ufficio del patrimonio 1576 - 1756

L’ufficio del Patrimonio secondo le norme costitutive dell’Ufficio approvate dal Senato nel 1576 era costituito da sei conservatori e un commissario. I conservatori del Patrimonio erano eletti dal consiglio generale tra i suoi membri . La carica era biennale e quattro erano eletti ex novo, mentre due rimanevano in carica dal biennio precedente; uno di essi doveva essere togato. Il consiglio eleggeva, sempre con incarico biennale, anche il commissario del Patrimonio, al quale era corrisposto un salario di trecento lire all’anno. I “signori patrimoniali” dovevano occuparsi in particolare della conservazione e dell’incremento del patrimonio della città. Le congregazioni dei conservatori, alle quali era presente anche il commissario dell’ufficio, avevano cadenza settimanale. I conservatori del Patrimonio erano tenuti al controllo di ogni movimento di danaro e dopo l’istituzione dell’ufficio i ragionati del comune furono posti sotto il controllo dei conservatori e del commissario e furono obbligati a esercitare le loro funzioni nella stessa stanza. I conservatori dovevano perciò sottoscrivere tutti i mandati e le reversali presentate al tesoriere del comune, sorvegliare che la riscossione delle imposte fosse regolare; alla fine di ogni anno dovevano farsi consegnare dall’oratore la nota della somma dovuta dalla città per l’anno successivo, compilare il bilancio della tassa e porre all’incanto la tassa, cioè l’imposta sui redditi civili, e i dazi. Potevano partecipare alla congregazioni dei deputati del mese con poteri tuttavia solo consultivi. Coadiuvati dal commissario, avevano anche poteri giudiziari contro debitori insolventi e per costringere coloro che avevano ricevuto denaro dalla città a rendere conto del loro operato. Dall’ufficio del Patrimonio dipendeva anche il sollecitatore delle liti perchè come detto negli “Ordini del governo della città” “il difender le liti concerne al Patrimonio” . I “signori patrimoniali” svolgevano parte della loro attività in seno al consiglio stesso, dal momento che, anche per operazioni finanziarie di poco conto, occorreva l’approvazione del consiglio generale oppure dei deputati del mese. L’attività di amministrazione interna dell’ufficio era da essi svolta indipendentemente dal consiglio e per lo svolgimento di essa si congregavano nella “cameretta” del palazzo comunale ad essi destinata. Le decisioni che i “signori patrimoniali” prendevano collegialmente in questa sede erano verbalizzate sui “libri provisionum” del Patrimonio, ricordati nell’“Inventarium librorum ecc. existentium in officio rationarie” del 1579. Il ragionato dell’Ufficio del Patrimonio svolgeva anche le funzioni di cancelliere (Statuti 1578, p. 307; Meroni 1951, pp. 29-30; Pizzocaro 1994).
Con la riforma teresiana del 1756 furono trasferite alla Congregazione dei Prefetti al Governo della città e provincia di Cremona “tutte le facoltà della Camera dei Presidenti al Governo e tutte le facoltà della Camera del Patrimonio”. L’ufficio del Patrimonio fu perciò abolito (editto 9 gennaio 1756, art. 13)

ultima modifica: 03/04/2006

[ Valeria Leoni ]