comune di Cima sec. XIV - 1757
Il comune di Cima apparteneva probabilmente in origine alla Valsolda. Sia dal volume del Barrera (Barrera 1864, pag. 120) che dal successivo lavoro del Conti, sulla Valle Intelvi, si rileva infatti che “… la terra di Cima, prima appartenente alla Valsolda e poi appartenente a Porlezza, venne aggregata alla contea Marliani, verso la fine del 1600” (Conti 1896, pag. 76). Inoltre, sempre il Conti afferma che ” … Lotario, figlio di Franchino [Rusca], […] avendo ceduto Como ed il Castello Baradello al duca Filippo Maria Visconti, questi gli lasciò con altre Signorie, quella di Cima, di Osteno e della Valle Intelvi nell’anno 1416 con ducal decreto 11 settembre” (Conti 1896, pag. 76). Il possesso del feudo ai Rusca venne poi confermato dal diploma del duca Francesco I Sforza del 24 aprile 1451 (Casanova 1904).
Cima rimase legata al feudo della Valle Intelvi, passato successivamente nelle mani dei Pusterla, dei Marliani, ed infine dei Riva Andreotti, nonostante risulti nella seconda metà del ’700 di nuovo inserito nella pieve di Porlezza (Casanova 1904). Infatti, sia dal “Compartimento territoriale specificante le cassine” (Compartimento Ducato di Milano, 1751) che dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che Cima, che contava 198 abitanti, era una terra separata del ducato milanese “aggregata con la pieve di Porlezza, Riviera di Lecco”. Peraltro, sempre dai 45 quesiti, risulta che il comune era infeudato, come tutta la Valle Intelvi, al conte Melchiore Riva Andreotti a cui versava annualmente un tributo di lire 43.4. A Cima risiedeva il podestà, eletto dalla comunità stessa, a cui veniva corrisposto un salario di lire 15 annue oltre alla ragione della pesca nel lago [Ceresio]. Egli doveva partecipare alle sedute del consiglio, organo composto da tutti i vicini della comunità. Al consiglio dovevano partecipare anche gli altri ufficiali comunali: due sindaci, eletti alternativamente ogni due anni, due consoli ed il cancelliere, questo invece nominato a tempo illimitato e sostituito solo in caso di rinuncia. Al cancelliere e ai sindaci era demandata la conservazione del patrimonio e la vigilanza sui riparti. Il cancelliere, che percepiva un salario di lire 20 annue, era tenuto inoltre a custodire la cassa dove erano depositate le pubbliche scritture di cui conservava una delle chiavi. L’altra era in consegna ai sindaci. Deputato alla riscossione dei carichi era un unico esattore (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3028).
Cima compare nell’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano” del 1753 ancora appartenente alla pieve di Porlezza, Riviera di Lecco, ducato di Milano (Indice pievi Stato di Milano, 1753).
ultima modifica: 13/10/2003
[ Domenico Quartieri ]
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