comune di Santo Stefano sec. XVI - 1757
S. Stefano è attestato almeno dal 1106, quando Pasquale II confermò all’omonimo monastero benedettino le proprietà già possedute; con ogni probabilità il cenobio era sorto su una chiesa già esistente nel IX secolo (Agnelli 1917 a). Successivamente la località ricorre nella documentazione soprattutto in relazione ai diritti esercitati sulla sua “curtis” dall’episcopato lodigiano (CDL II 1).
In età spagnola, quando il Contado lodigiano fu suddiviso nei Vescovati Superiore, di Mezzo, Inferiore di strada Cremonese e Inferiore di Strada Piacentina, il comune apparteneva al Vescovato Inferiore di strada Cremonese e comprendeva Villafranca (Tassa dei cavalli); dalla relazione al visitatore de Haro risulta inoltre che nel 1609 la comunità contava 150 fuochi e, nonostante appartenesse al feudo di Corno Giovane, era governata “come proprio feudo” dai monaci dell’abbazia (Agnelli 1917 a).
Nel compartimento territoriale del 1751 il suo territorio comprendeva i “cassinaggi” di Villafranca S.Maria, Molino delle Pile, S.Fedele, Palazzo dell’Abbazia, Badia, Bignamina, S.Rocco, Centa, Val de Torchi, Cassina Chiavegone, Dosso dell’Olmo, Malpaga, Casoni, Bonella, Valmezzano, Resemina, Fili Longhi, Piantada, Regona, Bosco Alluvione (Compartimento Ducato di Milano, 1751).
L’inchiesta disposta nello stesso torno di anni dalla Regia Giunta per il Censimento accertò che il comune contava circa 2300 abitanti, non aggregava altri comuni ed era feudo del commendatario dell’abbazia di S. Stefano al Corno. Il feudatario era rappresentato da un podestà, al momento abitante a Codogno; a questi, oltre che al banco di Lodi, prestava giuramento il console del comune.
Il comune era privo di organismi rappresentativi; in occasione del riparto però si riunivano presso la “casa pubblica” della cancelleria il podestà feudale, i fittavoli, gli interessati, il console, l’affittuario generale dell’abbazia, il cellario del monastero. L’ordinaria amministrazione era invece affidata a due deputati: eletti annualmente uno dal commendatario e l’altro estratto a sorte in pubblica assemblea, essi erano tenuti in primo luogo a vigilare sul patrimonio comunale.
Completava l’organico della comunità un cancelliere, stipendiato con 48 lire all’anno, responsabile della custodia della documentazione pubblica, conservata presso la cancelleria del comune. La riscossione delle taglie era affidata a un esattore, nominato con asta pubblica (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3050).
Ancora compresa nel Vescovato inferiore di Strada , nel 1753 S. Stefano comprendeva Regona e Villafranca(Indice pievi Stato di Milano, 1753).
Nella seconda metà del Settecento, la suddivisione in Città e Contado venne meno in seguito all’applicazione della riforma teresiana: i Vescovati vennero suddivisi in 24 Delegazioni, ognuna delle quali composta da un numero variabile di comunità: in seguito a tale riassetto, dunque, S. Stefano con Regona e Villa Franca risulta compreso nella XXIII delegazione (editto 10 giugno 1757).
Alla riorganizzazione del territorio non se ne affiancò una istituzionale; in linea di massima (con poche eccezioni), l’organizzazione politico – istituzionale delle singole comunità restò invariata. Quindi mantennero le tradizionali funzioni (naturalmente dove presenti) i convocati generali degli estimati, i deputati e i sindaci.
ultima modifica: 10/01/2005
[ Cooperativa Mémosis - Lodi ]
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