comune di San Benedetto sec. XIV - 1784
Nella rubrica 52 del libro VII “De Miliariis villarum” degli Statuti bonacolsiani degli anni dieci del trecento (D’Arco 1871-1874) “Sanctum Benedictum” è citato fra le ville dipendenti dal quartiere di San Martino di Mantova. Riguardo alla giurisdizione amministrativa a cui era soggetta, negli anni settanta – ottanta del trecento, San Benedetto era sede di vicariato (Vaini 1994), mentre negli anni immediatamente seguenti alla erezione del ducato di Mantova, avvenuta nel 1530, era sede di commissariato (Mantova 1958-1963), come agli inizi del secolo XVII (Magini 1967). Nel 1750 per il piano de’ tribunali ed uffici della città e ducato di Mantova (piano 15 marzo 1750), San Benedetto dipendeva dalla pretura di Quistello, mentre nel 1772, in seguito al piano delle preture mantovane (piano 4 febbraio 1772), era soggetto alla giurisdizione della pretura di Suzzara. Nel 1782, dopo il compartimento territoriale delle preture dello stato di Mantova (nuovo piano 22 gennaio 1782), quando veniva definito il suo ambito territoriale formato da San Benedetto con Portiolo, Zottole, Zovo, Gorgo, Bardelle, San Siro a Po, San Siro a Secchia, Mirasole e Brede dipendevano dalla pretura di Gonzaga.
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1774 il territorio di San Benedetto risultava costituito da dieci colonnelli, denominati San Benedetto, Gorgo, Bardelle, Brede, Mirasole, San Siro a Po, San Siro a Secchia, Zottole, Zovo, Portiolo. Aveva inoltre aggregato il territorio denominato la Margonara, situata oltre il Po, nel territorio di Governolo e di proprietà del convento dei benedettini (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Sempre dalle risposte ai 47 quesiti , nel 1774 lo “stato totale delle anime” della comunità contava 6.352 unità di cui 1.039 “collettabili” e 5.313 “non collettabili”.
Nel 1774 la comunità godeva di una rendita sopra un capitale attivo, depositato presso il monte di pietà.
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento risulta che nel 1774 gli organi principali di autogoverno della comunità erano la vicinia e una rappresentanza particolare. Quest’ultima era composta da dieci deputati, che venivano eletti “a voti segreti del proprio colonnello”, nominati “al principio dell’anno e non si cambiano o si confermano che all’incominciare dell’altro”. Ad essi spettava, “unitamente al massaro, l’amministrazione diurna della comunità e la cognizione della legalità de’ pubblici reparti dei carichi”. Vi erano inoltre un ragionato, un cancelliere e un massaro, che veniva eletto o confermato nel mese di marzo di ciascun anno, quando si fissavano le imposte da esigere, “nella persona d’uno de’ concerrenti stimato più abile, con idonea sigurtà, senza capitoli”. Aveva il compito di riscuotere le tasse comunitative e si serviva del satellizio per costringere i morosi a pagare le tasse, con il compenso del “caposoldo” o del pignoramento dei beni dei debitori. Il massaro e il cancelliere erano inoltre responsabili della cura e conservazione dell’archivio della comunità. La comunità aveva in carico l’onorario del podestà, del procuratore, del corriere, del berigello, del tenente di campagna, di sette consoli, del portinaro di Pietole, del campanaro e del medico (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
ultima modifica: 01/12/2006
[ Giancarlo Cobelli ]
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