comune di Rodigo sec. XIV - 1784
Citato nella rubrica 52 del libro VII “De Miliariis villarum” degli Statuti bonacolsiani degli anni dieci del trecento (D’Arco 1871-1874) fra le ville dipendenti dal quartiere maggiore di Mantova, “Rodigum” veniva staccato dalla giurisdizione del marchesato di Mantova tra il 1444 e il 1456, in seguito alla prima divisione dello stato gonzaghesco, quando fu assegnato a Gianlucido Gonzaga. Rodigo veniva di nuovo separato dallo stato di Mantova nel 1479, e ceduto, insieme ad altri territori, in cambio di Viadana dal marchese di Mantova ai Gonzaga del ramo di Sabbioneta e Bozzolo e nel 1482 venne elevato al rango di contea (Navarrini 1989; Fantini D’Onofrio 1993; cfr Capitanio 1900; Bertolotti 1893), soggetto allo statuto emanato nel 1483 dal cardinale Francesco e Gian Francesco Gonzaga (Parazzi 1893-1899; Liva 1993). Circa la giurisdizione amministrativa a cui era soggetto negli anni immediatamente seguenti alla erezione del ducato di Mantova, avvenuta nel 1530, Rodigo era sede di vicariato (Mantova 1958-1963), mentre agli inizi del secolo XVII dienterà sede di commissariato (Magini 1967). Nel 1750 per il piano de’ tribunali ed uffici della città e ducato di Mantova (piano 15 marzo 1750), Rodigo dipendeva dalla pretura di Castellucchio, mentre nel 1772, in seguito al piano delle preture mantovane (piano 4 febbraio 1772), era soggetto alla giurisdizione della pretura di Goito. Nel 1782, dopo il compartimento territoriale delle preture dello stato di Mantova (nuovo piano 22 gennaio 1782), veniva confermata la dipendenza di Rodigo con Rivalta dalla giuridizione della pretura di Goito.
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1775 lo “stato totale delle anime” della comunità contava 1.500 anime, di cui 380 “collettabili” e 1120 “non collettabili” Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Sempre dalle risposte ai 47 quesiti, nel 1775 la comunità possedeva diversi livelli e censi gravanti su beni immobili e capitali e risquoteva svariati affitti, tra cui quello dell’osteria. Godeva inoltre dello “ius” sull’osteria, l’esenzione del dazio della “farinella” e della “libertà della caccia con archibuggi, cani e reti per tutto il territorio di questo luogo” (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, risulta che nel 1775 gli organi di autogoverno della comunità erano la vicinia, i reggenti, il massaro, il cancelliere, il console, detto “livreato”. La vicinia, convocata ogni anno nel mese di gennaio “colla presenza del pretor locale e ciò nella sala delle unioni”, eleggeva quattro reggenti, il massaro il cancelliere e “gli altri inservienti salariati” della comunità. Gli “otto ufficiali nominati uomini del comune e anco reggenti” erano addetti “agli affari comunitativi … talvolta coll’assistenza del loro legale”, ognuno nei rispettivi “colonnelli” di competenza. Durante la vicinia della comunità, “quattro de medesimi restano e quattro vengono rinovati … a voti segreti, mediante la balottazione”. Avevano l’onere dei “pubblici riparti”, in occasione dei quali “concorrono tutti otto sempre con l’intervento del pretore locale”. Uno dei reggenti aveva inoltre la chiave della sala delle unioni, dove era conservato l’archivio della comunità. Il massaro aveva il compito, specificato nel “libro delle deliberazioni”, della esazione delle tasse, “non concedendo … verun caposoldo ne verun interesse, quand’anche occoresse d’essere in isborso del proprio”. Doveva inoltre tenere la chiave dell’“armario per la custodia delle pubbliche scritture”. Altri funzionari a cui la comunità riconosceva un onorario erano il pretore, il bargello, i birri, il procuratore legale, il “vicegerente qual cancelliere”, il conservatore della seriola marchionale, il corriere, il guardiano della seriola Marchionale, il maestro di scuola, il capellano (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
ultima modifica: 01/12/2006
[ Giancarlo Cobelli ]
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