbio". In tale registro erano indicate le comunità di Sant'Agata, Santa Caterina, Cattedrale, Santa Grata, Sant'Andrea, San Lorenzo, Redona, Longuelo, Preti del Sacro Cuore, Castagneta, Boccaleone, Valtesse, Valverde (Stati del clero 1851-1859). Al ridotto nucleo delle parrocchie cittadine si erano aggiunte le chiese di Longuelo, eretta parrocchiale nel 1845 per smembramento della matrice di Santa Grata inter Vites (decreto 13 maggio 1845), Boccaleone, innalzata alla prerogativa parrocchiale nel 1847 (decreto 28 aprile 1847) e Borgo Palazzo, eretta in parrocchia autonoma nel 1859 (decreto 6 agosto 1859). Le comunità di Valtesse e di Redona furono aggregate alla circoscrizione urbana nel 1859, provenendo dalle vicarie foranee di Sorisole e Alzano (Stati del clero 1851-1859).
Nell registro dello Stato del clero della diocesi di Bergamo relativo all'anno 1861, la circoscrizione cittadina risultava suddivisa in otto parrocchie urbane: Sant'Alessandro della Cattedrale, Sant'Agata del Carmine, Sant'Andrea apostolo, Sant'Alessandro in Colonna, Sant'Alessandro della Croce, Santa Grata inter Vites, Sant'Anna in Borgo Palazzo, la parrocchia interna dei Santi Maria e Marco dell'Ospedale Maggiore; e in sei parrocchie del circondario esterno o suburbane: San Rocco in Castagneta, Santa Maria in Longuelo, San Pietro in Boccaleone, San Colombano in Valtesse, San Lorenzo in Redona, San Sisto in Colognola (GDB). Quest'ultima venne aggregata alla circoscrizione urbana dopo una lunga dipendenza dalla vicaria di Lallio e dopo aver goduto dello status di vicaria autonoma (Elenco clero 1801).
Alla suddetta compagine furono successivamente annesse altre comunità parrocchiali di nuova erezione, ossia Loreto, nel 1863 (decreto 28 marzo 1863), Fontana, nel 1884 (decreto 24 maggio 1884) e Santa Maria Immacolata delle Grazie, nel 1878 (decreto 31 ottobre 1878).
Con il XX secolo aumentarono notevolmente le circoscrizioni parrocchiali, tanto in città che nel suburbio. Vennero annesse alla vicaria urbana le contrade di Valverde, la cui comunità fu eretta in parrocchia autonoma nel 1909 (decreto 21 maggio 1909), Campagnola, dismembrata dalle parrocchie di Sant'Alessandro in Colonna e di Boccaleone nel 1917 (decreto 3 gennaio 1917), Malpensata, la cui vicinia venne eretta vicariato parrocchiale nel 1922 (decreto 5 agosto 1922), Bosco, la cui comunità parrocchiale nacque nel 1925 (decreto 9 marzo 1925). Risale invece al 1935 l'annessione della parrocchia di Grumello del Piano, stralciata dalla vicaria di Lallio (decreto 24 giugno 1935). Sotto l'episcopato Bernareggi vennero costituite in parrocchie autonome le chiese del rione cittadino di San Tommaso de' Calvi (decreto 14 gennaio 1940) e di Santa Lucia (decreto 12 maggio 1949), entrambe annesse alla vicaria urbana.
Seguirono le aggregazioni di altre otto parrocchie di nuova erezione, ossia: Celadina (decreto 10 gennaio 1958), San Giuseppe sposo di Maria Vergine (decreto 25 luglio 1959), Sacro Cuore (decreto 30 novembre 1960), San Francesco d'Assisi "in via delle Valli" (decreto 11 febbraio 1963), Sant'Antonio di Padova in Valtesse (decreto 12 gennaio 1963), San Gregorio Barbarigo in località Monterosso (decreto 3 ottobre 1964), San Paolo apostolo (decreto 18 febbraio 1965), e Santa Teresa di Lisieux nella "conca fiorita" (decreto 16 maggio 1967).
Entro la vicaria cittadina restarono distinte le circoscrizioni delle parrocchie urbane da quella delle parrocchie suburbane, fino alle successive modifiche dell'assetto territoriale della diocesi di Bergamo. Dal 1971, in seguito alla riorganizzazione territoriale diocesana in zone pastorali (decreto 28 giugno 1971), la diocesi veniva divisa in diciotto circoscrizioni, e la zona periferica e quella centrale della città andarono a costituire rispettivamente le zone pastorali XVIII e XIX. A quest'epoca la vicaria urbana comprendeva le parrocchie della Cattedrale, Borgo Canale, Sant'Andrea, Pignolo, Sant'Alessandro in Colonna, Santa Caterina, Sant'Anna, Santa Maria delle Grazie, Santa Lucia, Malpensata, San Tommaso, Sacro Cuore, San Paolo, Santa Teresa e la parrocchia interna dell'Ospedale; la vicaria suburbana comprendeva invece le parrocchie di Boccaleone, Campagnola, San Giuseppe, Grumello, Colognola, Loreto, Longuelo, Santa Maria del Bosco, Fontana, Castagneta, Valverde, Valtesse, Sant'Antonio, San Gregorio, Redona, Celadina, San Francesco, e le parrocchie intene di Daste e della Pia Casa di Ricovero.
Con l'abolizione dei vicariati foranei e l'erezione dei vicariati locali nella diocesi, vennero istituiti il vicariato urbano Sud-Ovest, il vicariato urbano Nord-Ovest, e il vicariato urbano Est, in cui confluirono, a seconda della loro pertinenza geografica, le suddette parrocchie (decreto 27 maggio 1979).
ultima modifica: 03/01/2006
[ Roberta Frigeni ]
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