comune di Castelleone sec. XII - 1757
Il “castrum” di Castelleone venne fondato nel 1188, sul luogo dove sorgeva “castrum Manfredi” fondato nel 1183 e distrutto nel 1186 dal Barbarossa, e riunì i territori dei precedenti villaggi di “Fipenega”, San Latino, “Manzanum”, “Ripa Scortecata” (Menant 1993, p. 88).
Il Grandi riporta la notizia, ripresa dalla Historia di Castelleone compilata da don Clemente Fiammeno e pubblicata nel 1652, che nel 1200 il comune era governato da un consiglio di venti persone, tra di essi quattro erano nominati consoli, uno per ciascuno dei quattro quartieri, Bressanore, Manzano, Fepenica e Mastalengo, nei quali era suddivisa Castelleone (Fiammeno 1642; Grandi 1856-1858, ad vocem).
Nel 1354 Castelleone passò sotto il dominio di Bernabò Visconti, figlio di Giovanni duca di Milano. Nel 1402 Uguccione Pallavicino fu governatore di Castelleone. Nel 1413 l’imperatore Sigismondo con privilegio dell’8 maggio 1413 investì Cabrino Fondulo del marchesato di Castelleone, investitura confermata nel 1420 da Giovanni Visconti. Nel 1428 fu nominato il primo podestà di Castelleone; alla stessa epoca il comune era amministrato da un consiglio di 48 persone e dai consoli. Nel 1436 fu riformato il governo del comune affidato a dodici consoli, ciascuno dei quali governava per un mese e da un consiglio. Tra il 1499 e il 1509 Castelleone divenne parte del dominio veneziano e in questo periodo nel 1503 furono compilati gli statuti validi per Castelleone e il suo territorio. Tra il 1509 e il 1512 passò sotto il dominio dei Francesi per ritornare quindi a essere parte del ducato di Milano (Fiammeno 1642; Grandi 1856-1858, ad vocem; Cugini 1973; Pavesi – Carubelli 1988; Carubelli 1995, pp. 33-34).
Con privilegio del 10 marzo 1435 Castelleone fu costituita terra separata da ogni altra città e giurisdizione e fu decretato che essa dovesse rispondere direttamente a Milano, che inviava il podestà; secondo le clausole contenute nel privilegio gli ufficiali di Cremona non dovevano aver niente a che fare con Castelleone e con i suoi abitanti, perchè il borgo veniva dichiarato appunto “separato, segregato e del tutto esente dalla città” e quindi gli “officiales Cremona non possint nec debeant se intromittere”; le tasse non dovevano essere pagate a Cremona, ma direttamente al duca di Milano; al borgo era riconosciuta autonomia giurisdizionale e quindi tutte le cause in cui fossero stati coinvolti abitanti di Castelleone, dovevano essere risolte davanti al tribunale locale e il podestà locale aveva piena facoltà di amministrare giustizia in qualsiasi materia e nei confronti di chiunque fosse coinvolto in una vertenza con i cittadini del luogo (Chittolini 1988).
Agli inizi del XV secolo Castelleone venne a trovarsi nella situazione di importante piazzaforte di confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, grazie a questo fatto Castelleone, come altre comunità, potè contrattare con Visconti e Sforza condizioni particolarmente favorevoli al riconoscimento di speciali autonomie rispetto alla città capoluogo del territorio in cui esse erano situate (Chittolini 1988). Nella storia della separazione di Castelleone giocarono un ruolo importante anche alcuni dati specifici: in particolare bisogna ricordare la condizione di autonomia da Cremona di cui Castelleone aveva goduto nel periodo della signoria di Cabrino Fondulo. La separazione si era quindi consolidata nel 1420, quando il Cremonese era ritornato sotto la signoria dei Visconti: in questa occasione e per alcuni anni, in cambio della signoria di Cremona restituita ai Visconti, fu infatti riconosciuta a Cabrino la signoria di Castelleone, che costituì perciò una sorta di piccolo staterello o principato, staccato dalla provincia cremonese. Il periodo della signoria di Cabrino costituì nella storia dell’autonomia di Castelleone un momento importante e quando Castelleone tornò sotto i Visconti, non ebbe difficoltà ad ottenere, anche in virtù del reggimento autonomo del quale aveva fino a quel momento goduto, il privilegio di separazione. Nonostante le continue pressioni da parte di Cremona fin dal Quattrocento, perchè la separazione fosse per così dire cancellata, Castelleone mantenne tale condizione, anche se la costante ostilità cremonese fece sì che, aldilà del riconoscimento di principio, di fatto l’istituto subisse nella sua applicazione effettiva resistenze e limitazioni (Chittolini 1988). Nel 1451 Castelleone è elencato tra i “communia, fortilicia, terre et ville” separate dalla città di Cremona (Elenco comuni contado di Cremona, 1451).
La condizione di separazione risultò confermata per tutta l’età viscontea, sforzesca e nel periodo spagnolo e autriaco (il privilegio di “terra separata” fu confermato da Carlo V il 28 agosto 1541) e fu riconosciuta anche nell’ambito della riforme teresiane delle amministrazioni locali (editto 10 giugno 1757; editto 15 febbraio 1758).
Dalle risposte ai 45 quesiti emerge che la struttura amministrativa del comune era costituita due organi consiliari: il consiglio particolare, costituito da tre deputati, due nuovi e uno rimasto in carica dall’anno precedente, altri 21 consiglieri, il cancelliere e il ragionato, e il consiglio generale, del quale non è specificata la composizione, che si riuniva per la pubblicazione del riparto delle imposte.
Nella congregazione del 21 dicembre, il consiglio particolare nominava per ballottazione tra i suoi membri sei persone tra le quali il marchese feudatario sceglieva i deputati; otto persone, quattro delle quali erano nominate dal marchese feudatario per sindacare l’operato dei deputati e dei tesorieri che uscivano di carica; quattro giudici delle strade; quattro fabbriceri della chiesa parrocchiale; quattro protettori dei carcerati; l’elezione degli uffciali nominati doveva essere confermata dal marchese feudatario. Il governo ordinario del comune era nelle mani dei due deputati di nuova nomina che si avvalevano dell’aiuto del deputato rimasto in carica dall’anno precedente.
La comunità affidava la redazione delle pubbliche scritture, ad eccezione di quelle di carattere contabile compilate dal ragionato, al cancelliere. I documenti del comune erano custoditi in una stanza adibita ad archivio e l’ufficio di archivista era appannaggio del primo deputato che curava anche il libro dell’estimo, custodito in un armadio a parte. Le operazioni relative alla riscossione delle tasse erano espletate dal tesoriere che esigeva le imposte “del reale” e dall’impresario del personale che riscuoteva la tassa del testatico. I due uffici erano assegnati all’incanto con incarico di durata triennale.
Per la cura dei propri interessi la comunità manteneva un procuratore sia a Milano, sia a Cremona.
Alla metà del secolo XVIII il comune era sottoposto alla giurisdizione del podestà feudale, residente a Milano, eletto dal marchese feudatario, che dal 1652 era il marchese Ordogno de Rosales (Casanova 1904), e approvato dal senato; in assenza del podestà feudale le funzioni giurisdizionali erano svolte dal fiscale del feudo, che agiva in qualità di luogotenente; il console criminale prestava giuramento alla banca criminale del feudo. All’epoca la comunità contava 3000 anime (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3054).
ultima modifica: 03/04/2006
[ Valeria Leoni ]
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