podestà di Cremona sec. XII - 1786
Il primo podestà cremonese è nominato nel 1182 e in età comunale podestà e consoli si alternarono alla guida della città. Nel periodo signorile il podestà perdette un po’ per volta gran parte dei suoi poteri e rimase soltanto a capo del potere giudiziario. Doveva essere forestiero e veniva scelto dal signore tra i membri delle famiglie più cospicue e nobili delle città alleate, o amiche o che facevano comunque parte del dominio. Il salario era a carico del comune e serviva anche per mantenere coloro che componevano il suo seguito, costituito dai giudici uno dei quali aveva il titolo di vicario e lo sostituiva in caso di assenza o di impedimento, dai militi, dai notai, dagli sbirri e altri ufficiali minori. Compito del podestà era di amministrare la giustizia civile e criminale in città e nel territorio, ad eccezione della cause che comportavano pene fino a 40 soldi per le quali erano competenti i podestà e i consoli dei comuni del territorio.
Secondo gli statuti di Cremona del 1388 il podestà conduceva con sè quattro giudici, uno che sedeva presso di lui, uno addetto alla curia criminale e due con il compito di dirimere le controversie civili, e tre giudici socii, uno con il compito di presiedere all’ufficio delle vettovaglie, l’altro all’ufficio dei danni dati e all’ufficio delle strade nella città e nel contado e un terzo incaricato della “circa” delle armi e di impedire che venissero compiute azioni illecite nella città di giorno e di notte. Appartenevano al seguito del podestà anche un cancelliere, i connestabili, i barroarii, i tubatori, e altri ufficiali minori. In età spagnola il podestà era nominato dal governatore dello stato e approvato dal senato; in virtù del privilegio emanato da Francesco II Sforza in data 9 novembre 1527, la pretura cremonese era di rango senatorio. Il podestà o pretore interveniva a disciplinare i più importanti settori della vita di una comunità; doveva assicurare incolumità e difesa alla città che gli era stata affidata e amministrare giustizia nelle cause civili e criminali; interveniva inoltre in vario modo nell’attività amministrativa locale, tra l’altro ordinava le revisioni dell’estimo, pubblicava l’ordinanza che obbligava all’introduzione dei grani in città e nominava gli assistenti alle porte. Era tenuto a convocare e presiedere il consiglio generale e poteva partecipare, dando il suo voto, alle congregazioni dei prefetti alla sanità. Al termine dell’ incarico biennale il podestà era sottoposto alla sindacatura del suo operato. Il sindacatore era anch’egli un senatore, in genere veniva scelto per sindacare il podestà cremonese l’ultimo senatore insignito dell’autorità senatoria. Durante il sindacato il pretore uscente era sostituito nelle sue funzioni dal sindacatore, che svolgeva quindi le funzioni di propretore. Il pretore abitava con il suo seguito e amministrava la giustizia nel palazzo che la comunità aveva acquistato nel 1535 (in precedenza il podestà amministrava la giustizia nel palazzo del Comune). Prima di prendere possesso della carica il pretore riceveva le “oblationi” dall’oratore cremonese a Milano, prestava giuramento, come ogni ufficiale biennale, nelle mani del presidente del Senato, prestava sigurtà al Magistrato Straordinario che avrebbe amministrato con rettitudine l’ufficio a lui affidato, quindi presentava la patente di nomina del governatore al consiglio generale del comune e giurava circa il retto esercizio delle sue funzioni secondo la formula contenuta negli Statuti della città del 1388. Infine riceveva dal suo predecessore la verga lignea.
I principali collaboratori erano il vicario pretorio competente in materia civile; il giudice del maleficio competente in materia criminale, liberamente scelti dal podestà. Altro membro della curia del podestà era l’avvocato fiscale, ufficiale biennale nominato dal governatore dello Stato. Nell’ambito della curia pretorile operavano anche il cancelliere, i notai addetti al banco civile (notaria dei ceppi), e i notai del maleficio che, approvati dal senato e confermati dal Magistrato Straordinario, potevano eleggere propri aiutanti e scrittori. Mentre il senato rivolgeva ai notai del maleficio una continua attenzione per verificare i corretto svolgimento delle loro funzioni, il controllo esercitato dal Magistrato Straordinario per disposizione delle Nuove Costituzioni non era sufficientemente incisivo. Nè il podestà, nè altro giudice cittadino potevano emettere sentenza di condanna e di assoluzione nei casi in cui era prevista la pena di morte o la mutilazione di un membro o la confisca dei beni senza avere prima interpellato e sentito il voto del senato (Meroni 1951, pp. 55-57; Massetto 1985).
Il podestà e i giudici della sua curia avevano giurisdizione sulla città e sul suo distretto, anche se per pene fino a 40 soldi erano competenti a giudicare i consoli delle comunità; si sottraevano invece alla giurisdizione del podestà di Cremona le terre feudali e le terre separate, anche se contro le sentenze dei giudici feudali si poteva ricorrere in appello al podestà di Cremona. Inoltre le Nuove Costituzioni, riproponendo limitazioni già in vigore in periodo signorile, proibivano ai podestà feudali di giudicare nelle cause in cui fossero coinvolti dei cittadini. Esulavano inoltre dalla giurisdizione del podestà cittadino e dei giudici della sua curia le cause daziarie, le cause mercantili e quelle per le quali il reo era un ecclesiastico, di competenza rispettivamente del referendario, del tribunale mercantile e del giudice ecclesiastico (Meroni 1951, p. 55).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Valeria Leoni ]
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