comune di Garlate sec. XIV - 1757
Comune del Monte di Brianza, fu capo di pieve.
Il toponimo è citato nell’anno 985 (CDL, n. 827; Vismara 1979).
Garlate fu, come altre località briantee, una corte regia (Vismara 1979).
Negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano era compreso, nella pieve di Garlate, come “el locho da Garlà” (Stella, Farina 1992).
Nel 1412 il comune di Garlate, per mezzo di procuratori, prestò giuramento di fedeltà a Filippo Maria Visconti, che aveva riconfermato alla “Martesana superiore” (Monte di Brianza) le esenzioni fiscali già accordate da Bernabò nel 1373 e da Giangaleazzo Visconti nel 1385 ai “loca et cassine Montis Brianze” (Cazzani 1979).
Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Garlate risulta elencato tra le comunità dell’omonima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).
In un prospetto comprendente tutte “le terre del ducato di Milano et altre con esse tassate per le stara di sale”, risalente al 1572 (Terre Ducato di Milano, 1572), era compresa anche Garlate.
Dalle risposte fornite nel 1751 ai 45 quesiti della real giunta del censimento, si desume che a quel tempo la comunità di Garlate, capo di pieve – già infeudata con le comunità delle pievi di Garlate e Oggiono nel 1538 a Giovanni Agostino d’Adda (Casanova 1904) – non era infeudata, avendo pagato “nell’anno 1545 13 settembre … la detta comunità £ 29.14.6 per la mezz’annata, £ 16.8 per la tesoreria, £ 1.16 al portiere”. Non vi risiedeva iusdicente nè regio nè feudale; il console era solito prestare giuramento presso la banca criminale del podestà di Milano, in caso di urgenza ricorreva al podestà di Lecco.
Per quanto riguarda gli organi e gli aspetti della vita amministrativa, la comunità, che aveva allora 340 abitanti, eleggeva o confermava “li suoi deputati della maggior cognizione” ed il console nell’ultimo giorno dell’anno, “sonata la campana per riunire il popolo come è di costume”; aveva inoltre un cancelliere, allora residente due miglia lontano, che formava e custodiva i riparti, con salario annuo di lire 24, “non essendovi altre scritture che i riparti”; vi era infine un esattore, che stipulava una convenzione con la comunità (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Garlate).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Saverio Almini ]
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