consiglio minore di Lodi sec. XV - 1757
Istituito da Ludovico Sforza nel 1492, in occasione della riforma del ceto decurionale, il Consiglio Minore era composto di dodici consiglieri tratti dalle file del Consiglio generale. Ogni bimestre dieci consiglieri erano rimpiazzati da nuovi elementi scelti dal Consiglio maggiore, in modo che entro l’anno tutti i membri del collegio più ampio potessero operare nel consiglio più ristretto (Agnelli 1917 a). Mentre al Consiglio Maggiore competeva la nomina dei funzionari e dei pubblici officiali, ai decurioni del Consiglio Minore era affidata l’amministrazione ordinaria della città, specialmente in materia di spesa pubblica, di annona, di autorizzazioni, di normativa circa il funzionamento degli offici (Archidata Lodi).
Il collegio conservò tali attribuzioni anche in età spagnola, quando la sua attività era strettamente subordinata al controllo del vicario di provvisione (Stroppa 1994); alcune riforme, però, modificarono i meccanismi del suo funzionamento. Nel 1659 si stabilì che la rotazione dei consiglieri avvenisse ogni trimestre, procedendo all’elezione di quattordici decurioni nel primo trimestre e di dodici nei trimestri successivi, “cosicché valessero i decreti fatti alla presenza almeno di dieci, cioè di otto decurioni e da due sostituti”. Nel 1703 si introdusse una rotazione quadrimestrale, per gruppi di undici consiglieri, decretando che dovessero essere ritenute valide le delibere prese alla presenza di nove estratti e di due sostituti; nel 1708 si ridusse prima a otto, quindi a sei il numero degli estratti necessario per deliberare. Nel 1725, infine, si fissò un’elezione trimestrale, in modo che il collegio potesse deliberare alla presenza di almeno nove consiglieri estratti e di due sostituti.
Nella prima metà del Settecento, il Consiglio si riuniva due- tre volte al mese, sotto la presidenza del pretore e dei due decurioni più anziani e col maggior numero di presenze nei consigli: fino al 1725 eletti ogni quadrimestre, quindi ogni trimestre, tali presidenti “vecchi di numero” erano estratti dal pretore tra quattordici, quindici nominativi; durante il corso dell’anno, il loro mandato non poteva estendersi oltre il semestre. Le loro prerogative erano varie ed ampie: oltre all’approvazione delle delibere, competevano ai “vecchi di numero” l’assistenza agli esaminatori degli ingegneri e agrimensori, l’ammissione di fanti e del baricello tra le guardie del broletto, la revisione dei conti dei funzionari scaduti (Conca 1991).
Al collegio competevano invece la nomina del pretore, del vicario di provvisione, dei giudici delle vettovaglie di Codogno, dei consoli di giustizia, del trombettiere e dell’organista della comunità, nonché deliberare in materia di spesa pubblica, di annona, del funzionamento e della gestione degli uffici, di concessioni di attestati di nobiltà, di cittadinanza e di esenzione dalle tasse per i padri di dodici figli; particolari discussioni potevano riguardare inoltre gli appalti del fieno, del pane venale, della manutenzione del ponte dell’Adda, richieste di vendite di terreni o edifici pubblici. Il collegio, infine, si riuniva in occasione di morte o di ritiro dei decurioni: nel secondo caso lo “ius decurionale” passava in eredità al figlio del rinunciante o, in assenza di successori diretti, al nipote.
La riforma amministrativa progettata con la “Pianta delle provvidenze prescritte da S.M. per il regolamento della città e provincia di Lodi del 1755, e precisata ulteriormente nella “Riforma al governo ed amministrazione della città e provincia di Lodi” del 1757, ridusse a otto il numero dei membri del consiglio minore. Tutti residenti in città, i consiglieri erano tratti dal Consiglio generale e si avvicendavano all’amministrazione cittadina in due quaterne, “di modo che alternando questo ordine tutti distributivamente si prestino a detto Minore Consiglio”: ogni bimestre quattro decurioni erano confermati, mentre altri quattro nuovi consiglieri erano estratti a sorte. Insieme al Maggior Consiglio e alla Congregazione del Patrimonio, il Consiglio Minore sovrintendeva alla generale amministrazione della città, sotto la direzione della Congregazione del Patrimonio: al collegio, in particolare, competeva la spedizione dei mandati per le spese necessarie, previo parere favorevole della Congregazione, oltre a pronunciarsi in merito alle spese straordinarie previste della Congregazione di Patrimonio. Alle sue riunioni, infine, partecipava il podestà, eventualmente sostituito dal fiscale (Pianta per il governo di Lodi, 1755; Pianta per il governo di Lodi, 1757).
ultima modifica: 10/01/2005
[ Cooperativa Mémosis - Lodi ]
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