comune di Pomponesco sec. XIV - 1784
Già appartenente al cremonese, Pomponesco entrò a far parte del dominio mantovano nei primi decenni del sec. XV. Compreso fra i territori assegnati nel 1444 a Carlo Gonzaga, in seguito alla divisione dello stato gonzaghesco (Mantova 1958-1963), nel 1456 Pomponesco rientrò nella giurisdizione mantovana, per essere assegnato nel 1478 al ramo cadetto dei Gonzaga che avrebbero originato le signorie di Bozzolo e Sabbioneta, divenendo a sua volta sede di contea nel 1594. Nel 1708 Pomponesco fu assegnato al ducato di Guastalla fino al 1746, quando venne reintegrato nella giurisdizione mantovana nel 1771 (Pagliari 1994; Parazzi 1893-1899).
Nel 1772, in seguito al piano delle preture mantovane (piano 4 febbraio 1772), Pomponesco dipendeva dalla pretura di Viadana, come nel 1782, dopo il compartimento territoriale delle preture dello stato di Mantova (nuovo piano 22 gennaio 1782).
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1772 la popolazione della comunità contava 2.000 persone circa, di cui 300 “collettabili in ordinario” e 350 “in straordinario” (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Sempre dalle risposte ai 47 quesiti, nel 1772 la comunità godeva della rendita di un livello attivo e di un affitto di una casa (Risposte ai quesiti, 1772-1777).
Le prime notizie relative all’organizzazione amministrativa del comune di Pomponesco risalgono al 1292, quando in un atto compaiono, con gli altri dei paesi vicini, i deputati e i sapienti del consiglio del comune, governato presumibilmente secondo gli statuti cremonesi. Dopo l’avvento dei Gonzaga il comune si resse secondo gli statuti di Sabbioneta, pubblicati nel 1483 (Parazzi 1893-1899; Liva 1993).
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento risulta che nel 1772 il principale organo di autogoverno della comunità era il consiglio, formato da otto “individui”, che rimanevano in carica due anni. Alla scadenza del loro mandato, “ritenendone due de’ vecchi meglio informati”, i sei membri uscenti formavano una rosa di sedici nominativi, tra i quali il “tribunale” sceglieva i sei nuovi componenti del consiglio. Altre magistrature erano un sindaco, un massaro, per l’esazione della tassa ordinaria, un esattore straordinario, per la riscossione della tassa straordinaria, un esattore della digagna, per l’incasso della tassa della digagna, un assistente all’estimo, un giudice dell’annona, un giudice della digagna, un cancelliere e un ragionato. La custodia e la cura dell’archivio della comunità era affidata a due archivisti, “con una chiave ciascheduno”. Dalla comunità era riconosciuto un onorario anche al bidello, al corriere, al guardacampagna, al regolatore dell’orologio, al procuratore, al pretore, al notaio attuario, al bargello, al medico, al predicatore quaresimale e dell’avvento, al maestro, all’organista e al levamantici (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
ultima modifica: 01/12/2006
[ Giancarlo Cobelli ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/7000580/