comune di Mariana sec. XIV - 1784
Già parte del bresciano, come testimonia l’estimo visconteo del 1385, che la poneva nella “quadra de Asula” (Valentini 1898), ed entrata a far parte definitivamente del dominio mantovano agli inizi del sec. XV, Mariana era tra i territori assegnati nel 1444 ad Alessandro Gonzaga in seguito alla divisione dello stato gonzaghesco (Mantova 1958-1963), regolata nel civile e nel criminale secondo gli statuti alessandrini, emanati a metà del XV secolo e in vigore fino alle riforme teresiane (Marocchi 1984). Rientrata nella giurisdizione del mantovano nel 1466 (Marocchi, 1990), si ha notizia che nel 1519 la comunità di Mariana otteneva la riconferma dal marchese di Mantova dei privilegi loro concessi dal 1437 al 1495 (Bertolotti 1893). Negli anni immediatamente seguenti alla erezione del ducato di Mantova, avvenuta nel 1530, Mariana era sede di vicariato (Mantova 1958-1963). Nel 1750 per il piano de’ tribunali ed uffici della città e ducato di Mantova (piano 15 marzo 1750), Mariana dipendeva dalla pretura di Redondesco, mentre nel 1772, in seguito al piano delle preture mantovane (piano 4 febbraio 1772), era soggetta alla giurisdizione della pretura di Castel Goffredo, invece nel 1782, dopo il compartimento territoriale delle preture dello stato di Mantova (nuovo piano 22 gennaio 1782), dipendeva dalla pretura di Canneto.
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1775 lo “stato totale delle anime” della comunità di Mariana era di 900 anime (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Sempre dalle risposte ai 47 quesiti, nel 1775 la comunità possedeva la casa dell’osteria e del macello e la casa del “giusdicente”. Aveva ancora alcune proprietà fondiarie, tra cui le fosse attorno al castello, e un fondo in territorio asolano. Godeva inoltre del dazio del mulino, della “taglia de’ moroni e scalvo”, ed era amministratrice di “due cappellanie ordinate del fu Francesco Bonomi” (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1775 il principale organo di autogoverno della comunità era la vicinia, che eleggeva i reggenti, i ragionati, i deputati alle vettovaglie, i deputati ai danni campestri, i deputati alle acque, i massaro “ed altri salariati soliti al pubblico bisogno”, fra cui il cancelliere, che, insieme al reggente del mese, “dal quale vengono custodite le chiavi”, aveva in custodia l’archivio comunitativo “per la conservazione de’ rogiti e scritture pubbliche”. I due ragionati della comunità erano addetti al “riparto della tassa”, secondo l’importo deciso dalla vicinia”, e formavano la “vacchetta de nominati, in cui vengono descritte le teste o sua tassa, tutti gl’altri redditi comunitativi annuali, con gli avanzi del scaduto anno”, che veniva consegnata al massaro, il quale era tenuto ad esigere le imposte e pagare le spese comunitative. Altri funzionari a cui la comunità riconosceva un salario erano il pretore o podestà della “dominante”, l’attuaro della pretura, il procuratore, il dugaliere, il corriere, il barigello della pretura, i due deputati ai confini, i birri della compagnia di Mantova, il deputato alla carreggiatura, il maestro, l’organista, il levamantici, il predicatore quaresimale, il campanaro e il sagrestano (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
ultima modifica: 01/12/2006
[ Giancarlo Cobelli ]
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