comune di Viganò di sopra e di sotto sec. XIII - 1757
Comune del Monte di Brianza, appartenne alla pieve di Missaglia.
Nel 1162 l’imperatore Federico I concesse all’abate di Civate un diploma che confermava i possessi dell’abbazia, anche quelli acquisiti per feudo e per contratto con privati, e interdiceva a tutti ogni ingerenza e potestà sulle cose e uomini dell’abbazia: tra i beni e le località era elencata Viganò (da intendersi non come l’intero villaggio, ma come più o meno vasti poderi nel territorio della località) (Bognetti, Marcora 1957).
Comune e “consules” di Viganò sono citati nel 1289 (Atti del comune di Milano 1277-1300).
Negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano era compreso, nella pieve di Missaglia, come “el locho da Viganon” (Stella, Farina 1992).
Nel 1411, con la conferma delle immunità ed esenzioni ai ghibellini “Montis Brianzie partium nostrarum Martexane superioris” concesse già da Bernabò Visconti, e nell’atto di giuramento prestato il 10 luglio 1412 al duca di Milano Filippo Maria Visconti, venivano nominati “omnia communia Montisbriantie contrate Martesane”, tra cui Viganò (Beretta 1972).
Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Viganò risulta elencato tra le comunità della pieve di Missaglia (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).
In un prospetto comprendente tutte “le terre del ducato di Milano et altre con esse tassate per le stara di sale”, risalente al 1572 (Terre Ducato di Milano, 1572), era compresa anche Viganor (Viganò).
Dalle risposte fornite nel 1751 ai 45 quesiti della real giunta del censimento, si desume che a quel tempo la comunità di Viganore di sopra e di sotto, compresa nella pieve di Missaglia – già parte con Cremella, Casirago, Cologna e Brianzola del feudo dei marchesi Giussani (Casanova 1904) – era infeudata a don Manzono, milanese, al quale nulla pagava “essendo del tutto esente”; non vi risiedeva iusdicente nè regio nè feudale; di consueto la giustizia restava amministrata dal vicario della Martesana, presso la cui banca criminale prestava il console il suo annuale giuramento, pagando all’attuario soldi 18.3.
Per quanto riguarda gli organi e gli aspetti della vita amministrativa, la comunità, che aveva allora 329 abitanti, formava i suoi consigli in piazza a suono di campana con la concorrenza di tutti gli uomini e degli ufficiali, cioè il primestimo, allora Guido Sirtori, un cancelliere, allora residente a Barzago, con un salario di lire 18 annue più straordinari, un console; l’amministrazione e conservazione della comunità, così come la vigilanza sulla giustizia dei pubblici riparti veniva raccomandata al primestimo, verbalmente delegato; c’era infine un esattore (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Viganò).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Saverio Almini ]
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