comune di Scaria sec. XIV - 1757
La comunità di “Scalia de Antelamo” risulta già citata come entità amministrativa autonoma, secondo alcuni autori (Bognetti 1927, p. 247), in documenti del secolo XI.
Il “comune de Scharia” figura nella “Determinatio stratarum et pontium …” annessa agli Statuti di Como del 1335, tra i comuni cui spetta la manutenzione di ”… totam stratam de Valmare a … loco de Aronio usque in plano de Lanzio” (Statuti di Como 1335, Determinatio stratarum).
La terra di Scaria, appartenente alla pieve d’Intelvi, che già la ripartizione territoriale del 1240 attribuiva al quartiere di Porta San Lorenzo e Coloniola della città di Como (Ripartizione pievi comasche, 1240), compare negli atti delle visite pastorali del vescovo Ninguarda del 1593 composta da 50 fuochi per un totale di 300 abitanti (Lazzati 1986).
Il comune era compreso nel feudo della Valle Intelvi di cui seguì le vicende passando dalle mani della famiglia Rusca, investita del feudo dal 1451 al 1570, della famiglia Marliani, dal 1583 al 1713, ed infine della famiglia Riva Andreotti (Casanova 1904).
Nel “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751, Scaria era sempre inserito nella pieve d’Intelvi, ed il suo territorio comprendeva anche i cassinaggi di “Molino Lancio” e “Molino Vecchio” (Compartimento Ducato di Milano, 1751).
Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune, che contava 173 abitanti, era infeudato al conte Melchiorre Riva Andreotti al quale veniva versato da tutta la valle un censo annuale, di cui lire 21.16 a carico di Scaria.
Il comune non disponeva di un consiglio generale ma partecipava con propri rappresentanti al consiglio generale di valle. Aveva invece un consiglio particolare costituito da tutti i capi di famiglia oltre che dal console e dal sindaco cancelliere. L’amministrazione del patrimonio pubblico e la custodia delle pubbliche scritture, che venivano conservate in una apposita cassa nella casa del sindaco cancelliere, era demandata allo stesso ufficiale, eletto periodicamente dai capi di famiglia a maggioranza dei voti e che percepiva un salario annuale.
L’elezione del console avveniva invece a rotazione ogni mese.
Per l’esazione dei tributi il comune si avvaleva di un esattore eletto in pubblica vicinanza. Egli doveva prestare idonea “sigurtà”.
Scaria era sottoposto alla giurisdizione del podestà di valle per i servizi del quale pagava una quota di lire 16.13 e al quale il console non prestava alcun giuramento (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3029).
Il comune di Scaria compare nell’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano” del 1753 ancora appartenente alla Vall’Intelvi (Indice pievi Stato di Milano, 1753).
ultima modifica: 13/10/2003
[ Domenico Quartieri ]
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