comune di Livo sec. XIV - 1757
I “comunia de Vercana et de Livo” figurano nella “Determinatio stratarum et pontium …” annessa agli Statuti di Como del 1335, come i comuni cui spetta la manutenzione del tratto della via Regina ”… a predicto medio molo de Vercana usque ad tramittem per quem itur intus vineam Stevani Caze de Domaxio” (Statuti di Como 1335, Determinatio stratarum).
Livo risulta facente parte della pieve di Gravedona dal “Liber consulum civitatis Novocomi” dove sono riportati i giuramenti prestati dai consoli del comune dal 1510 sino all’anno 1512 (Liber consulum Novocomi, 1510-1535).
Inserito nel feudo delle Tre Pievi superiori del lago, le quali avevano già fatto parte del feudo di Nesso donato nel 1497 dal duca Lodovico Maria Sforza a Lucrezia Crivelli, Livo nel 1545, insieme agli altri comuni delle Tre Pievi, fu infeudato a Gian Giacomo de Medici, detto il Medeghino. Con atto notarile del 9 maggio 1580 il comune, sempre con tutto il feudo delle Tre Pievi, passò nelle mani della famiglia Gallio (Casanova 1904).
Nella medesima pieve, nel Contado di Como, lo si ritrova ancora nel 1644 (Relazione Opizzone 1644).
Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune di Livo, che contava 480 abitanti, era infeudato a Carlo Tolomeo Gallio duca D’Alvito a cui pagava lire 18 per il diritto di caccia.
Il comune disponeva di un consiglio generale formato da tutti i capi di casa che veniva convocato tramite avviso portato personalmente dal console a tutti i capi di casa. Le adunanze si effettuavano, previo il suono della campana, nella pubblica piazza. I sindaci, a cui era affidata l’amministrazione del patrimonio pubblico e la vigilanza sui riparti, erano due, eletti dal consiglio in pubblica adunanza a maggioranza dei voti. Dell’elezione, per mano di pubblico notaio, veniva redatto atto pubblico.
Il cancelliere, che per i suoi compiti veniva annualmente retribuito, aveva l’incarico insieme ai sindaci di custodire le pubbliche scritture che erano depositate presso la suo casa in una cassa dotata di tre chiavi conservate dai sindaci e dal cancelliere stesso.
Il comune disponeva di un esattore che veniva eletto per pubblico incanto. Il comune era sottoposto alla giurisdizione del podestà feudale residente in Gravedona, capo delle Tre Pievi, al quale pagava un salario annuo (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3030).
Sia nel “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751 (Compartimento Ducato di Milano, 1751) che nell’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano” (Indice pievi Stato di Milano, 1753) Livo era sempre inserito nella pieve di Gravedona.
ultima modifica: 13/10/2003
[ Domenico Quartieri ]
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