comune di Civenna sec. IX - 1797
Nonostante i tentativi effettuati nel XII secolo di unione al comune di Bellagio (Cantù 1856, pag. 163), Civenna (insieme con Limonta) si resse dal IX secolo sino al 1797 come feudo del Monastero Maggiore di Sant’Ambrogio di Milano. Come ricorda il Frassi infatti il Monastero, ” … possedette i tre luoghi … (Limonta, Civenna e Campione) a titolo di feudo imperiale per donazione fattagli dall’imperatore Lottario nel 835 (diploma 835 gennaio 24) e dal re Carlo il Grosso nel 880 (diploma 880 marzo 21), e quindi gli Abati del Monastero stesso vi esercitarono per lo spazio di più che nove secoli l’alta sovranità spirituale e temporale con assoluta indipendenza dalle diverse forme di governi nazionali e stranieri succedutisi nel circostante Stato di Milano” (Frassi 1879, pag. 4 e pagg. 10-11). Nonostante il cambiamento delle dominazioni infatti, il Monastero ottenne sempre il riconoscimento dei suoi possessi e privilegi, e richiese ed ottenne sempre appositi diplomi di conferma (Frassi 1879, a pag. 27 e seguenti ne sono elencati una serie che va dal 893 sino al 1697 e tra cui, in particolare, quello del duca Francesco I Sforza del 5 agosto 1450, quello di Ludovico XII, re di Francia, del novembre 1499 e quello dell’imperatore d’Austria, Leopoldo I, del 15 aprile 1697).
Il feudo di Civenna cessò di esistere e venne aggregato alla Lombardia nella Repubblica Cisalpina, provvisoriamente unito alla Pretura di Asso, con il processo verbale di aggregazione del 10 aprile 1797 (Frassi 1879, pag. 34).
I beni del Monastero passarono al “Fondo di religione” e, con decreto 7 brumale anno VI (28 ottobre 1797) il Direttorio esecutivo ordinò che le terre di Civenna, Limonta e Campione venissero sottoposte al censo, destinandovi appositi geometri per eseguirvi le relative misure (Frassi 1879, pag. 36).
Per quanto riguarda l’amministrazione del comune, dagli statuti civili e criminali di Civenna e Limonta del 1589, confermati nel 1640 ed ancora nel 1687, è possibile individuare che Civenna convocava al suono della campana l’assemblea di tutti i vicini che erano tenuti a parteciparvi pena il pagamento di una multa. Ogni anno veniva poi eletto un consiglio generale, composto dai consiglieri della comunità che avevano l’autorità di amministrare il comune, deputando a ciò anche dei sindaci. I consiglieri, che non potevano avere un’età inferiore ai diciotto anni, dovevano giurare, come gli altri eletti a cariche pubbliche, nella mani del podestà. Il comune era inoltre tenuto alla nomina di altri ufficiali che dovevano essere scelti tra le persone migliori e più abili: i sindaci (anche in numero maggiore di uno e con l’obbligo, per almeno uno di loro, di saper leggere e scrivere), il console, il canevario e due estimatori. Compito dei consoli era quello di notificare al podestà “tutti li delitti, et delinquenti occorreranno in essi Communi almeno fra tre giorni dal dì saranno commessi”. Essi erano tenuti a dare “idonea sigurtà nelle mani delli Podestà di ubidir alli suoi commandamenti, … et non andar contra li statuti”.
Annualmente il consiglio generale eleggeva anche il canevario, (detto anche caneparo o tesoriere) che poteva essere confermato per gli anni successivi.
Civenna era sottoposto alla giurisdizione di un proprio podestà che doveva essere eletto dagli abitanti del comune. Egli poteva avvalersi di luogotenenti, in caso di sua assenza, e doveva svolgere tutti i compiti che gli statuti gli assegnavano sia in materia di giustizia che di amministrazione. In particolare a lui era affidata la custodia di tutte le pubbliche scritture della comunità (Statuti di Civenna e Limonta 1687).
ultima modifica: 07/06/2004
[ Domenico Quartieri ]
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