distretto di Due Miglia 1757 - 1797
Con la “Riforma al governo ed amministrazione delle comunità dello Stato di Milano” del 1755, alle molteplicità di metodi di amministrazione si oppose un sistema uniforme valido per tutte le comunità minori dello stato. Nell’ambito della provincia di Cremona riforme ad hoc, tuttavia, furono emanate per le comunità di Castelleone, Pizzighettone (che nel compartimento del 1757 mantenennero lo “status” di terra separata) e Soresina, caratterizzate da forti tradizioni di autogoverno e dal comune detto dei Due Miglia presso la città di Cremona, che presentava caratteristiche particolari. Queste “Riforme” particolari, pur consentendo ai borghi citati di mantenere in vigore degli antichi statuti, ribadivano fermamente il principio generale secondo cui gli “estimati”, cioè tutti coloro che figurassero a catasto per qualsiasi cifra come intestatari di beni fondiari non esenti, e non solo i decurioni, membri delle antiche famiglie locali, potevano partecipare alla gestione della vita pubblica.
Tra la fine del 1757 e i primi mesi del 1758 furono emanate quattro riforme relative ad altrettante comunità del territorio cremonese che per motivi diversi presentavano caratteristiche e problemi particolari.
Nel compartimento territoriale pubblicato in data 10 giugno 1757 il distretto detto “dei Due Miglia presso la città di Cremona” costituiva un unico comune e comprendeva i quartieri di Boschetto, Picenengo, Quartiere del Battaglione, S. Ambrogio, S. Bernardo e S. Felice (editto 10 giugno 1757). Esso era amministrativamente indipendente dalla città e fu oggetto di una riforma particolare entrata in vigore in data 13 febbraio 1758 (editto 13 febbraio 1758). La riforma prevedeva l’istituzione di un consiglio costituito da 24 possidenti con almento 300 scudi di valore capitale, eletti a vita dal convocato generale di tutti i possessori alla presenza dell’assistente regio residente a Cremona, quattro per ciascuno dei sei quartieri, nei quali la comunità era divisa. A questo consiglio doveva essere affidata l’amministrazione della comunità, rimanendo abolita ogni altra rappresentanza in addietro praticata. Il consiglio doveva riunirsi alla presenza del regio delegato, nel luogo in cui era conservato l’archivio, e a sua volta eleggeva annualmente tre deputati all’estimo, tra coloro che, anche non appartenendo al consiglio, avevano almeno 1000 scudi d’estimo; due deputati del personale, “uno che abiti nella parte superiore, l’altro nella parte inferiore”, e uno del mercimonio e due sindacatori. “In riguardo all’ampiezza del territorio e delle sue circostanze di esso molto soggetto alle fazioni tanto ordinarie che straordinarie”, i deputati dell’estimo “che dovranno anch’essi riunirsi nel luogo destinato all’archivio” dovevano eleggere sei sindaci comunitativi, uno per ciascun quartiere, un sindaco residente in città e pronto ad eseguire quanto disposto dai deputati, mentre i deputati e il sindaco insieme dovevano nominare sei consoli, anch’essi uno per ciascun quartiere (Mozzarelli 1982; Liva 1998).
ultima modifica: 03/04/2006
[ Saverio Almini ]
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