comune di Brescia sec. XII - 1797
Le origini del comune di Brescia vanno ricercate nei primi anni dell’XI secolo quando ancora il vescovo era una delle maggiori autorità politiche cittadine; nel 1038 il vescovo fece alcune concessioni ai “liberi homines” abitanti a Brescia, e sebbene il documento avesse la forma di una concessione feudale, nella sostanza era la definizione di una controversia (Bosisio 1963, p. 570). Non si tratta del comune autonomamente organizzato, ma questi uomini costituivano senza dubbio l’embrione del nascente ente. Per la prima menzione dei consoli bisogna attendere il 1127, mentre dalla seconda metà del secolo compaiono anche i consoli di giustizia e dei mercanti, e sul finire del secolo, nel 1189 il console maggiore (Bosisio 1963). Per avere un’idea dell’organizzazione interna delle magistrature comunali si può fare riferimento agli statuti rinnovati del 1313, che menzionano un consiglio dei 500, formato da tutti i nobili ed elencano (al cap. CLX) le magistrature comunali: 16 notai del podestà (quattro per ogni quartiere), 4 notai al maleficio (uno per ogni quartiere), 4 notai delle chiusure (uno per quartiere), 4 ministrali delle chiusure (uno per quartiere), 4 consoli di giustizia (uno per quartiere), 4 notai del console di giustizia, un console delle appellazioni, notaio del console delle appellazioni, 8 ministrali del podestà (che duravano in carica un solo mese), 8 ministrali dei giudici delle gabelle (due per quartiere), 4 notai per le copie delle note d’estimo (uno per quartiere), 4 notai di camera (uno per quartiere), un notaio del massaro, 4 ministrali di camera (uno per quartiere).
Esistono anche statuti risalenti al 1277, ma si rivelano poco utili per la comprensione delle relazioni fra le magistrature ed organi in quanto risultano inorganici e disomogenei, e sono considerati più come compilazioni successive che come statuti revisionati veri e propri (Valentini 1898).
Le magistrature cittadine durante il dominio visconteo (ed anche malatestiano) benché attive non ebbero l’importanza e l’autonomia istituzionale di cui avrebbero goduto durante il dominio veneto, anche a causa dei continui scontri per la supremazia territoriale (Lonati 1935).
La sottomissione formale di Brescia a Venezia avvenuta dopo la cacciata dei Visconti nel marzo del 1426 e perfezionata nei mesi successivi in seguito alla pace (si tramanda la data del 6 ottobre 1426), continuò a garantire alla città e quindi al comune “il mantenimento di consuetudini, magistrature e consigli” (Zanelli 1898); tali statuti magistrature e consigli, formatisi nei secoli precedenti in seguito alla pace di Lodi permisero a Brescia ed al suo territorio di raggiungere un equilibrio duraturo, dopo un trentennio dalla instaurazione del dominio veneto (Pasero 1963).
In base agli accordi ed agli statuti Venezia inviava a Brescia due rettori veneti, un podestà, suprema autorità civile, ed un capitano, suprema autorità militare, ognuno con una propria familia o corte. La città manteneva le sue magistrature e quasi tutto il suo potere sul territorio escluse le tre Valli e la riviera di Salò, oltre ad alcune terre separate per privilegi particolari.
Le alterne vicende delle guerre veneziane non modificarono quasi mai la natura e l’organizzazione del dominio veneziano sulla città tranne che per un breve periodo tra il 20 maggio 1509, quando Brescia si consegnò a Luigi XII re di Francia, ed il 26 maggio 1516, quando gli spagnoli furono cacciati, anche se ci volle più di un anno affinché le antiche magistrature tornassero pienamente in attività (Pasero 1957; Pasero 1963).
La fine del dominio veneto sulla città e la nascita di nuove forme organizzative dell’amministrazione comunale furono ancora legate a vicende belliche, in quest’ultimo caso le guerre napoleoniche; dopo molti mesi di presenza di truppe sul territorio bresciano, il 18 marzo 1797 gli ultimi rappresentanti veneti lasciarono la città e venne proclamato il governo provvisorio bresciano che si organizzò territorialmente con la legge del 1 maggio 1797.
In epoca veneta oltre al consiglio generale, al consiglio speciale (o degli anziani) ed ai deputati pubblici, che costituivano le magistrature più significative e prestigiose (ed alle cui descrizioni specifiche si rimanda per ulteriori notizie istituzionali), l’amministrazione corrente della città era delegata a deputati e magistrature aventi funzioni specifiche; secondo alcune fonti nel 1644 erano solo sei: alle biade ed alla sanità, alla conservazione del monte vecchio di pietà, alla conservazione del monte Palosso, alle fabbriche della città, alla fabbrica delle chiese, agli alloggiamenti militari (Zanelli 1898, p. 198); per altri all’inizio del sec. XVII erano molte di più: avvocati in difesa delle ragioni pubbliche, deputati all’osservanza degli statuti, deputati alle ragioni del fiume Oglio, deputati all’onestà dei monasteri femminili, conservatori al monte di pietà, conservatori dei monti Palozzo e Denno, deputati alle fabbriche, deputati alla sanità e biave, deputati agli alloggiamenti militari, presidenti alla conservazione delle ragioni del Naviglio, correttori degli statuti dei paratici, deputati al collegio Lambertino, giudici sopra le vettovaglie, ragionati, provvisori di comune, massaro generale, massaro delle condanne, vicario del granarolo, vicario alla macina, massarolo di consiglio, cancelliere, scrivani alla porte, massaro del monte di pietà, cancelliere della sanità, cancelliere all’onestà dei monasteri, cancelliere per la riscossione delle tanse, cancelliere alla deputaria dei forestieri, deputati ai forestieri (Da Lezze 1610). Alcune di queste erano importantissime come quella di cancelliere, massaro generale, deputati all’osservanza degli statuti, o avvocati; altre consistevano in funzioni limitate spesso bene evidenziate dal loro nome. Alcune informazioni relative alle magistrature più rilevanti istituzionalmente sono contenute nelle schede relative ai vari consigli cittadini, mentre di altre si è potuto fornire solo il nome.
Oltre a tali magistrati ed ufficiali vi erano poi numerosi giudici o consoli che amministravano la giustizia minuta, essendo la giustizia alta appannaggio dei rettori veneti.
Amministrativamente la città risultava divisa in cittadella vecchia e nuova ed in quadre, sei di S. Giovanni, sette di S. Faustino (l’ottava comprendeva Mompiano), due di S. Alessandro (Pasero 1969), a capo delle quali stavano gli anziani eletti dai residenti ed aventi funzioni giudiziarie e di controllo amministrativo e fiscale (Da Lezze 1610). Oltre le mura si estendevano invece le chiusure; nel 1775 sono citate le seguenti quadre delle chiusure: di S. Nazaro, di S. Alessandro, di S. Bartolomeo, di Fiumicello e di Mompiano (Quadre delle Chiusure, 1775). In base alle quadre venivano stilati gli estimi che costituivano la base del prelievo fiscale personale.
Nel 1493 le chiusure della città erano costituite da Mompiano, S. Gervasio, Roncadelle, Bottonaga, Verziano, Laspes, S. Bartolomeo, S. Paolo e S. Eustachio, “el Blocho”, S. Giacomo al Mella, Fiumicello e “altre diverse habitationi” (Medin 1886).
Nel 1679 sembrano essere sottoposti alla giurisdizione della città le seguenti località, citate come “borghi e chiusure” di Brescia: Concesio, S. Zeno, S. Eufemia, Laghetto, Folzano, Mandolossa, Conicchio, Fornaci, Borgo S. Giacomo, Borgo S. Giovanni, Mompiano e Roncadelle (Elenco comuni Territorio di Brescia, 1679).
Nel 1764 i “luoghi suburbani o siano chiusure” di Brescia erano costituiti da Fiumicello, Roncadelle, S. Nazaro, Folzano, Aspes, S. Alessandro, Mompiano, S. Bartolomeo e contavano complessivamente 9764 anime (Descrizione generale 1764).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Giovanni Zanolini ]
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