comune di Airuno sec. XIV - 1757
Comune del Monte di Brianza, appartenne alla pieve di Brivio.
Il toponimo (nella forma “Ayruno”) è citato nel testamento del nobile longobardo Alcherio redatto nel maggio del 960 (CDL, n. 638; Vismara 1979).
Il 31 dicembre 1208 i consoli di Milano confermarono il diritto di decima sui prodotti della terra, sui frutti e sugli animali ai Vimercati, capitani di Vimercate, tanto al ramo di Vimercate che a quello di Airuno, già concessi intorno all’anno 1000 dall’arcivescovo di Milano.
Negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano era compreso, nella pieve di Brivio, come “el locho da Ayruno” (Stella, Farina 1992).
Nella compartizione dell’estimo del Monte di Brianza (anno 1456), il comune di Ayruno era compreso nella pieve di Brivio.
Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Airuno risulta elencata tra le comunità della pieve di Brivio (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).
In un prospetto comprendente tutte “le terre del ducato di Milano et altre con esse tassate per le stara di sale”, risalente al 1572 (Terre Ducato di Milano, 1572), era compresa anche Ayruno.
I duchi di Milano avevano concesso a ogni comune che si affacciava sull’Adda, e quindi anche ad Airuno, il “beneficio di pesca” lungo il tratto di sua pertinenza. Questi comuni avevano però l’obbligo di fornire una congrua razione di pescato; caduto il ducato, il beneficio passò dal comune ai proprietari di Airuno, i Vimercati, fino al 1784.
Dalle risposte fornite nel 1751 ai 45 quesiti della real giunta del censimento, si desume che a quel tempo la comunità di Airuno, compresa nella pieve di Brivio, non era infeudata, essendosi redenta il 30 luglio 1663 (come da istromento rogato da Raimondo Marliano), con l’esborso di lire 990 alla regia camera, cosicché ogni quindici anni corrispondeva al “regio contadore” lire 32.13.9. Non vi risiedeva iusdicente nè regio nè feudale; la comunità era soggetta al regio officio della Martesana, alla quale “non pagava nulla di fisso se non nelle straordinarie occorrenze secondo le circostanze dei casi”, e presso la cui banca criminale il console era solito prestare giuramento.
Per quanto riguarda gli organi e gli aspetti della vita amministrativa, la comunità, che aveva allora circa 550 abitanti, non aveva consiglio generale nè particolare, gli ufficiali erano tre, cioè sindaco, console e deputato, i quali restavano eletti all’incanto in pubblica piazza; al sindaco era raccomandata l’amministrazione, e la vigilanza sulla giustizia dei pubblici riparti, unitamente al deputato, “dipendendo però sempre dai signori primi estimati”; non c’era patrimonio pubblico; la comunità non aveva cancelliere e le pubbliche scritture “esistenti nell’archivio” restavano presso il sindaco o anche presso il console o il deputato; gli esattori venivano eletti all’incanto in pubblica piazza di cinque anni in cinque anni (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Airuno; Longhi, Tavola 1984).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Saverio Almini ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/5000583/