amministrazione della città e della provincia di Cremona 1756 - 1786
I principi di uniformità e accentramento che avevano presieduto al rinnovamento delle amministrazioni comunali, attuato con la Riforma al Governo e Amministrazione delle Comunità dello Stato di Milano, emanata nel dicembre 1755, furono assai meno presenti nelle successive riforme attuate a livello provinciale. Rimase la sproporzione tra il ducato di Milano, che secondo il nuovo compartimento territoriale comprendeva ben 896 comunità su 1462 e le altre province, fu mantenuta la separazione di alcune terre non soggette, per antichi privilegi, ad un unico capoluogo, ma soprattutto l’unificazione amministrativa, resa necessaria all’interno di ciascuna provincia dal venir meno delle antiche distinzioni tra estimi civili ed estimi rurali, fu attuata in forme e modi tali da salvaguardare largamente il predominio della città sulla campagna e i privilegi dei vecchi ceti decurionali (Capra 1987).
La riorganizzazione amministrativa della Lombardia austriaca elaborata dal Real Giunta del Censimento, presieduta da Pompeo Neri, si concretizzò nel 1757, quando con l’editto del 10 giugno, fu pubblicato il nuovo Compartimento territoriale dello Stato di Milano (editto 10 giugno 1757), secondo il quale la provincia di Cremona, distinta in provincia superiore e provincia inferiore, fu suddivisa in 16 distretti-delegazioni secondo quanto del resto era già stato anticipato con la Riforma al governo alla città e alla provincia di Cremona emanata in data 9 gennaio 1756 (editto 9 gennaio 1756).
Prima tra tutte le riforme in materia, quella emanata per Cremona sarebbe dovuta servire di “modello” per tutte le altre: in realtà ciò non avvenne e anzi la riforma della città e provincia di Cremona finì per distinguersi proprio per la sua specificità. Intento principale della Giunta era infatti quello di separare l’amministrazione della città da quella della provincia, ma il patriziato locale propose invece un’altra soluzione che finì poi per essere accolta: i decurioni cremonesi si dichiararono cioè disponibili ad allargare il Consiglio cittadino e ad accogliere in esso anche sedici estimati, rappresentanti dei sedici distretti-delegazioni nei quali sarebbe stato diviso il territorio cremonese; del resto nel Consiglio di Cremona sedevano già rappresentanti dei mercanti, mentre poco peso avevano, contrariamente a quanto avveniva invece ad esempio a Pavia, i cosiddetti “interessati milanesi”, così erano chiamati i cittadini di Milano che possedevano terreni nel territorio cremonese.
Va notato che sia la riforma del 9 gennaio 1756 per la città e provincia di Cremona (editto 9 gennaio 1756, art. 47) sia, di conseguenza, il Compartimento del 1757 non revocarono lo “status” di “terra separata” per alcune comunità, Castelleone, Fontanella (ora in provincia di Bergamo), Soncino e Pizzighettone con Gera e Regona che, in virtù di antichi privilegi, godevano di particolare autonomia amministrativa e giurisdizionale dal capoluogo, in conseguenza di ciò per alcune di queste comunità furono emanati provvedimenti di riforma particolare; altre riforme ad hoc infine, furono emanate anche per la delegazione I che comprendeva la comunità delle Due Miglia, cioè l’insieme dei sei quartieri che facevano corona intorno alla città, nonostante l’articolo 47 della Riforma del 9 gennaio 1756 affermasse che la comunità delle Due Miglia si sarebbe dovuta governare in forma di comunità separata dalla città e [avrebbe dovuto formare] i suoi deputati e rappresentanti nel modo prescritto alle altre comunità”, e per la comunità di Soresina.
Con la Riforma del 1756 e il successivo Compartimento del 1757 la provincia di Cremona fu costituita dalla città unita ai cosiddetti Corpi Santi, dalla comunità delle Due Miglia, che era la delegazione I, dalle sei delegazioni (II-VII) della provincia superiore, dalle nove delegazioni (VIII-XVI) della provincia inferiore, dalla giurisidizione della Calciana e dalle comunità di Castelleone, Fontanella, Pizzighettone con Gera e Regona e Soncino che costituivano terre separate (edittto 9 gennaio 1756; editto 10 giugno 1757; Cuccia 1977; Capra 1987; Mozzarelli 1982; Liva 1998).
Secondo la riforma del 1756 a capo della città e della provincia di Cremona fu posto il Consiglio generale dei decurioni della città e provincia, mentre l’ordinaria amministrazione spettava a un organo esecutivo ristretto: la Congregazione dei Prefetti o del Patrimonio. Il consiglio generale dei decurioni della città e provincia di Cremona era formato dai membri del consiglio cittadino già in carica, da quattro deputati tratti dall’Università dei Mercanti e da sedici estimati della provincia. I membri erano eletti a vita (edittto 9 gennaio 1756, art. 10). I decurioni cittadini dovevano essere eletti secondo le norme statutarie (art. 2); i decurioni mercanti erano eletti dal Consiglio stesso su terne presentate dall’Università dei Mercanti (art. 9); i sedici estimati della provincia, che non dovevano appartenere al corpo decurionale cittadino, dovevano essere eletti, con una elezione di secondo grado dai deputati dell’estimo delegazione per delegazione, uno per ciascuna delle sedici delegazioni nelle quali con l’editto del 10 giugno 1757 sarebbe stata divisa la provincia di Cremona, (artt. 6, 7, 8). Per tutti i membri era previsto un estimo minimo di 6000 scudi (art. 7). Nel Consiglio generale era “riunita e consolidata tutta la Generale Amministrazione della Città e Provincia di Cremona”; esso nominava i diversi “ufficiali amministratori” e dava tutte “quelle disposizioni che stimerà opportune per la cautela del patrimonio pubblico” (art. 11). Aveva l’obbligo di riunirsi una sola volta all’anno “per l’esame dei conti dell’annata decorsa e per l’approvazione dell’imposta per l’annata successiva” (art. 23), anche se la Congregazione dei prefetti aveva comunque il potere di riunire il Consiglio in caso di necessità. Il Consiglio generale eleggeva l’oratore a Milano per la città e provincia di Cremona, che doveva essere membro del Collegio dei giurisperiti, e interveniva, quando si trovava a Cremona, alla Congregazione dei prefetti con voto consultivo (art. 25). Il Consiglio era tenuto ogni tre anni a nominare al pubblico incanto il “Commissario o tesoriere della provincia” alle condizioni ritenute più opportune (art. 28); doveva inoltre eleggere sei persone, che non fossero membri della Congregazione dei prefetti, e presentare i nominativi di costoro al Regio Tribunale di Milano, che ne nominava due, autorizzati con il regio delegato a svolgere il compito di revisori dei conti e di sindacatori, “con la facoltà di esaminare tutte le scritture e di ricevere qualunque ricorso o querela contro l’amministrazione di quell’anno e di dare relazione su di essa al consiglio generale alla fine di ogni anno” e di trasmettere quindi la relazione al Tribunale di Milano (art. 29).
L’ordinaria amministrazione spettava alla Congregazione dei prefetti al governo della città e provincia. Essa era costituita da 10 membri scelti dal Consiglio generale, tra coloro che erano dotati dei requisiti ritenuti idonei “per bene esercitare l’importante uffizio” (art. 15), due dovevano comunque essere dottori collegiati, due rappresentanti vocali dei distretti e uno vocale dell’Università dei Mercanti; ogni anno due dei prefetti venivano mutati. Era presieduta dal regio delegato che aveva l’obbligo di sorvegliare il rispetto degli ordini e “di fare i regolari rapporti delle materie trattate al Magistrato regio residente a Milano al quale si dovrà rendere conto annualmente delle somme da imporsi e delle rispettive cause e della conversione del denaro esatto” (art. 17) e la facoltà, ove lo ritenesse opportuno di sospendere l’esecuzione delle delibere (art. 18). La congregazione dei prefetti aveva tra i propri compiti la “giornaliera erogazione” del denaro pubblico; perciò il tesoriere non poteva pagare nessuna somma senza il mandato emesso e sottoscritto da almeno tre dei detti prefetti, uno dei quali togati, e dal cancelliere (art. 20). Aveva il potere di convocare il Consiglio generale, se lo riteneva opportuno, e aveva inoltre il compito di formare la pianta organica e nominare i subalterni necessari (art. 30). Secondo l’art. 42 della citata Riforma, i prefetti avevano “una generale soprintendenza sopra la locale economia di tutte le comunità comprese nella provincia cremonese sotto gli ordini del Regio Tribunale di Milano che a tal fine farà passare per il loro canale la revisione delle imposte comunali e la revisione dei ruoli personali e mercimoniali che annualmente debbono farsi in ciascheduna comunità”; dovevano inoltre prendere “cognizione in prima istanza di tutte le cause in materia di carichi e in materia di estimi e generalmente di tutte le cause tra comunità e privati e tra comunità e comunità, salva l’appellazione e il ricorso al Regio Tribunale di Milano, dal quale saranno fatte le speciali instruzioni per regolare la giursidizione di questa congregazione e i mezzi per esercitarla” (art. 14).
La Congregazione dei Prefetti eleggeva due sindaci uno dei quali doveva risiedere a Milano in compagnia dell’oratore per intervenire nella Congregazione di stato e per patrocinare le cause della città e provincia presso i tribunali di Milano e gli interessi di tutte le singole comunità cremonesi, purchè non fossero in contraddizione con quelli più generali della detta città e provincia; l’altro sindaco risiedeva a Cremona e svolgeva presso la Congregazione dei Prefetti le funzioni di difensore degli interessi delle comunità cremonesi nei confronti della provincia (art. 26).
Con l’istituzione del Consiglio generale allargato e della Congregazione dei Prefetti al Governo furono soppressi alcuni organismi istituzionali precedenti. Secondo l’articolo 13 della riforma infatti furono trasferite alla Congregazione dei Prefetti al Governo di nuova istituzione “tutte le facoltà della Camera dei Presidenti al Governo e tutte le facoltà della Camera del Patrimonio, le quali due Camere [dovevano terminare] in avvenire le loro funzioni”. In seguito all’attivazione del nuovo Catasto e quindi all’abolizione della distinzione tra estimo civile e estimo rurale e dei corpi fiscalmente privilegiati dovevano inoltre essere abolite, avendo perso motivo di esistere, la Congregazione del Contado la Congregazione degli Interessati Milanesi e la Congregazione detta de’ Liberati Cremonesi (art. 31). Gli archivi delle Camere e Congregazioni soppresse dovevano essere riuniti in luogo opportuno sotto la direzione dei “prefetti provinciali” (art.43).
In virtù dell’articolo 35 della Riforma rimasero in funzione gli Uffici della Sanità, delle Vettovaglie, del Decoro, degli Argini e Dugali, del Naviglio e i deputati della Fabbrica della Cattedrale, dello Spedale Maggiore e di altri luoghi pii. Gli ufficiali preposti agli Uffici e i deputati nominati dovevano essere eletti “secondo il solito dal Consiglio generale dei decurioni, ovvero dalla Congregazione dei prefetti, in quei casi che in passato dovevano eleggersi dalla Camera dei presidenti, e dovranno restar composte di soggetti nei quali concorrano i requisiti statutari senza che per la presente riforma s’intenda fatta in essa alcuna novità, dichiarando però che tutte debbano restare subordinate al Consiglio generale e rispettivamente alla Congregazione dei Prefetti provinciali nel modo che secondo gli ordini veglianti sono subordinate al presente Consiglio generale o alla Camera dei presidenti”. Alcune novità furono introdotte invece nell’amministrazione dell’Ufficio degli Alloggiamenti militari, l’unica per la quale fu prevista l’introduzione di due nuovi membri rappresentanti dei distretti della provincia, dal momento che ora “la stessa Camera oltre agli alloggiamenti che [occorrevano] nella città [doveva ] occuparsi anche della soprintendenza agli alloggi nelle comunità particolari del territorio cremonese” (artt. 36-40).
Il Consiglio generale della città e provincia di Cremona doveva eleggere infine i componenti della Camera del mercimonio, costituita da quattro decurioni e da quattro mercanti. In caso di vacanza di un posto l’Università dei mercanti doveva nomiare due persone dell’ordine decurionale o del mercantile secondo “la qualità della vacanza” e il Consiglio generale doveva scegliere tra i due nominati quello considerato più idoneo; fra i decurioni della Camera uno doveva essere un membro della Congregazione dei prefetti. Alla Camera vennero trasferite le competenze della precedente “Camera del mercimonio” e ad essa spettava l’esecuzione di tutti i compiti affidati dalla Giunta del censimento relativamente alla materia del mercimonio; doveva operare “subordinatamente alla Congregazione dei prefetti a tenore delle istruzioni speciali che le saranno date” (edittto 9 gennaio 1756, artt. 33-34).
ultima modifica: 03/04/2006
[ Saverio Almini ]
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