comune di Civate sec. XIV - 1757
Comune del Monte di Brianza, appartenne alla pieve di Oggiono.
Il toponimo è citato (nella forma “Clavate”) nell’anno 927 (Manaresi 1955-1960, n. 133; CDL, n. 524; Vismara 1979).
Nel 1162 l’imperatore Federico I concesse all’abate di Civate un diploma che confermava i possessi dell’abbazia in Civate, anche quelli acquisiti per feudo e per contratto con privati, e interdiceva a tutti ogni ingerenza e potestà sulle cose e uomini dell’abbazia (Bognetti, Marcora 1957).
Negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano era compreso, nella pieve di Oggiono, come “el borgo o locho da Civà” (Stella, Farina 1992).
Nel 1411, con la conferma delle immunità ed esenzioni ai ghibellini “Montis Brianzie partium nostrarum Martexane superioris” concesse già da Bernabò Visconti, e nell’atto di giuramento prestato il 10 luglio 1412 al duca di Milano Filippo Maria Visconti, venivano nominati “omnia communia Montisbriantie contrate Martesane”, tra cui Civate (Beretta 1972).
Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Civate risulta elencata tra le comunità della pieve di Oggiono (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).
In un prospetto comprendente tutte “le terre del ducato di Milano et altre con esse tassate per le stara di sale”, risalente al 1572 (Terre Ducato di Milano, 1572), era compresa anche Civate.
Dalle risposte fornite nel 1751 ai 45 quesiti della real giunta del censimento, si desume che a quel tempo la comunità di Chivatte (Civate), compresa nella pieve di Oggiono – già infeudata con le comunità delle pievi di Garlate e Oggiono nel 1538 a Giovanni Agostino d’Adda (Casanova 1904) – non era infeudata “essendosi redenta da molti anni a questa parte” e pagava ogni quindici anni lire 1.29.33 “al officio delle regalie” per la redenzione dal feudo. Non vi risiedeva iusdicente nè regio nè feudale; il console era solito prestare giuramento presso la banca criminale del capitano di giustizia di Milano.
Per quanto riguarda gli organi e gli aspetti della vita amministrativa, la comunità, che aveva allora circa 870 abitanti, non aveva consiglio, ma all’occorrenza il sindaco e console avvisavano i compadroni e il cancelliere, “per dare le opportune provvidenze”; prima di essere consegnati all’esattore, i riparti erano rivisti dai primi estimi, sottoscritti da deputati e letti in pubblica piazza; presso la casa del sindaco, che aveva un salario annuo di lire 28, restavano “sotto chiave” le scritture pubbliche; incombenza del cancelliere era formare tre riparti all’anno, con obbligo di consegnarne copia al sindaco; l’incarico di esattore veniva appaltato ogni tre anni (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Civate).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Saverio Almini ]
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